Enrico Colle

Mobili alla “Chinese” di Luigi Zampini

e.colle@museostibbert.it
DOI: 10.7431/RIV29112024

Durante la Restaurazione la predilezione per l’esotismo, tipico del gusto europeo settecentesco, ritornò in auge in tutta Europa grazie alla realizzazione di alcuni interni voluti dal principe di Galles, il futuro Giorgio IV, per le sue residenze di corte, tra i quali i più rinomati furono quelli creati da John Nash nel Royal Pavillon di Brighton tra il 1815 e il 18221.

La moda anglosassone per  questo genere di ambienti, caratterizzati da una ricostruzione più mimetica delle decorazioni cinesi rispetto alle fantasiose creazioni rocailles, fu ben presto esportata  anche in Italia dove, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento furono allestite  diverse sale in questo stile: a Palermo, ad esempio, in Palazzo dei Normanni  Giovanni Patricolo dipinse, tra il 1834 e il 1835, un salotto i cui temi pittorici erano ispirati alle decorazioni della Palazzina Cinese nel parco della Favorita, mentre la mobilia superstite fu realizzata dalle locali maestranze imitando i lavori in lacca orientale di cui la bottega di Antonio Catalano divenne la principale produttrice, almeno fino agli anni Settanta del secolo2. Sempre i Borbone nel Palazzo Reale di Napoli fecero decorare alla “chinese” una delle sale dell’ala prospiciente al Giardino Pensile da salvatore Giusti che per questo ambiente ideò, nel 1840, tutta una serie di figurine cinesi colte in vari atteggiamenti inserite entro leggeri ornati ripresi dalle cineserie tardo settecentesche3. Anche nel nord Italia i Savoia ripresero la moda dell’Ancien Régime di inserire, nel percorso delle sale delle loro regge, stanze in stile cinese come ad esempio quel “Gabinetto chinese da lavoro della Regina” ideato nel 1833 da Pelagio Palagi per il Castello di Pollenzo e arredato con mobili verniciati di scuro e dipinti con vivaci scenette tratte dal repertorio decorativo cinese secondo la nuova moda anglosassone4. La preziosità decorativa , l’estro esotico e le suggestioni scientifiche legate all’Illuminismo rivivevano nel Ducato di Parma – con la creazione del Salotto cinese di Palazzo Pettorelli Lalatta – e, soprattutto, in Lombardia una nuova ed originale stagione artistica, grazie alle decorazioni  di Paolo Vincenzo Bonolis e di Quirino Salvatoni, seguite, verso la metà dell’Ottocento, dagli eclettici allestimenti di Villa Caroli Zanchi a Stezzano, nei pressi di Bergamo, realizzati su probabili disegni dell’architetto Giacomo Bianconi intorno agli anni Quaranta5.

In questi stessi anni a Firenze la granduchessa vedova Maria Ferdinanda d’Asburgo Lorena fece allestire nel  1842, nel suo appartamento privato al secondo piano di Palazzo Pitti, dal Guardarobiere di corte Giovanni Poggi e dal Maggiordomo maggiore conte Guido Alberto della Gherardesca, un salotto completamente arredato con mobili in stile cinese in parte acquistati da Pasquale Fiorentini e in parte realizzati dagli intagliatori Luigi Sani e Lorenzo Ristori coadiuvati dai decoratori e “verniciatori” Francesco Bianchi e Odoardo Ristori (Fig. 1), introducendo così una moda che nel Granducato di Toscana aveva avuto alcuni seguaci a Livorno, nello scagliolista Antonio Belli – assai abile “nell’imitare perfettamente le vernici e i disegni alla giapponese o chinese, e specialmente quelle conosciute volgarmente colla denominazione di violac”6 – e nel decoratore e verniciatore Gaetano Terrieri; a Pistoia, con l’attività dell’ornatista Ferdinando Marini e, nella stessa Firenze, dalla bottega di Pasquale Fiorentini7 (Fig. 2) e dalla ditta diretta da Luigi Zampini.

Quest’ultimo, fondò un laboratorio che fu sicuramente il più importante del Granducato tanto da meritare una lusinghiera recensione pubblicata sulla rivista L’Arte del 1856 dove si legge che molti “manifattori” toscani tentarono di imitare le lacche orientali senza però ottenere la qualità dei lavori di Zampini e per questo premiati con medaglia d’argento alle Esposizioni  dei prodotti industriali di Firenze del 1847, del 1850 e del 1854, oltre ad ottenere da una menzione onorevole “all’Esposizione Universale di America del 1853”8. Tra le opere presenti nella bottega dell’artigiano, situata nella centralissima piazza Santo Spirito, un anonimo recensore menzionava una scrivania commissionata dal “Cav. Leopoldo Cattani, lavorata con tanta perfezione ed in cui è imitato così esattamente il genere di pitture Chinesi in rilievo da poter dire con giustizia e verità che il lavoro della China posto a fianco di quello dello Zampini è perfettamente identico”.  Sono queste le caratteristiche tecniche e stilistiche che si riscontrano anche negli arredi facenti parte di un salotto in origine composto da un mobile a due corpi (Figg. 34), una vetrina (Fig. 5), uno specchio da camino, due palchetti per tende, un divano, due poltrone e sei sedie9 (Fig. 6) che, insieme ai vari paraventi laccati, sembrano essere stati il genere di mobilia maggiormente richiesta dalla ricca clientela che frequentava l’officina di Luigi Zampini come documenta una lettera di Eleonora Rinuccini al marito Neri Corsini dove la nobildonna  riferisce al consorte di essersi recata dallo Zampini ed avervi ammirato “delle belle seggioline leggere”10, forse non troppo dissimili da quelle apparse anni fa sul mercato delle aste11 e i cui schienali sono decorati con vivaci scenette cinesi dipinte in oro su fondi neri (Fig. 7).

Alle citate esposizioni fiorentine l’artigiano partecipò presentando, tra le altre opere, dei paraventi che riscossero il plauso del pubblico e della critica poiché essi dimostrarono con la qualità delle loro decorazioni “i perfezionamenti introdotti dal signore Zampini, non solo nella preparazione di un mastice rosso veramente lapideo, del quale erano formati i bassi rilievi, ma si ancora per la doratura e solidissima vernice che li ricuopriva”12. Un esempio di tali lavori è tuttora visibile a Palazzo Pitti dove si conservano due paraventi  (Fig. 8) acquistati dal re Vittorio Emanuele II all’Esposizione Nazionale di Firenze del 186113: eseguiti in legno laccato nero e decorato a rilievo in oro  e pigmenti policromi essi si compongono di otto spicchi ciascuno con ornati ripresi da analoghe opere in lacca orientale resi con tale maestria da essere scelti, come esempio dell’alta qualità artigianale raggiunta in Italia in questo campo, per l’Esposizione di Londra del 1862 nel cui catalogo figurano descritti una “scène en vieux laque, avec huit pièces séparées, avec figures chinois” seguita da un’altra “scène en vieux laque, en bas-relief, avec huit pièces séparées, de S. M. le roi d’Italie”14 Successivamente recensiti da Demetrio Carlo Finocchietti, il maggior storico delle arti decorative italiano dell’Ottocento, i paraventi “piacquero assai” alla giuria internazionale tanto da ottenere “il premio della onorevole menzione”15.

Come riporta lo stesso Finocchietti tali lavori avevano in precedenza già ricevuto l’encomio dei commissari dell’esposizione fiorentina del 1861 nei cui resoconti pubblicati qualche anno dopo la ditta fiorentina veniva così recensita:

“La pregevole manifattura di Luigi Zampini di Firenze fu unanimemente dichiarata degna di essere incoraggiata colla medaglia, per la bella collezione di mobili ad uso Vieux Laque imitante perfettamente i disegni dei Chinesi, che sono maestri in simile industria, e aventi il gran requisito dell’economia nel prezzo che difficilmente riscontrasi in mobili di tanto lusso, e che solo viene determinata dal grande smercio che se ne può fare: e grande è quello che ne vien fatto dall’operoso Zampini, al quale non mancheranno incoraggiamenti e ricompense, giacché egli nulla trascura per perfezionare i suoi mobili, che riuniscono alla eleganza una solida e ben intesa costruzione”16.

L’eleganza delle forme e la corretta fabbricazione dei mobili qui illustrati sono quindi la sigla stilistica di ogni pezzo uscito dalla bottega di Zampini – operosa anche dopo la sua morte, avvenuta intorno al 1865 – che riuscì ad adattare intelligentemente le tipologie delle suppelletili occidentali agli ornati orientali creando così un felice connubio di stili ed decori in grado di gareggiare con le migliori creazioni anglosassoni quali gli interni del Royal Pavillon di Brighton. Proprio alle decorazioni parietali della Entrance Hall, e soprattutto a quelle della Banqueting Room (Fig. 9), Zampini, al pari di altri decoratori italiani attivi durante la prima metà dell’Ottocento, sembra infatti essersi ispirato per le figure muliebri colte in un atteggiamento di danza dipinte sugli sportelli dell’alzata del cassettone, ma, allo stesso tempo, egli se ne differenzia per il loro armonioso inserimento sullo sfondo dei flessuosi tralci arborei che col loro andamento mosso imprimono una maggiore vivacità alla scena.

  1. Per la storia di questa originale residenza di corte si veda H. Roberts, A History of the Royal Pavilion, London 1939.[]
  2. Cfr. E. Colle, Il mobile dell’Ottocento in Italia. Arredi e decorazioni d’interni dal 1815 al 1900, Milano 2007, p. 128, n. 27).[]
  3. Cfr. E. Colle, Il mobile dell’Ottocento…, 2007, p. 110.[]
  4. Cfr. S. Pettenati, Mobilità degli arredi del castello, in G. Carità (a cura di), Pollenzo una città romana per una “Real Villegiatura” romantica, Savigliano 2004, p. 263.[]
  5. Cfr. E. Colle, Il mobile dell’Ottocento…, 2007, pp. 111 – 114.[]
  6. Cfr. Giornale del Commercio, 1840, 3, pp. 9-10.[]
  7. Si veda a questo proposito la scheda in E. Colle, Il mobile dell’Ottocento…, 2017, p. 132, n. 29.[]
  8. La citazione è stata tratta da S. Chiarugi, Botteghe di Mobilieri in Toscana 1780 – 1900, Firenze 1994 p. 565, dove l’autore pubblica una esauriente scheda biografica del decoratore.[]
  9. Il gruppo di arredi che compone il salotto in legno intagliato e laccato è firmato e datato: “Luigi Zampini fece nell’anno 1861”.[]
  10. C. Badon, “Ti lascio con la penna, non col cuore” lettere di Eleonora Rinuccini al marito Neri dei Principi Corsini 1835 – 1858, Firenze 2012, p. 364.[]
  11. Si tratta di un gruppo di dodici sedie battute all’Asta Wannenes di Genova nel novembre del 2014, lotto 1340.[]
  12. Cfr. Rapporto Generale della Pubblica Esposizione dei Prodotti Naturali e Industriali fatta in Firenze nell’I. e R. Istituto Tecnico Toscano nel MDCCCLIV, Firenze 1854, p. 393.[]
  13. Cfr. E. Colle, Eclettismo sabaudo: le decorazioni e gli arredi nelle residenze di Vittorio Emanuele II a Torino e Firenze, in ‘Antichità Viva’, 1988, 1, p. 51, nota 19 e L. Coppi, Acquisti regali: considerazioni in margine alla prima Esposizione Nazionale Italiana, in ‘Decart’, 5, 2006, p. 13.[]
  14. Cfr. Exposition Internationale del 1862 Royaume d’Italie Catalogue Officiel Descriptif publié par ordre de la Commission Royale Italienne, Paris 1862, p. 419, n. 2157.[]
  15. Cfr. D. C. Finocchietti, Delle arti e delle industrie applicate ai mobili, Milano 1863, p. 29.[]
  16. Cfr. D. C. Finocchietti, Mobilia, in Esposizione Italiana tenuta a Firenze nel 1861. Relazione dei Giurati Classi XIII a XXIV, vol. III, Firenze 1865, p. 209.[]