Giuseppe Giugno

Memoriale della ‘Mastranza’ dei maestri d’ascia a Caltanissetta – I capitoli del 1624 e del 1721


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DOI: 10.7431/RIV25042022

Le corporazioni artigianali, le ‘mastranze’, rivestirono in Sicilia durante l’età moderna un ruolo determinante per il patrimonio di conoscenze e tradizioni tecnologiche che custodirono e tramandarono al servizio della committenza nei cantieri di architettura. Tra le corporazioni di maggiore diffusione vi fu indubbiamente quella dei maestri d’ascia. Le abilità e le competenze richieste ad un mastro d’ascia non potevano essere improvvisate, ma dovevano essere prima maturate e poi certificate da un ente, il ‘Consolato’, chiamato a vigilare sulla formazione e operato di quanti intendevano essere abilitati all’esercizio della professione di ‘mastro’ pubblico 1.

L’istituto consolare giunse in Sicilia in tempi molto anteriori rispetto al suo affermarsi nel Seicento a Caltanissetta. Esso deve il suo sviluppo a Ruggero II, il cui regno fu costellato dal diffondersi nel vasto orizzonte palermitano di manifatture di drappi pregiati e di seterie genovesi, attecchite nel tessuto economico della città grazie ad un’accorta politica regia costituita di franchigie ed esenzioni di dazi.

Nell’ambito degli studi sulle maestranze dei falegnami di Sicilia, assume particolare rilevanza il contributo su Palermo di Pierfrancesco Palazzotto 2. Oggetto del suo studio è il ruolo dei maestri d’ascia, conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Palermo. Tale fonte è costituita di registri ove trovavano iscrizione i componenti della maestranza. Rilevante, nella lettura dei rolli, è la diversificazione specialistica nelle competenze professionali degli iscritti. Essa comprende l’associazione del membro ad un’essenza lignea di cui è maestro. Ciò lascia intendere la preclusione per l’operatore di fare uso libero di qualsivoglia legname. Le differenti categorie professionali, sotto le quali venivano riuniti quanti attendevano al medesimo ufficio, non pregiudicavano la costituzione di raggruppamenti eterogenei per qualifica degli operatori nei diversi rolli. A sostegno di ciò, si trova che, nei capitoli approvati nel 1499, i carrozzieri erano maestri di mori et di galbo. Nell’aggiornamento del regolamento del 1573, furono espresse le quattro categorie professionali principali: il maestro di noce, il maestro di bottega, il maestro carrozziere e il maestro caseggiatore. Nel 1629 ulteriori distinzioni coinvolsero carrozzieri con carrettieri e costruttori di mezzi navali, elencati rispettivamente nel gruppo garbo di terra e opera di mare. I capitoli palermitani vennero riformulati nel 1642-1643, con l’introduzione all’interno della maestranza del consolato dei maestri di mare e dei maestri tornieri. Infine nel 1747, in seno alla maestranza, si ebbe l’istituzione del consolato degli intagliatori.

 Ritornando al quadro generale delle qualifiche, si apprende che il caseggiatore di noce ed intaglio si occupava delle lavorazioni afferenti all’edilizia domestica; l’opera bianca includeva i maestri impegnati nella produzione di semilavorati; i carrozzieri, comprendenti carrettieri e marrogiatori, erano impegnati rispettivamente nella produzione di carrozze, carrette, e piccoli elementi accessori come manici e manovelle; i tornari, comprendenti violari e formari, erano adusi nella sagomatura degli strumenti musicali e nella realizzazione dei modelli di legno per i calzolai; l’opera di mare riguardava, infine, i maestri d’ascia del settore navale. Altre qualifiche minori si aggiunsero successivamente ai principali gruppi esposti emergenti dalla lettura dei diversi rolli: scopettiere, chitarraro, baollaro, fondellaro, bagullaro maestro d’elemosina, intagliatore d’arte d’elemosina, scrittoriaro, mantaciaro, calamararo, lignillaro e tilararo.

La comune appartenenza ad una corporazione artigianale veniva anche espressa dalla religiosità attraverso la partecipazione a momenti rituali previsti nei capitoli o statuti corporativi. Il sodalizio religione-maestranza artigianale si rivela nel divieto dell’esercizio professionale nel giorno della festa del Patrono della corporazione e nel sostegno finanziario al luogo di culto in cui si svolgevano le adunanze che ciascun mastro doveva garantire alla società.

I capitoli costituiscono gli articoli degli statuta di una corporazione artigianale in cui si introduce il consolato. Tra i temi trattati figuravano i criteri di ammissione alla corporazione artigianale, l’apparato deontologico, il quadro delle ammende e le regole per l’esercizio professionale.

A Caltanissetta, la consorteria dei maestri d’ascia e buttari decise di darsi il consolato a inizio Seicento. Nello specifico, la società dei maestri d’ascia sorta presso la Chiesa di san Giuseppe nel 1614 3 volle costituire il consolato dei maestri d’axia nel 1624, sul modello dei consolati già esistenti nelle principali città dell’isola come Palermo e Messina e in altre regioni d’Italia come la Romagna 4.

Il consolato nisseno si differenziò da quello palermitano per la ridotta presenza di specializzazioni professionali all’interno delle rispettive ‘mastranze’. Nei capitoli nisseni, infatti, compare il riferimento esclusivo alle figure di maestri d’ascia o carpentieri e bottai rispetto ai capitoli della capitale vicereale nei quali fu espresso un numero maggiore di qualifiche 5.

Complessivamente emerge il quadro di un artigiano ‘poliedrico’, impegnato nella produzione di diversi manufatti: dalle statue alle porte e finestre. Ciò si associa, come scrive Paolo Russo, all’impiego tra le varie categorie della maestranza di strumentazione condivisa. Si tratta di strumenti per eseguire la sgrossatura del legno e intagli, come seghe, compassi, asce, scortecciatori, piallacci, attrezzi da spacco, scalpelli, sgorbie, mazze, martelli, leve, piedi di capra e strumenti per lavorazioni plastiche 6. Può essere utile, a tal proposito, il rimando al trattato di André Félibien del 1676, Des Principes De L’Architecture, De La Sculpture, De La Peinture, in cui vengono illustrati nelle tavole XIX e XLVII rispettivamente gli strumenti usati per la carpenteria di un edificio e per l’esecuzione di una scultura lignea (Figg. 12).

Il consolato poneva al vertice della società dei falegnami la figura del console.  L’ordinamento amministrativo codificato nel 1624 venne organizzato in cinque capitoli. In essi si stabilivano le modalità di elezione del console, il primo settembre, ad opera dei mastri d’ascia e dei bottai (cap. 1); si illustravano i compiti che il console avrebbe dovuto svolgere esaminando «le persone che pretendino aprire potigha o fare l’arte per la terra tanto di carpinteri come di buttari» (cap. 2); si indicavano le modalità previste per la concessione della licenza consolare con la quale svolgere la professione di mastro d’ascia subordinata al pagamento di un’onza (cap. 2); si stabilivano gli oneri fiscali e le ammende che i membri del consolato avrebbero dovuto pagare nel caso in cui avessero provocato danni durante l’esercizio della professione; e si illustravano le modalità di elezione del depositario, fissando la durata biennale per l’ufficio del console (capp. 4, 5) 7.

Nessun mastro d’ascia poteva esercitare la professione senza aver prima ottenuto la licenza consolare. Ogni mastro doveva contribuire attivamente al sostentamento della ‘mastranza’ pagando la somma di 6 tarì, ridotta a 3 tarì nel caso di operai, da versare come elemosina per il governo della chiesa di San Giuseppe individuata come oratorio della corporazione.

Per potere abilitare mediante licenza un aspirante mastro d’ascia era necessario che questi avesse appreso i rudimenti necessari per l’esercizio della professione attraverso un periodo di praticantato svolto presso la bottega di un mastro. A tal proposito, un documento del 1635 informa che l’esperienza formativa aveva durata quadriennale, al termine della quale il lavorante doveva dar prova delle competenze acquisite realizzando un manufatto ligneo: «allo fini di detti anni quatro ancora ci habbia di dari tutti quegli stigli che sonno di bisogno per fari una porta di ligno» 8. Nel rollo dei falegnami del 1624 compaiono:

«magister Franciscus Lutularo, magister Franciscus de Mingrino, magister Marsilius Sanfilippo, magister Filippus La Padura, magister Honofrius Schifano, magister Franciscus Mandino, magister Andreas Crispio, magister Blasius Barberi, magister Franciscus Nipitella, magister Franciscu Lavalli, magister Michael Jordano, magister Armenius Riccobeni, magister Filippus Mingrino, magister Raphael Castellano, magister Baptista Albano, magister Franciscus Drogo, magister Joseph Crimona, magister et consul Angelo de Sanfilippo».

Vanno segnalati i nomi del mastro Giuseppe Cremona, uno dei testimoni della fondazione della società di san Giuseppe nel 1614, e del mastro Angelo De Sanfilippo che esercitò il ruolo di console dal 6 giugno al 7 novembre del 1624. Gli altri consoli di cui si ha notizia nel Seicento furono mastro Francesco Lutularo (1624) 9 e mastro Onofrio Schifano (1628) 10.

Dopo gli anni venti del Seicento, la ‘mastranza’ continuò ad esercitare un ruolo strategico nella trasformazione urbanistica e architettonica della città nel corso del secolo. Lo stesso non poté dirsi per il consolato.

È noto, infatti, che nel 1721 vennero approvati nuovi capitoli dei maestri d’ascia che aggiornarono integralmente quelli seicenteschi portando alla ricostituzione del consolato. Parrebbe, a tal proposito, che l’istituzione fosse stata dismessa tra la prima e seconda metà del Seicento per lasciar posto all’esistenza della sola corporazione di falegnami.

La reintroduzione del consolato venne indotta dalla necessità di regolare l’operato degli artieri del legno, così da impedire che nella loro pratica professionale si registrassero nuovi disagi a carico della committenza dovuti ad errori di esecuzione praticati dai mastri. Il consolato comportò la riammissione della figura del console, attraverso il cui operato e quello dei suoi consiglieri si poté potenziare l’azione di vigilanza sulla pratica professionale dei mastri d’ascia e sull’apertura di nuove botteghe (Fig. 3).

La ricostituzione del consolato venne preceduta dalla supplica che i mastri sottoposero ai giurati della città con la quale chiesero il riconoscimento dei nuovi capitoli del ‘Consolato’. In essi si normavano le modalità di accesso alla professione di mastro pubblico, stabilendo rigorosamente che soltanto gli operatori abili potessero aprire bottega. Ciò veniva dettato dall’esigenza di evitare i «mille errori in ditta opera, contro ogni regola di ditta Arte d’ascie, di ciò gran pregiudicio al publico servigio». Le nuove norme deliberate per regolare l’apertura di botteghe si muovevano, pertanto, verso la tutela degli interessi della committenza danneggiata da esecuzioni mediocri per errori tecnici e per l’impiego di materiali non adeguati.

La ricostituzione del consolato, approvata con «licentia formandi consolatum» emessa nel 1721 dal giurisperito consultore don Camillo Genovese, comportò la redazione di nuovi capitoli con i quali si intendeva superare le difficoltà legate all’assenza di regole certe nell’operato dei fabbri lignari.

Il confronto dei capitoli seicenteschi con quelli settecenteschi evidenzia l’esistenza di strutture differenti nei due testi normativi. Se nel primo regolamento in soli 5 capitoli veniva tracciata l’organizzazione generale della struttura, imperniata sulla figura del console e sui suoi compiti, nel secondo articolato in 31 capitoli vennero definite meglio le prerogative e oneri del console, dei consiglieri e gli obblighi di ciascun mastro all’interno della ‘mastranza’.

Nell’esercizio delle loro funzioni console e consiglieri avrebbero potuto servirsi della potestà dei giurati della città – «con il brachio delli spettabili Giurati» – per far rispettare ciascuno dei capitoli del regolamento. In essi furono sostanzialmente normate l’elezione degli Officiali, le modalità operative per l’apertura di una nuova bottega e i rapporti tra i mastri e le botteghe in relazione alle figure dei lavoranti impegnati in attività di praticantato; vennero regolati anche i giorni in cui era vietato aprire bottega e le modalità di risoluzione delle controversie e discordie tra i mastri. Con il sostegno dei giurati venne dato mandato agli officiali di imporre sanzioni a coloro che avessero contravvenuto alle regole ed imposizioni indicate nei capitoli.

Il primo dei capitoli settecenteschi riguardava l’elezione del console e dei consiglieri nell’oratorio della chiesa di San Giuseppe il 23 gennaio, giorno della festa dello Sposalizio del Santo Patriarca 11.

La creazione degli officiali avveniva con l’intervento di un notaio (vedi appendice, cap. 29) e con la scelta di candidati «virtuosi di buona vita e fama timorosi di Dio e della giustitia». Si normava, dunque, l’elezione del tesoriere «il più habbile e persona sicura» tra i mastri (vedi appendice, cap. 2), disponendo che gli officiali non potessero essere eletti per più mandati consecutivi (vedi appendice, cap. 3). L’importanza del ruolo e dei compiti del console e dei consiglieri ne imponeva l’esercizio rigoroso e rispettoso degli uffici ricevuti. Se ne disponeva, pertanto, il pagamento di 1 onza e 1 tarì nel caso in cui dopo l’elezione un officiale non avesse adempiuto adeguatamente i suoi compiti (vedi appendice, cap. 4). In caso di assenza del console dalla città, le sue funzioni potevano essere esercitate dal primo dei consiglieri in carica (vedi appendice, cap. 5).

I capitoli dell’ordinamento imponevano precise condizioni per l’elezione di un officiale: condizione fondamentale era l’esercizio della professione in bottega (vedi appendice, cap. 6). Gli officiali dovevano, inoltre, assicurare trasparenza nella gestione delle somme di denaro all’interno della ‘mastranza’, annotando scrupolosamente i denari introitati e quelli spesi in due differenti registri da consegnare a fine mandato ai nuovi officiali (vedi appendice, capp. 7, 8).

Il nuovo regolamento sottolinea un rapporto di totale subordinazione dei mastri agli officiali «in sedia». I mastri, ad esempio, erano obbligati a partecipare alle convocazioni disposte dal console nell’oratorio (vedi appendice, cap. 9), con la previsione della pena pecuniaria di 6 tarì per chi non vi avesse preso parte. Il rigido rapporto che regolava la relazione tra officiali e membri del consolato nasceva dalla necessità di evidenziare il ruolo di primo piano riconosciuto alle figure apicali della corporazione. Tale primato assumeva rilevanza strategica anche nella risoluzione delle problematiche e dei casi di discordia tra i mastri (vedi appendice, cap. 25).

È caratterizzante la dimensione della ritualità nelle processioni. Essa rifletteva, al di fuori delle mura dell’oratorio, le regole sulle quali si fondavano i rapporti di gerarchia tra i mastri. Infatti nelle funzioni pubbliche ogni mastro era tenuto ad occupare il posto assegnatogli dagli officiali «conforme all’antichità», procedendo in processione dietro il console e i consiglieri (vedi appendice, cap. 26). La riconoscibilità dei mastri era, inoltre, legata alle cappe indossate. Informa, a tal proposito, Francesco Pulci che i membri della società dovevano indossare nelle occasioni ufficiali un «mantello cilestre di lana orlato bianco» 12.

La differenza tra officiali in carica e i membri del consolato si rifletteva anche nelle tipologie di lavoro che potevano essere eseguite dai mastri «in sedia» piuttosto che dal resto dei componenti. Era, ad esempio, preclusa la possibilità ai mastri di redigere perizie di stima per conto della ‘corte’ municipale (vedi appendice, cap. 11). Essi avrebbero, comunque, potuto elaborare stime per la committenza privata, facendosi anche affiancare da un mastro apprendista. Sarebbe stato compito del mastro estimatore garantire al lavorante «il manciare e bere necessario per qualche tempo che ci vorrà per ditte estimationi». Più volte, a tal proposito, i capitoli evidenziano l’importanza del percorso educativo degli aspiranti mastri, attraverso forme di apprendistato da svolgere in bottega. Occuparsi della formazione dei futuri fabbri lignari rappresentava, non a caso, una delle condizioni da garantire per prevenire le problematiche registrate per la mancata esecuzione a regola d’arte di «opera nuova».

Il regolamento stabiliva anche gli oneri fiscali che il mastro doveva versare al tesoriere pari a metà del compenso percepito per servizio di detta ‘mastranza’. L’evasione fiscale veniva perseguita con la sospensione del mastro per dieci anni dal suo ufficio di «noce attiva e passiva» (vedi appendice, cap. 11).

Per evitare frodi, il capitolo prevedeva la quantificazione degli importi che gli estimatori potevano esigere dalla committenza per stimare «legname alla dritta». L’importo prevedeva un pagamento di 5 tarì per ogni onza di legname fino ad un massimo di 15. Nel caso in cui il mastro si fosse allontanato dalla città per l’esecuzione di una perizia, il quadro parcellario prevedeva l’incremento del compenso percepito. Il sistema degli obblighi e delle elemosine dovute dai falegnami esercitanti in città adegua il contenuto dei capitoli a quelli di altre confraternite di san Giuseppe in Sicilia e in Italia, come emerso dal confronto con i capitoli di Ravenna approvati a fine Cinquecento 13.

La necessità di garantire una classe di mastri artigiani abili all’esercizio della professione imponeva di regolare con estrema chiarezza l’apertura di nuove botteghe, come in realtà già disposto nel capitolo secondo del regolamento del 1624. Essa avveniva mediante il rilascio di una licenza e l’atto di elezione a ‘mastro publico’ del candidato mastro d’ascia che avesse raggiunto l’età anagrafica di ventuno anni attraverso il superamento di una prova (vedi appendice, cap. 12). Il mastro, subito dopo essere stato ritenuto «habile e’ sufficiante» all’esercizio della professione, era tenuto al pagamento di 12 tarì al console e ai consiglieri come compenso per l’espletamento della prova d’esame, e a versare annualmente la somma di 1 tarì il 23 gennaio destinata alla festa dello Sposalizio del Santo Patriarca Giuseppe (vedi appendice, cap. XIV). Il tributo era finalizzato anche a garantire ai figli dei maestri d’ascia un legato (vedi appendice, cap. 23) 14.

Non tutti gli aspiranti mastri erano, però, obbligati a sottoporsi alla valutazione del console e dei consiglieri. Infatti il regolamento prevedeva che i figli dei mastri nati dopo il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio professionale potessero ottenere licenza dal console senza esser obbligati a sostenere un esame (vedi appendice, cap. 15). Nel caso di esercizio abusivo della professione era prevista l’applicazione di una sanzione di 1 onza a carico del mastro e la confisca del lavoro svolto (vedi appendice, cap. 13). Il riferimento alle sanzioni costituisce un ulteriore elemento che avvicina i capitoli approvati nel 1721 ad altri esempi italiani come quello già citato di Ravenna 15.

I capitoli dettavano anche le indicazioni operative da adottare in assenza del mastro titolare della bottega che dovesse ritrovarsi lontano dalla città, in carcere o infermo. Era prevista, in questi casi, la possibilità di sostituirlo con un ‘lavorante’ eletto ‘mastro abile’ con il beneplacito degli officiali della ‘mastranza’ (vedi appendice, capp. 16, 17). La presenza di un secondo mastro lavorante veniva ritenuta una risorsa fondamentale in bottega, a tal punto che nessun altro avrebbe potuto servirsene senza aver prima ottenuto licenza dal mastro presso cui, fino a quel momento, il lavorante aveva prestato il suo servizio (vedi appendice, cap. 19).

L’ordinamento stabiliva anche in che modo un mastro forestiero avrebbe potuto aprire bottega in città. Se il mastro proveniva da una terra sede di consolato avrebbe dovuto esibire agli officiali del consolato nisseno il suo atto di elezione a mastro pubblico; se, invece, non avesse avuto la documentazione necessaria avrebbe dovuto sostenere l’esame secondo la modalità definita nel regolamento per poter aprire bottega. Quanto detto valeva anche per quei mastri presenti solo provvisoriamente in città per «consare porte e’ cascie» (vedi appendice, cap. 22).

Il regolamento imponeva il divieto ai mastri forestieri di poter concorrere al ruolo di officiale all’interno della maestranza, fin quando non avessero ottenuto la cittadinanza nissena e non fossero entrati pienamente nel numero «delli mastri citatini» (vedi appendice, cap. 30). Tale capitolo assume particolare rilevanza alla luce della attestazione in città, sin dal Cinquecento, di diversi scultori-artigiani giunti per rispondere alle svariate richieste della committenza feudale ed ecclesiastica. Ne è esempio nel 1580 l’inedito ‘magister’ Giovanni Andrea Rossello di Enna che, in società con il nisseno mastro Vincenzo Crimona, si obbligò con l’aromatario Francesco de Anna ad intagliare un casciarizzo con una ricca decorazione plastica, «cioè lo canizo di chiano plano, li cornicij tanto lo davantj di nuchi con tri pilastrj et terminj con soi zocullectj et li pedi dili pilastrj fattj ad arpeo di nucj di larghiza di palmj duj, di altiza di palmi dudicj vel circa cum sorcajoli cento vel circa per quilli che ci verranno bene», secondo un disegno elaborato dagli stessi scultori falegnami 16. Altre figure di rilievo emergono nel corso del secolo successivo impegnate in opere talvolta ancor oggi esistenti. Si tratta del palermitano Carlo Culiraro 17, che assume particolare importanza per aver realizzato su richiesta dei maestri d’ascia nel 1633 il simulacro di San Giuseppe col Bambin Gesù. Altra figura documentata nel 1657 è quella di Nicola Speradeo, giunto a Caltanissetta dalla capitale per lavorare ai battenti lignei della chiesa di sant’Agata e per la fattura di un modello ligneo del nuovo palazzo dei Moncada 18 (Fig. 4).

Il regolamento disciplinava anche il giorno in cui era imposta la chiusura della bottega durante la festività dello Sposalizio del Santo Patriarca Giuseppe. Le uniche aperture consentite per necessità impellenti dovevano essere approvate con licenza del Console (vedi appendice, cap. 24).

Il regolamento imponeva che i lavoranti dovessero sposarsi con le figlie dei mastri e sostenere l’esame previsto per l’elezione a mastro pubblico (vedi appendice, cap. 27). Tale clausola poneva l’esercizio della professione dei mastri in contesti di tipo familiare, ampiamente attestati dalla diffusione di botteghe come quella dei Li Volsi attivi nella Sicilia centro-settentrionale. Tale condizione giustificò il formarsi entro le botteghe di procedimenti tecnici e modelli culturali attraverso i quali si affermarono e consolidarono “convenzioni rappresentative e forme di conservatorismo artistico” caratterizzanti una bottega piuttosto che un’altra 19.

Attraverso i mastri che firmarono i capitoli concessi dai giurati della città è possibile ricostruire il rollo della ‘mastranza’ del 1721. L’ufficio del console fu ricoperto in quell’anno da mastro Geronimo Messana, mentre quello di consiglieri da mastro Onofrio Miraglia e mastro Sebastiano lo Giannone. L’incarico di tesoriere venne invece svolto da mastro Francesco Scaglione. L’elenco complessivo «magistri fabrorum lignaminis» che approvarono i nuovi capitoli era composto da:

«mastro Giovanni Battista Coco, mastro Angelo Minglino, mastro Giuseppe Milano, mastro Giuseppe Giarrizza, mastro Pietro Guarneri, mastro Angelo la Lomia, mastro Antonio Scaglione, mastro Gaspar de Messina, mastro Philuppus de Paula, mastro Francesco la Turri, mastro Michael Drago, mastro / mastro Sanctus Minglino, mastro Antoninus lo Giannone, mastro Mattheus Drago, mastro Michael Vancheri, mastro Michael Angelus Facello, mastro Benedictus Fragali et mastro Benedictus Calì» 20.

È possibile attraverso la documentazione d’archivio seguire la vicenda della rinnovata corporazione dei falegnami nel 1722 quando il 23 gennaio, come previsto nei capitoli, i mastri elessero nel ruolo di console mastro Giovanni Battista Coco, mentre in quello di consiglieri mastro Geronimo Messana e mastro Francesco La Turri. Ricoprì l’ufficio di tesoriere mastro Sebastiano Lo Giannone. In quell’anno il numero dei mastri rimase complessivamente immutato rispetto a quello del 1721, con diciotto membri. Tra di essi si trovano alcuni nomi che rinviano a nuovi mastri aggiunti al novero dei falegnami in sostituzione di altri defunti o semplicemente non più praticanti la professione. Si tratta, nello specifico, dei mastri Antonino Lo Giannone e Gaspare De Messina forse imparentati rispettivamente con i già menzionati mastri Sebastiano Lo Giannone e Geronimo Messana 21.

Più avanti, nel 1727, nel rollo dei maestri d’ascia compaiono 20 iscritti. In quell’anno il nuovo mastro eletto nel ruolo di console fu Onofrio Miraglia, assieme ai mastri Francesco Scaglione e Giuseppe Milano nel ruolo di «consules seu consiliarios» 22.

Appendice documentaria
(ASCl, Not. A. Falci, reg. 2018, f. 253r – Trascrizione del documento a cura dell’autore) 

Spett. Signori Giurati

La mastranza di fa’ legniami di questa Città di Caltanissetta espone alle SS. Spettabili che più dalle volte i lavoratori di essa arte, a’ pena aprendono le prime regole di essa che aprono Bottegha, o’ almeno fanno opera nuova indipendenti de’ loro Maiestri, et il pegio si è che si vedono mille errori in ditta opera, contro ogni regola di ditta Arte d’ascie, di ciò gran pregiudicio al publico servigio, dovendo pagare a’ giusti prezzi a chi non accetta con le giuste regole l’opera. Motivo che ricorre la cennata mastranza alli SS. Spettabili acciò si degniassero concedergli il privilegio del Consolato sotto le qui’ annesse regole, si per oviare tale inconveniente, come per riceverne non meno honore la mastranza riferita, che decoro la Città tanto si spera dello zelo delli SS. Spettabili che oltre essere di somma giustitia lo riceveranno a gratia particolare et ita suplicat omni alio meliori modo.

J.M.J.

Nel nome di Dio e’ dell’Immacolata Concetione e del Glorioso Patriarca S. Giuseppe

Volendo la mastranza delli mastri d’Ascia di questa Città di Caltanissetta per meglio governo, augmento e beneficio di ditta Mastranza vedersi conforme a’ quello e di dovere hanno fatto l’infrascritti capitoli quali si debbiano osservare ad unguem in perpetuum delli mastri di ditta Mastranza sotto le pene ingrascritte cioè:

            Dell’modo si devono creare il Consulo e Consiglieri di essa Mastranza

            Cap. Primo

Primariamente s’ordina che il Consulo, consiglieri, Thesoriero e tutti i mastri di ditta mastranza ogn’anno alli 23 di gennaro ad hore venti in circa si debbiano congregare nell’oratorio della ven. chiesa di San Giuseppe di questa Città per doversi creare l’officiali di essa mastranza, dovendo prima supplicare uno delli spettabili Giurati di questa Città di Caltanissetta che sarrà d’eddomoda, il quale dovrà intervenire alla creatione di ditti Officiali con convitare il Notaro di essa mastranza, il quale dovrà prendere li voti di ditti mastri / per la creatione sudetta, con che ogn’uno di ditti mastri devono nominare cinque mastri li più virtuosi di buona vita e fama timorosi di Dio e della giustitia per dovere esercitare ditto officio di Consulo e consilieri e doppo dati per essi mastri tutti li soi voti al ditto notaro, assistendovi però nel dare ditti voti et alla sedia il Consulo e consiglieri presenti, e doppo calculati li ditti voti delli mastri concurrenti, per ditto notaro con l’intervento sudetto si debbiano scegliere le cinque mastri che haveranno havuto più voti e di quelli farsene cinque e doppo quelli imbussolare in un bussolo et invocando il Veni Creator Spiritus, applicandosi all’Glorioso S. Giuseppe, il notaro che tenerà il bussolo deve chiamare un fanciullo per prendere ditte polise d’una in una e quello che uscirà e sortirà il primo deve essere il Consulo et l’altri quatro mastri annotati in ditte Polise debbiano essere li consiglieri con il suo luogho conforme usciranno d’uno in uno da ditto Bussulo et il notaro deve farci / l’atto dell’elettione sudetta con doverla annotare a’ libro da detinersi per ditto effetto per la creattione di officiali d’ogn’anno.

            Della elettine de thesauriero

            Cap. 2°

Di più in ditto giorno inanzi che si daranno li voti della elettione dell’Consulo e consiglieri primariamente si deve eligere per ditti Mastri un thesauriero dell’Introijti di ditta Mastranza il più habbile e persona sicura, che sempre deve tenere il denaro in ordine d’essa e ditta elettione si debia fare per voto secreto da darsi per ditti mastri al ditto notaro, con l‘intervento di essi consulo e consiglieri, con che ogn’mastro deve dare un voto con nominare un mastro di essa mastranza per thesauriero e quello mastro che haverà havuto più voti deve essere il tesauriero di ditta mastranza e non altrimente.

            Che l’officiali presenti non possono concorrere a ditto officio se non sarrà passato l’infrascritto termine

            Cap. 3.

Di più che il Consulo consiglieri e thesauriero che sono in sedia non si debbiano eligere e nominare officiali / per l’anno sequente se prima non mancheranno in ditto officio per lo spatio d’anno uno, ma si debbiano nominare altri mastri, è ssuccedendo il caso che il Consulo creato in ditto anno di sua amministratione passasse da questa a miglior vita deve il logo suo sub intrare et essercitare l’officio di Consulo il primo consigliero che haverà uscito il primo da ditto Bussulo e quelli remasti debiano da governare la ditta mastranza.

            Che l’officiali creati non possono recusare li loro officij

            Cap. 4

Accioche la mastranza sia governata con amore e’ carità ordiniamo che quelli che sono stati creati officiali e’ l’sorte haverà cascato supra di essi, che senza causa legitima non si possono escusare ne revesare ditto Officio, ma quelo accettarlo et non volendolo accettare siano e’ si intendono in corsi nella pena di onza una et tari uno d’applicarsi dell’modo infrascritto, prohibendo a’ tal recusatore per lo spatio d’anni cinque e’ fra il ditto / termine sia privo di voce attiva e’ passiva e questo acciò ogn’uno accetti il suo carico di ditto officio che ci haverà venuto in sorte.

            Che il Consulo possi sustituire in caso di molestia o prosecutione come appresso si dirà

            Cap. 5

Quando il Consulo fosse infermo o’ fuora della Città o’ legitamente inpedito che il loco di ditto Consulo possa esercitare l’officio di Consulo e s’intenda sustituito il primo dell’consiglieri di ditta mastranza durante la ditta infermità prosecutione o’ impedimento e così si debia osservare in futurum.

            Che non possa concorrere a’ ditto officio mastro di ditta mastranza che non tenga  bothega come nell’infrascritto capitolo si dirà

            Cap. 6

Di più si proibisce che nella creattione dell’Consulo e’ consiglieri di ditta mastranza da farsi ogn’anno come supra non possono eligere e’ nominare officiale di essa mastranza quelli mastri che non eserciteranno ditta arte e’ tengono bothega pubblica, altrimente facendosi uscendo assorte come supra tal mastro per officiale si intenda ipso jure et ipso fatto / ditta elettione nulla e’ non altrimente.

            Che l’officiali d’ogn’anno di ditta mastranza siano obligati tener conto distinto dell’introijto et exito di essa

            Cap. 7.

Item s’ordina che il Consulo e consiglieri con il tesauriero d’ogn’anno in tempo di loro amministratione habia da tenere il suo conto distinto, dove devono annotare l’introijto et esito di essa mastranza, et non sapendo scrivere l’ faranno tenere dal notaro di essa mastranza e questo per poter più commodamente dare il conto di introijto et esito e sapersi in che si spendino l’introijto di essa mastranza, e’ nel’ fine della loro amministratione il Consulo, consiglieri e tesauriero devono consignare ditto conto al Consulo e consiglieri novi et trovandosi con ogn’ realtà siano landati dalla loro buona diligenza et amministratione e non altrimente.

            Del modo come si deve dare il conto dall’officiali vechi alli novi

            Cap. 8

Che il Consulo, consiglieri et tesauriero finiti la loro amministratione siano obligati, fra il termine di giorni / otto da contarsi dall’giorno che decorroranno il ditto officio, dar conto distinto dell’introijto et esito di loro annualità di tutti li introijti pervenuti in potere di ditto tesauriero e della spensione facta all’officiali novi per riconoscerli, restando in potere di ditto tesauriero denaro l’habia da depositare all’ora in potere del’nuovo tesauriero, e trovandosi il conto giusto e’ legale ditti Consulo e consiglieri novi l’ debiano fare in pede di ditto conto per il notaro di essa mastranza notamento della quitanza e recusandosi per ditti officiali di non voler dare ditto conto o’ retardassero quello dare l’officiali novi possono a’ quelli costringere con la… exq.na in persona et beni e’ fare ditta petitione ad uno delli spettabili Giurati di questa Città il più grande di età che in tal tempo haverà il … di essa, il quale possa costringere a ditti Officiali a’ dar ditto conto et non essendo ditta amministratione legale o’ apparesse ditto tesaur.o / essere debitore lo possa carcerare, costringere e castigare e fare depositare la somma dovuta in potere del nuovo tesauriero et non altrimente.

            Che essendo chiamati li mastri di ditta mastranza per il Consulo e consiglieri di suo ordine habiano e debiano obedire

            Cap. 9

È cosa conveniente che havendosi da trattare alcuna cosa per beneficio di essa mastranza o’ altra occasione che potrà soccedere alla giornata, acciò li mastri di essa non siano informati per farsi e stabilirsi quello sarrà di servigio di Nostro Signore e d’esso mastranza e perciò s’ordina che tutti quelli mastri che sarranni chiamati ad istanza dell’Consulo e consiglieri d’essa, per ritrovarsi in quel luogo o’ ditto oratorio di San Giuseppe che sarrà depotato dalli officiali, debiano ditti mastri obbedire et assistere a’ tutto quello e’ quanto sarrà accessorio, e’ mancando qualche d’uno di tali mastri / chiamati d’andare et obedire senza causa legitima siano in corsi in pena di tarì sei per ogn’uno, applicata per servitio di essa mastranza, e’ questo tante volte quanto mancheranno senza legitimo impedimento, ita che trattandosi di cosa importanza non si possa fare conclusione e determinatione alcuna che non siano meno di numero     mastri, includendosi in ditto numero il Consulo e consiglieri e tesauriero di ditta mastranza.

            Del modo di farsi le stime per dare relationi alla Corte di questa Città per il tempo venturo secondo accaderà e sarà necessario per tutta questa Città suo territorio e’ fuora di questa Città         

            Cap. 10

Di più si ha stabilito che nessuno dalli mastri di essa mastranza possa andare a’ fare stime con dare relattioni di legname e’ servitio fatto per gli atti della Corte di questa Città, possono dare ditta relattione e stimare legname di qualsivoglia sorte et alla dritta o’ servitio operato il consulo e’ consiglieri di essa mastranza e’ in futurum saranno o’ alcuno / d’essi il quale sarà chiamato et eletto per fare ditta stima con dare ditta relattione alla corte di questa Città tantum et dum taxat, et ita che le raggioni toccanti per ditte relattioni stime da farsi la metà di ditti ragioni ditto mastro et stimatore sia e’ si intenda obligato da subito depositarla in potere del thesauriero di essa mastranza che pro tempore sarà, per applicarsi dal Consulo e consiglieri di essa per servitio di essa mastranza per le cause infrascritte e l’altra metà si senta e sia acquistato per ditto mastro che … con ditta relattione per ragioni di suo travaglio, il quale mastro estimatore habbia autorità di potere portarsi altro mastro di essa mastranza che non sarà in sedia seu officiale per insegnarlo a dare relattione e fare stimationi in campagna e si porterà ditto mastro per insegnarlo, sia ditto estimatore obligato dare a ditto mastro che si porterà il manciare e bere necessario per qualche tempo che ci vorrà per ditte estimationi / e’ relattioni da darsi e questo sopra la metà delli ragioni toccanti a ditto mastro estimatore, et occultandosi da ditto masto che farà ditta stima dandone ditta relattione che li ragioni che ci haveranno pagato per ditta stima con relattione et non havendo da subito depositato in potere di ditto tesauriero la metà di ditte ragioni sia e’ si intenda ipso jure et ipso fatto privato di ditto suo officio e’ di noce attiva e passiva per il spatio di anni dieci e non altrimente.

E per che recusare tutti l’inconvenienti che ponno avenire per l’estimatione con relatione sudetta habiamo stabilito il modo come si deve osservare e pagare ditte estimattioni con relattioni cennate dell’modo infrascritto, cioè quando ditti mastri e’ officiali o’ qualche d’uno di essi sarranno chiamati per estimare legname all’dritta con dare relattione per gl’atti della Corte di questa Città operata o non in questa Città e’ circuito di essa seu sub … in tal caso per ditta estimatione con ditta relattione devono pagare / all’ditto estimatore gr 5 per onza per quanto importerà il prezzo di ditta legname, ita che le ditte ragioni di ditta stima essendo prezzo esorbitante non essendono più di tar. quindici e ditto estimatore non possa conseguire ne’ di mandare più, et essendo il prezzo di ditta legname di minima somma in tal caso per ragioni di stima con relationi e tempo perso siano obligati li contrahenti pagarci non meno di tar. uno, e’ se ditta stima si farà fuora del’circuito di questa Città e’ nell’territorio di essa o’ estra devono li contrahenti pagare a ditto esimatore per ragione di stima con relattione da darsi gr. dieci per onza quanto sarrà il prezzo di essa legname, ita che non essendo le ragioni di essa stima di tarì quindici come supra dovendoci pagare però oltre le ragioni sudetti le giornate necessarie … di tempo per ditta stima a ragione di tar. tre il giorno / con doverci dare la cavalcatura per accesso e recesso a loro pubbliche spese, di modo che se spese e ragioni non eccedessero li tarì quindici non così però si deve pratticare quando si farranno estimationi fuora di questa Città e’ contorno di questa un miglio in circa che solamente siano obligati pagare gr. cinque per onza per ditta relattione e stima sudetta, non essendo meno sempre di tarì uno con doversi pagare la ratha del’ tempo che perderà alla ragione sudetta di tarì tre il giorno e’ non altrimente.

            Della prohibitione di dar relattione per l’atti della Corte di questa Città

            Cap. 11

Di più si prohibisce a’ qualsivoglia mastro di essa mastranza che non sarà in sedia, cioè Consulo e consigliero, di potere dare relattione per l’atti della Corte di questa Città di puzzo di legname o’ servitio operato tanto in questa Città e’ suo territorio quanto in qualsivoglia altra Città e’ luogo di modo che non sia habitatore di quella e havendo notitia l’officiali di essa mastranza che pro tempore sarranno che qualche d’uno di essi mastri havessero / dato relattione all’hora ditto mastro che haverà fatto ditta stima sia e’ si intenda incorso nella pena di onza una et tar. uno d’applicarsi per ditto Consulo e consiglieri di essa mastranza per le cause infrascritte et non altrimente.

            Che non possono l’officiali dar licenza di potere aprire botega

            Cap. 12

Di più che il Consulo e’ consiglieri di essa mastranza non possono dar licenza a’ nessuna persona d’aprire botega di ditta Arte se prima non sarà tale persona d’anni vent’uno eseminata e passato mastro publico, e’ dando tale licenza siano ditti officiali cioè quello di essi che darà tale licenza in corso alla pena di onza una et tar. uno d’applicarsi dell’modo infrascritto.

            Che nessuno eserciti l’Arte e’ metta botega che non sia primo esaminato e’ passato mastro

            Cap. 13.

E perciò qualsivoglia persona che sia non possi esercitare la predetta Arte della predetta mastranza ne aprire Botega se prima non sarà stata eseminata, et detto per mastro di essa mastranza e’ contravvenendo all’presente Capitolo sia incorsa / tale persona nella pena di onza una et tar. uno d’applicarsi del’ modo infrascritto e’ di perdere l’opera che si troverà fatta quale s’intenda aquistata al Consulo e’ consiglieri d’essa mastranza et non altrimente.

            Del modo come si deve fare l’esame delli mastri eligendi

            Cap. 14

Item che havendo alcuno lavorante che si volesse eseminare e’ passare mastro d’essa mastranza il Consulo e’ consiglieri di essa che pro tempore saranno habbiano a’ quello a’ mettere a’ ditta esamina e’ provandolo atto’ habile e’ sufficiante lo devono eligere e’ passare mastro con farni di ditta elettione atto publico per l’atti di notaro di questa mastranza, con che prima di farsi ditto atto d’elettione deve ditta persona immediante senza intervallo di tempo per ragione di ditta esamina depositare in potere del’tesauriero di essa mastranza che al’hora sarà onza una et tar. uno d’applicarsi per le cause infrascritte, come anche di dover pagare tar. duodeci al Consulo e’ consiglieri cioè tar. quatro all’Consulo / e tarì due per ogn’uno di ditti consiglieri per ragione di ditta esamina, come anche deve obligarsi ditto mastro eligendo di pagare tar. uno alli 23 di gennaro d’ogn’anno durante la sua vita e’ laudare et approbare li presenti capitoli d’erogarsi ditto tar. uno per ditti officiali per la festa e’ sollennità d’ogn’anno del’ Sponsalitio del Glorioso Patriarca Santo Giuseppe et non altrimente.

            Che li figli delli Mastri di ditta mastranza nati inanzi della loro elettione di mastro devono pagare li infrascritti ragioni

            Cap. 15

Acciò non si faccia frode e si tolgano le ragioni compatenti a dittà mastranza ordiniamo che de cetero tutte quelle persone li quali l’esamineranno e’ passeranno per mastri di essa mastranza et haveranno in ditto tempo figli nati, volendo quelli figli nati inanzi che fossero passati mastri la predetta Arte non possono quella esercitare se prima non sia esaminato, approbato et eletto come l’altri, con dover pagare le sopradette ragioni dell’modo e’ forma come si dà stabilito nel’ sopra ditto capitolo, ma nascendo doppo che il / il padre sarà passato mastro e’ volessero esercitare la predetta Arte possono quella esercitare con la licenza del’Consulo e consiglieri di essa senza essere eseminati et eletti come l’altri, ne siano obligati pagare raggioni d’esamina et havendo havuto ditta licenza possono aprire e mettere botegha et esercitare ditta Arte, e’ solamente questi tali siano obligati pagare tar. uno durante la loro vita alli 23 di gennaro d’ogn’anno per l’effetto sudetto et osservare laudare et approbare ditti figli di mastri ditta Arte senza la licenza di ditti officiali sia ditto figlio di mastro incorso alla pena di onza una et tarì uno d’applicarsi per servitio di ditta mastranza per le cause infrascritte et non altrimente.

            Che lo lavorante possa mettere la botegha del mastro per le case infrascritte

            Cap. 16

Item si ha stabilito che ritrovandosi qualche mastro di essa assente di questa città di Caltanissetta o’ carcerato o’ infermo in tal caso possa ditto mastro con la / licenza del Consulo o’ consiglieri d’essa seu mag.do ponte d’essi fare esercitare la predetta Arte nella sua botegha d’alcuno lavorante habile e sufficiente a’ beneplacito d’essi officiali, acciò non venghi a’ rovina ditto mastro per mantenersi esso e’ sua famiglia e’ campare la vita, essendo però impedito per le cause sudette, ita che ditto mastro impedito come supra non possi fare compagnia e’ società con ditto lavorante, fra ditto tempo che sarà impedito per le cause sudette e contravenendo al presente capitolo sia ditto mastro come anche ditto lavorante in corsi nella pena di onza una et tarì uno per ogn’anno di applicarsi per servitio di ditta mastranza e’ non altrimente.

            Che il mastro eletto di ditta mastranza non possa fare compagnia con altra persona che non sarà passato mastro

            Cap. 17

Item si ordina che il mastro di ditta mastranza esaminato et eletto non possa fare compagnia con altro mastro seu lavorante d’essa arte che non / sarà eletto mastro, ne raccogliere nella sua botegha ad uno non approbato senza licenza del’Consulo e consiglieri d’essa che all’hora saranno, sotto pena d’onza una et tarì uno di essi applicarsi per ditti officiali per le cause infrascritte e non altrimente.

            Delli lavoranti che non possono dare voto

            Cap. 18

Item si prohibisce alli lavoranti di essa mastranza che nell’elettione dell’officiali di essa da farsi ogn’anno o’ altra determinationi da farsi non possono dar voto e’ concorrere ad officio nessuno e’ non altrimente.

            Che non si possi pigliare lavorante senza licenza del mastro con cui haverà stato
Cap. 19

Acciò la ditta matranza vi sia perpetua pace e’ quiete s’ordina che nessuno mastro della predetta mastranza possa pigliare perzone (sic) seu lavonante che habia stato con altro mastro senza licenza di quello mastro dove ditto lavorante è garzone, hora presumendo tal mastro quello pigliarsi senza la predetta licenza sia / incorso nella pena di onza una et tarì uno d’applicarsi per li ditti officiali per le cause infrascritte e non altrimente.

            Che il lavorante non possa allogarsi mastro se prima non haverà complito il tempo altro mastro
Cap. 20

Item si prohibisce che nessuno lavorante seu garzone della predetta mastranza possa andare a’ far servitio seu allogarsi con altro mastro se prima non habia complito il tempo con il mastro che haverà stato, ne meno ditto lavorante si possa passare et eligere mastro d’essa mastranza che prima non habbia complito il tempo che sarrà obligato sotto pena di pagare onza una et tarì uno d’applicarsi come sopra, non s’intendono però con quelli garzoni e’ lavoranti che haveranno havuto la licenza delli mastri con li quali haveranno stato o’ meno fosse morto o’ levato botegha e’ che li mastri che raccoglieranno ditto lavorante che non haverà complito il tempo con il suo mastro e’ quello ditto mastro accetterà per lavorante sia ditto mastro / incorso nella pena medesima d’onza una et tarì uno d’applicarsi come supra e non altrimente.

            Che li lavoranti non possano fare opera nova

            Cap. 21

Di più si prohibisce alli lavoranti di ditta mastranza che da se istessi senza licenza dell’suo mastro e fuori di botegha, essendo chiamati da qualsivoglia persona, di poter fare opera nova in questa e’ suo servitio sotto la pena di pagare onza una et tarì uno, e’ caso che qualche persona o’ lavorante esercitasse detta Arte ad tempus o’ per qualche accidente o’ che alcuna persona facesse fare da ditto lavorante o’ altra persona opera nova o’ non saranno fatti conforme l’arte richiede e’ pretendesse interesse da ditto lavorante dell’opera malamente fatta e’ raclamarà inanzi ditti consulo e consiglieri, in tal caso questo tale haverà fatto fare ditta opera da dito lavorante o altra persona che non esercitasse tal’arte, in tal caso tale persona che raclamerà  deve perdere quell’ / tanto dimenderà per l’interesse sudetto, per causa che non l’have servito da mastri passati et sem.ri e’ che ditto lavorante non haverà fatto tal opera sia e si intenda in corso nella pena di onza una et tarì uno come sopra si ha detto et non altrimente.

            Che li mastri forastieri non possono esercitare ditta Arte in questa Città conforme appresso si determinerà
Cap. 22

Di più s’ordina che se venisse qualche mastro d’essa mastranza che non sarà nativo di questa Città seu forastiere, il quale venisse ad habitare in questa Città e’ quello volesse esercitare ditta arte e’ volesse mettere la botegha, in tali caso se ditto mastro sarà nativo di qualche città dove vi fosse Consolato e’ sarà esaminato e’ passato mastro questo tale deve demostrare alli Consulo e’ consiglieri che pro tempore saranno l’atto di ditta elettione, e’ dimostrano che sarà ditta elettione possa tale mastro aprire botegha et esercitare ditta arte, procedendo prima la licenza di diti Consulo e’ consiglieri, e’ caso che in ditta Città / non vi fosse Consolato, in tal caso tale mastro che volesse esercitare ditta arte in questa Città e mettere botegha sia e’ si intenda obligato di pagare e’ depositare in potere del’ tesauriero di ditta mastranza tarì quindici per una volta tantum con doversi prima dalli Consulo e consiglieri di ditta mastranza eseminare, e’ se sarà habile lo devono passare mastro con farci l’atto d’elettione con doversi obligare di pagare ogn’anno tarì uno durante la sua vita alli 23 di gennaro d’ogn’anno, conforme sono obligati tutti li mastri di questa mastranza et osservare ad unguem li capitoli di essa, e’ caso che qualche mastro forastiere o’ lavorante venisse in questa città per fare servigio ad tempus per campare la vita et a consare porte e’ cascie questo … deve prendere la licenza dell’Consulo e consiglieri et havuta ditta licenza possa fare ditto servigio, altrimente questo tale facendo il contrarijo sia e si intenda incorso nella pena di tarì deci e non altrimente.

            Dell’obligo che tengono li mastri di detta mastranza
           Cap. 23

Di più s’ha stabilito che ogn’mastro passato di ditta mastranza ogn’anno durante la sua vita deve pagare e’ depositare in potere del’ tasauriero di essa mastranza tarì uno l’anno alli 23 di gennaro di ogn’anno ad effetto per l’officiali di ditta mastranza erogarsi et applicarsi per fare la festività del Sponsalitio di ditto Glorioso S. Giuseppe, e’ non pagando ditto tarì uno in pace et de plano li loro figli siano e’ s’intendano privati di consequire l’infrascritto legato conforme appresso si determinerà, oltre che sempre ditti officiali siano obligati costringere a’ far ditto pagamento e’ non altrimente.

            Che li mastri di ditta mastranza non possano aprire botegha in ditta festività di       Santo Giuseppe
           Cap. 24

E più si ha stabilito che nessuno delli mastri di ditta mastranza nel giorno delli 23 di gennaro d’ogn’anno che si deve fare la sollennità dello Sponsalitio dell’Glorioso Santo Giuseppe possa aprire boteghe e’ fare servigio, e’ non essendo però qualche urgente necessità in tal caso deve procedere / la licenza del Consulo, altrimente facendosi sia e si intenda in corso nella pena di onza una et tarì uno d’erogarsi per servitio di ditta mastranza e’ non altrimente.

            Del modo come si deveno deportare l’officiali di ditta mastranza in caso di   discordie e distinzioni vi saranno fra li mastri di essa
Cap. 25

Di più si ha stabilito che caso che fra li mastri di ditta mastranza vi fosse qualche contrasto o dissentione per qualsivoglia accidente, il Consulo di ditta mastranza con il intervento delli consiglieri che pro tempore saranno possono determinare quello sarà di giustitia, e’ caso che fra ditti Consulo e consiglieri vi fosse qualche distentione fra essi non si potessero contentare fare ditta determinattione, in tal caso il nuntio della causa che vi sarà promessa lo deve determinare uno delli spettabili giurati di questa Città che sarà edomodario alla determinattione del quale si deve per ditti mastri acquistare et obedire et non altrimente.

            Del luogo che devono havere l’officiali
           Cap. 26

/ E per non esservi controversia alcuna fra ditti mastri nelle fontioni che si devranno fare per ditta mastranza s’ha stabilito che sempre deve havere il luogo il Consulo e consiglieri ord.e suo conforme è solito farsi per tutti l’officiali di questa Città e’ che l’altri mastri deveno mettersi in processione ogn’uno al suo luogo conforme all’antichità secondo determineranno ditti Consulo e consiglieri, et al’loro come li ditti mastri devono obbedire e’ quanto per la pace e’ quiete universale di ditta mastranza, et non obbedendo questi tali siano in corsi nella pena di tarì sei per ogn’anno che controverrà e’ non obedirà e’ non altrimente.

            Delli lavoranti che piglieranno per moglie figlie di mastri di ditta mastranza siano acquistati come appresso si dirà
           Cap. 27

Di più s’ha stabilito che tutti li lavoranti di ditta mastranza piglieranno per moglie una delli figlie delli mastri di essa mastranza, e’ questi tali volendosi passare mastri d’essa solamente siano obligati per la loro esamina pagare e’ depositare / in potere del tesauriero d’essa all’hora fatta d. elettione tarì quindeci per una volta tantum, con doversi pure obligare e’ pagare e’ depositare ogn’anno tarì uno durante la sua vita conforme sono obligati l’altri mastri e ratificare li presenti capitoli, e’ di tale elettione farseni contratto pubblico nell’atti dell’notaro di essa mastranza con la mentione di haver pigliato per moglie una figlia di mastro di essa mastranza e non altrimente.

            Che li mastri presenti devono pagare l’infrascritta somma per l’occorrenze di ditta mastranza
            Cap. 28

Di più s’ha stabilito che tutti li mastri d’essa mastranza presenti e’ che interverranno alla stipulatione delli presenti Capitoli siano obligati fra mesi sei da contarsi da hoggi depositare in potere del’ Tesauriero d’essa mastranza tarì quattro per ogn’anno di ditti mastri ad effetto per il Consulo e’ consiglieri d’essa erogarsi per servitio di ditta mastranza per l’occorrenza vi saranno e’ non altrimente.

            Dell’elettione del Notaro della predetta mastranza
Cap. 29

/ et acciò la predetta mastranza si regolasse con ogn’dovere  s’ordina che il Consulo e’ consiglieri possono eligere uno Notaro publico durante la sua vita per l’atti del quale si devono stipulare tutti li contratti et atti che farrà ditta mastranza e’ fare ancora tutto quello che per li presenti Capitoli s’ordina, che tale notaro eletto passando da questa a’ miglior vita il Consulo e consiglieri che all’hora saranno possono di nuovo fare elettione ad altro notaro ad vita e’ così si debia osservare in perpetum et non altrimente.

            Che li mastri forastieri non possono concorrere ad essere officiali
           Cap. 30

Di più s’ha stabilito che venendo mastri d’ascia ad habitare in questa Città di Caltanissetta con l’elettione come di supra s’ha detto non possono concorrere ad essere officiali di ditta mastranza ne di Consulo ne di consiglieri ne meno di tasauriero e’ siano e’ s’intendono privi di voce attiva e’ passiva e’ non possono in nessun modo in finito et in perpetuo entrare nel’ numero delli mastri / citatini, ma si sentono esclusi di ditta mastranza consulato e’ … che il ditto mastro forastiero pigliasse la citatinanza ed entrato nel numero della mastranza potesse concorrere ad essere off.e e’ dare voto e’ non altrimente.

            Della Potestà dell’Consulo e consiglieri circa l’espignoratione et esattione delle        pene et introjti d’essa mastranza et in che si debiano concorrere
Cap. 31

Item che il Consulo e’ consiglieri di ditta mastranza presenti e’ che per l’havenire saranno possono liberamente con il brachio delli spettabili Giurati costringere tutti li mastri e’ lavoranti d’essa che controverranno alli presenti capitoli et ordinationi e’ saranno renitenti a’ pagare le pene et altri ordinati alli presenti Capitoli et ordinationi contenti, e’ non facendo ditti Consulo e consiglieri esigere li presenti capitoli e’ fare pagare le sudette pene d’osservare tutto quello in essi si dispone siano obligati pagarli de proprio, e’ tutte le ditte pene, nomine di debiti et introijti di ditta mastranza e’ la metà delle raggioni delle stime conforme supra / s’ha ordinato debiano da pervenire in potere dell’tesauriero di ditta mastranza de pro tempore sarà per ogn’anno, si debiano per il Consulo e’ consiglieri d’essa che pro tempore saranno erogare et espondere cioè il tarì uno che ogn’anno di ditti mastri devono pagare ogn’anno durante la sua vita per la sollenità della festa dello Sponsalitio del Glorioso Patriarcha Santo Giuseppe conforme s’ha detto et il resto per l’occurrenze di ditta mastranza e’ quello sarrà necessario per servitio di essa o’ in compra di vendite, altrimente facendosi dal Consulo e consiglieri che pro tempore saranno obligati redepositarli e’ pagarli de proprio come sopra et erogarsi dell’modo sudetto et non altrimente.

Item che il gravame di qualsivoglia determinatione farà ditto Consule o’ consiglieri spettasse allo spettabile signor Giurato eddomadario facendo sospendere l’esecutore di detta determinatione.

Item che non si possa derogare qualunche delli predetti Capitoli per atto publico o’ per / altro modo senza il consenso delli spettabili signori Giurati e’ di tutti li mastri di ditta mastranza o’ magistro parte di essi.

Item che li presenti Capitoli non si intenda indotto ne giudicio alli mastri d’altra mastranza ma solo s’intendino ligari e’ pregiudicari tutti li mastri di far legname seu d’ascia.

Item che tanto ditta mastranza quanto ditto Consulo e’ officiali riferiti devono stare ed obbedire a’ qualsivoglia chiamata che li faranno li spettabili Giurati di questa per occorrenze che da esse li pareranno sotto le pene ad essi spettabili Giurati benviste.

Item che caso che il Consulo di ditta mastranza volesse esequire quanto alli presenti Capitoli si stabilisce sempre deve procedere il permesso delli Spettabili Giurati di questa Città, e’ questo si intenda tanto per l’esigenze di pene quanto o’ altre cose che guardano interesse e’ questo sotto le pene a ditti spettabili Giurati benviste.

Don Nicolò Barrile giurato

Don Felice Buonsignore giurato

Don Pietro Lapedora giurato

Don Luciano Genovese giurato

  1. Per una bibliografia essenziale sullo studio delle maestranze si rimanda a: S. Leone, Lineamenti di una storia delle corporazioni in Sicilia nei secoli XIV-XVII, «Archivio Storico Siracusano», 2, 1956, pp. 82-100; D. Novarese, Le corporazioni artigiane in Sicilia nei secoli XVI-XVIII. Presenze e ruolo delle maestranze nell’età moderna, in Diritto e società, a cura di A. Romano, Soveria Mannelli 1994, pp. 29-55.[]
  2. Cfr. P. Palazzotto, Per uno studio sulla maestranza dei Falegnami di Palermo, in Splendori di Sicilia, Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 678 ss. Sull’argomento si veda anche P. Russo, La scultura in legno del Rinascimento in Sicilia. Continuità e rinnovamento, Palermo 2009, pp. 13-20.[]
  3. Sulla fondazione della società di san Giuseppe si veda F. Pulci, Lavori sulla storia ecclesiastica di Caltanissetta, Caltanissetta 1977, pp. 339, 433.[]
  4. Sul consolato dei falegnami in Emilia-Romagna si rimanda al contributo di S. Simoni, Le confraternite dei falegnami in Romagna, in De Domo David. La Confraternita di San Giuseppe Patriarca e la sua chiesa a Nardò. Studi e ricerche a quattro secoli dalla fondazione, Otranto 2019, pp. 193-208. A Ravenna il collegio degli officiali della maestranza è composto, oltre che dal console e dai consiglieri, dalla figura del massaro dell’arte.[]
  5. Cfr. P. Palazzotto, Per uno studio…, 2001, pp. 678 sgg.[]
  6. Cfr. P. Russo, La scultura in legno…, 2009, pp. 17-18.[]
  7. Sui capitoli dei maestri d’ascia del 1624 si rimanda a G. Giugno, Il consolato dei maestri d’axia e dei corvisieri a Caltanissetta nel Seicento, in «Archivio Nisseno», Anno II, N. 3, Luglio-Dicembre 2008, pp. 99-113 con particolare riferimento alle pagine 104-109;

    Id., La maestranza dei falegnami a Caltanissetta nel Seicento, in Manufacere et scolpire in lignamine. Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, a cura di T. Pugliatti, S. Rizzo, P. Russo, Catania 2012, pp. 612-613.[]

  8. Archivio di Stato di Caltanissetta (d’ora in poi ASCl), Not. A. Mingrino, reg. 489, f. 317r. Nel 1619, il tempo di formazione presso la bottega di un falegname durava cinque anni, al termine del quale l’allievo poteva immediatamente avviare la carriera professionale (ASCl, Not. G. Maddalena, vol. 999, c. 278r).[]
  9. ASCl, Not. P. Drogo, reg. 612, f. 443v.[]
  10. Nel 1628 nel rollo della maestranza si ritrovano: «magister Joseph Crimona, magister Joseph Minacori, magister Raphael Castellano, magister Michael Jordano, magister Blasius de Gingoli, magister Franciscus Drogo, magister Franciscus Mingrino, magister Vincentius de Gangi, magister Thomas Scagliuni, magister Franciscus lo Tilaro, magister et consul Honofrius Schifano». Dalla lettura dell’elenco riemergono i nomi di mastro Raffaele Castellano e mastro Francesco Drogo, due mastri d’ascia al servizio dei Moncada tra il 1639 e il 1640 nella riparazione della residenza di Mimiano e in quella di città.[]
  11. ASCl, Not. P. Drogo, reg. 612, f. 443v. Oltre alla festa dello Sposalizio del Santo Patriarca Giuseppe, la compagnia dei falegnami festeggiava anche il santo il 19 marzo, finanziando un artificio di fuoco per il quale si documenta nel 1721 il pagamento a mastro Costantino Rivisto della somma di 1.26 onze per «miglioro uno di maschi e per fulgari sparati per li quarantori si fecero in ditta chiesa per la festa di ditto Glorioso S. Giuseppe» (ASCl, Not. A. Falci, reg. 2019, s.n.c. [doc. del 20 marzo 1721]). La festa veniva accompagnata dalla musica, come attesta in quello stesso anno il pagamento al rev. Pietro Scarlata dell’ordine di San Francesco di Assisi per «haver cantato esso et altre suoi colleghi in tempo delli quarant’ori e festa di ditto Santo si fecero in ditta chiesa». Un ultimo pagamento rimanda alla partecipazione delle solenni celebrazioni di un padre predicatore. Si tratta del teresiano Onofrio di San Gaspare pagato con l’elemosina di 27 tarì per «3 prediche esso fece nella chiesa di S. Giuseppe nel giorno della festa di ditto Santo».[]
  12. Cfr. F. Pulci, Lavori sulla storia…, 1977, pp. 339, 433.[]
  13. Cfr. S. Simoni, Le confraternite dei falegnami…, 2019, p. 198.[]
  14. Sulla festa dello Sposalizio del Santo Patriarca Giuseppe si veda anche F. Pulci, Lavori sulla storia…, 1977, p. 339.[]
  15. Cfr. S. Simoni, Le confraternite dei falegnami…, 2019, p. 199.[]
  16. ASCl, Not. B. Bruno, reg. 283, s.n.c.  (doc. del 12 agosto 1580).[]
  17. Sul simulacro eseguito dallo scultore palermitano Carlo Culirano per la società dei falegnami di Caltanissetta si veda G. Giugno, La scultura lignea a Caltanissetta nel Seicento tra sacro e profano, in Manufacere et scolpire …, 2012, pp. 609-611.[]
  18. ASCl, Not. A. La Mammana, reg. 656, f. 209r.[]
  19. Cfr. P. Russo, La scultura in legno …, p. 20.[]
  20. ASCl, Not. A. Falci, reg. 2018, ff. 253r, 274r.[]
  21. ASCl, Not. A. Falci, reg. 2019, f. 261r.[]
  22. ASCl, Not. A. Falci, reg. 2021, f. 237r. Oltre ai nomi degli officiali ‘in sedia’, i mastri documentati al tempo sono: Geronimo Messana, Sebastiano Lo Giannone, Angelo e Santo Minglino, Filippo de Paola, Francesco la Turri, Matteo Drogo, Gaspare de Messina, Antonino lo Giannone, Giuseppe Giarrizzo, Pietro Guarneri, Stefano Giarratana, Michele Vancheri, Antonio Scaglione, Angelo [La Lomia], Salvatore Grisafi e Michele Drago.[]