Arturo Anzelmo

All’ombra dei Riaccesi – L’opera incisoria di Paolo Amato

arturoanzelmo@gmail.com
DOI: 10.7431/RIV29032024

Il Mongitore sia ne’ le giunte a’ La Sicilia inventrice…, dell’Auria (1704) dove ne parla come di «[…] celebratissimo Matematico, ed Architetto […]» o nell’elogium che, vivente l’architetto, ne traccia ne’ la Bibliotheca sicula…, (1714) dove lo dice «sacerdos, Jurisprudentiæ Doctor» informandoci come, trasferitosi «a prima etatæ»1 in Palermo, intraprendesse studi letterari, di matematica, geometria, architettura ed optica, lodando la sua perizia nell’incisione nella quale eccelse, nulla riferisce in ordine a dove o presso chi si fosse avviato a quegli studi o all’esercizio del bulino2. L’iscrizione sottesa al suo ritratto3 lo indica «Sacerdote D. in Teologia».

Le spigolature sulla produzione, quanto traspare dalle relazioni delle feste che illustra con i suoi rami, prendere atto come gli autori più in vista fregino le loro opere con le sue invenzioni, dei rapporti amicali e professionali, mi portavano ad ipotizzare come potesse aver frequentato la Domus Studiorum, dalla quale erano passati gli zii Vincenzo e Francesco Gigante dove, unitamente alle buone relazioni intessute dai parenti, a motivo dell’affabile indole4 e del talento, dovette farsi apprezzare. I tramiti dei Gigante (il P. Giuseppe -1616/1689-, Regentis Studij generalis S. Dominici de Panormo) o del fratello, maestro di cappella della cattedrale, inserito nei circoli culturali cittadini5, la non modesta situazione economica, potrebbero essere probanti in ordine alla scelta formativa.

Sulla scorta degli ipotizzati approcci all’arte e alla scienza attraverso Carlo Maria Ventimiglia fino alle frequentazioni con l’intellighènzia cittadina, ai rapporti con i Gesuiti6 ed il circolo dei Riaccesi, impossibile farne solo il capace interprete dei risvolti del potere.

Il Di Miceli nella nota Al Lettore, premessa a’ La nuova pratica di prospettiva, dopo il breve excursus biografico ed aver elencato le opere di architettura, si sofferma su «Diverse Immagini, e Ritratti […] da lui intagliati in rame […].», su quei «[…] frontespizi di libri […]» che incise «[…] a cagione di renderli più pregevoli […]».

Dopo quanto ne scrisse il Gallo7, la Malignaggi8 che, per l’area palermitana, riconosce all’Amato un primato, poi M.C. Ruggieri Tricoli9 che, pur non avendo reperito alcune di quelle elencate dal Di Miceli, annovera il ritratto del sacerdote Filippo D’Amico del ’51 e si sofferma sulle più note, tra le primizie amatiane, Stefano Piazza10 individua il ritratto del vescovo di Siracusa G.A. Capobianco (1656), autografato «P. Amato incidebat Pan.» che, come quello del D’Amico, attesta del precoce approccio all’arte, mentre induce a confermare la vicinanza ai Riaccesi la calcografia sottoscritta «Amato del. et inc.», legata a manoscritti dell’Auria11 come «Impresa dell’Accademia de’ Riaccesi di Palermo» che compare quale antiporta a’ Le scintille della selce… del ’58, raccolta delle produzioni di quei letterati curata dal Fortunio12 ed è la prima tra quelle conosciute (Fig. 1).

La scettrata Poesia e la Musica ai fianchi di un plinto sostengono uno scudo con l’impresa d’anima ed il motto che il Mongitore descrive: «[…] silicem chalybe repercussum, ex quo ignis, eliciuntur favillæ ad emortuum ignem excitandum: lemma verò Italicè: A Prò, degli Altri»13. Al piede, il Capricorno con il suo carico di simbolismi, un usurato libro, una tuba, la siringa di Pan, un violone, elementi che denotano un precoce approccio al Ripa.

L’attività incisoria lo mette in contatto con gli ambienti letterari e con l’Accademia «dove, trasmissione dei saperi ed opportunità d’intrecciare solide amicizie si fondono»14; quel cenacolo, come i tanti sorti a Palermo, è «[…] riflesso di una società, piena di vita, di una borghesia, formata da abati, più dediti al profano che al religioso, da professionisti e da funzionari colti, di una nobiltà inclinata a feste e a letture, di un popolo, conservatore delle tradizioni, non codino, ma amante del proprio passato, cioè della propria storia […]»15.

«L’antiporta […] aveva la funzione principale di traslitterare in chiave spesso allegorica il contenuto del testo del volume sul piano figurativo […], con l’intento di affascinare e catturare fin dal principio il lettore. […]»16. L’Amato ne interpreta appieno l’esigenza; le sue non si caratterizzeranno per le affollate composizioni che cominciavano ad invadere la produzione veneto-romana. Infatti, pur indugiando tra scartocci e svolazzi, l’allegoria, l’allusione colta, la composizione lontana dalle simmetrie è campo in cui localmente non trova eguali.

Che le sue esperienze spaziassero al di là di quanto rileviamo ne potrebbe esser riprova l’Allegoria della Sicilia, il cui ricordo riaffiorerà nella Felicità/Abbondanza del Garraffo, che il Lentini17, con il quale avrebbe potuto avere contatti attraverso il Maggio, il Fortunio18 o gli ambienti gesuitici, incide per il Sanctissimae Deiparae cultus in Sicilia del Gaetani, con tavole dello stesso Lentini, Matthäus e Johann Friedrich Greuter, autore dell’antiporta19; ed è ovvio che non potesse non conoscere questa ed altre produzioni che veicolavano esperienze peninsulari ampliandone gli orizzonti, anche se interessanti nel quadro della tradizione, i riferimenti ad Aquila20 o Ferrucio21.

Avvertendone l’originalità il Gallo annota come «Esercitò […] la incisione a bulino, ed acqua forte, e forse riuscì in quest’arte migliore, in quanto il gusto barocco dei tempi nell’architettura non gli permise di seguire l’antico; mentre nell’incisione che allora fioriva merita distinta lode […].»22.

Amato non è solo artista talentuoso che guarda agli esiti di un universo ben più esteso che la sua Palermo, erudito di altissimo livello, interpreta il testo facendolo proprio, esplorandone il “pensiero”, scandagliando la personalità dell’autore, agevolato dall’operare in città, dai rapporti di conoscenza e d’amicizia, offre un inedito simbolismo che fa delle sue antiporte non solo apparato illustrativo: estrapolate dai volumi, che rende più pregevoli, acquistano autonomia d’opera d’arte.

È del 1660 l’antiporta de’ Lelvaggio (Fig. 2) del riacceso G.B. Vallegio, siglata «Amato incid.»23. Il mitico Genio del fiume Oreto, coronato d’alloro, accovacciato sulle sponde dell’eponimo fiume mentre da un’ampia giara, cui s’accosta una colma cornucopia, versa l’acque che rendono ferace il territorio; lo affianca un regale leone sulla cui criniera poggia la mano scettrata, un ciuffo di bura, una rinsecchita quercia cui s’attorce un nastro percorso dal titolo dell’opera. Trova antefatto nei Fiumi del Montorsoli e del Camilliani in quell’impostare per opposizioni di diagonali cui lo scaltrito tratteggio da forza. Lascia percepire orientamenti radicati nel manierismo romano e dei Carracci24 ancor prima che Pietro Aquila illustrasse la Galleria Farnese; si richiama alla cultura ed alla “mistica” dell’acqua: Palermo e Messina e non solo Roma con monumentali fontane, ne sono testimonianza25. Alla postura dell’erculeo vecchione si confà un tratto sfumato, una luce che modella pittoricamente le virili membra indugiando sull’ampie foglie della bura che da nastriformi, spesse e rigide, mollemente s’incurvano come le spighe piegate da un’invisibile Zefiro. Nello stesso volume firma l’arme accademica con un attorto serpe ed il motto «Vt Ferveat Vigor» che corre su di un nastro che con quello sembra gareggiare, mentre l’appellativo de’ L’Invigorito va in testa al complesso scudo che sembra ispirarsi all’arme che Francesco Ruschi e Giacomo Piccini realizzavano nel ’47 per Le Glorie degli Incogniti26.

Tra il ’58 ed il ’64 alcune delle antiporte in cui, forse per il cedere ai desiderata degli autori, emergono discontinuità, varietà di accostamenti, pur dovendo attribuire lo scaltrirsi della tecnica al confronto con uno o più maestri. E al di là del tratto sono le problematiche iconologiche e compositive che lo interessano. Legate al frontespizio figurato quelle de’ Le scintille della selce e dell’Egidianum propugnaculum27 (Fig. 3), dove il tentativo di disarticolare le simmetrie è affidato al gioco di un asse inclinato: nella prima, la tastiera dello strumento musicale si prolunga alla mezzeria dello scudo nella seconda, la mediana si spezza in direzioni incidenti, ma è fantasticamente barocco il gioco dei pavesi e del lungo nastro che si snoda in complessi ghirigori sopra l’arme recante la dedicatoria; a tutt’altra tradizione, quelle de’ Lelvaggio e del Narciso28 (Fig. 4); l’antiporta del Vigiliarum medicinalium nocturnæ elucubrationes…, del Galeano (1663)29 ad esempio, che nella figura di Hippocrates rielabora il Mosè michelangiolesco e si lega ai prodotti veneti che il commercio librario favoriva; il Miracolo di Santa Rosalia del 166430 influenzato dall’esigenza della committenza gesuitica. Nello stesso anno, per il Festino, però progetta uno dei due archi presso il Collegio «[…] ritenuto una delle “più capricciose, e bizzarre machine, che fossero vedute ne’ i tempi andati inarcarsi” e nel quale Baldassarre Mazzara, librettista di quella festa, individua un “ordine mischio e nuovo alla moderna a guscio di lumaca”»31. A parte i personali rapporti, nell’aprile di quell’anno, era stato a Ciminna il P. Pietro Salerno (verosimilmente ospite di don Santo Gigante) che di quel Collegio fu docente e direttore ed è perciò che è ravvisabile, la sua discreta presenza e un intervento da parte del noto professore32. In questa opera realizzata per i Gesuiti sembra potersi intravedere un innovativo modo di porsi che viene riconosciuto, non può passare sotto silenzio33. Le attese novità, il livello della committenza, lasciano libertà inventiva al giovane architetto.

Due antiporte, quelle de’ L’Eremo sacro34 autografata «Paulus Amato inc. Pan.» (Fig. 5) e de’ Il Passere solitario35 sottoscritta «Paulus Amato inc. Pan.1664» (Fig. 6), si caratterizzano per libertà e dinamismo, per raffinata interpretazione. «L’immagine – scrive la Ruggieri Tricoli per la prima – mostra le figure […], colte in una posa scomposta, di grande naturalezza […] e perfino scarruffate nella chioma […].»36. Innovativa l’idea compositiva sulle contrapposte direzioni assiali dello scudo e del gran frammento litico (pavese, arme aniconica che nobilita l’eremita sotto cui cerca rifugio una timidissima lepre, compagna di Ermes), che disarticolano ogni simmetria e nelle concordi posture e gestualità delle figure riequilibrate. A precedere, il ritratto dell’autore (forse ispirato ad uno che si custodiva presso i PP. Teatini37) firmato Amato inc., in linea con la produzione veneto-romana38.

Ne’ Il Passere solitario, inavvertibili concorrono all’equilibrio della quasi “instabile” figura, l’asta che sorregge l’inclinato stemma arcivescovile, parallela alla direzione del fulmine impugnato dall’angiolone il cui braccio si contrappone con lo stesso gesto della mano a quello della Fanciulla. Come ne’ L’Eremo sacro…, a rappresentare il “deserto” incombenti enormi massi, ancora una lepre:timidezza, nascondimento; e la colomba: purezza, contemplazione mistica; l’estrapolazione da Isaia 35, exultabit laetabunda corre lungo il fiammeggiante fulmine che fa letteralmente ardere il petto della giovinetta, assunto quale allusione alle glorie della “solitudo”. Rinnova ancora lo schema compositivo, la figura dell’angelo le cui grandi ali “raddrizzano” l’ordito opponendo, in un gioco d’ardite geometrie, alle parallele diagonali delle figure la perpendicolare della fitta ombra che le inonda, trova bilanciamento nel sintetico primo piano che obliquo ne segue la direzione.

Poco più che ventenne si era misurato con architetture effimere; è l’approntare tra la fine del 1665 e l’inizio del ’66 gli apparati per le esequie di Filippo IV e l’ascesa di Carlo II39, ad imporre la sua figura nell’ambiente cittadino. E se firma l’anterior facies della Quadrifrontis Machina del catafalco reale «Paulus Amato Architecton Inven. et del.» non nascondendo l’orgoglio del traguardo, l’antiporta (Fig. 7) ne evidenzia tutta la capacità espressiva. Autografata Paulus Amato Pan. delin. et sculp., presenta «[…] due bellissime figure femminili dotate di strumenti musicali e colte sospese nell’aria a recare in volo l’emblema della Spagna»40. Pochi gli elementi nella composizione caratterizzata dalla postura delle figure che scardina ogni specularità, contrappuntata dal vezzoso ritorcersi del lungo riccio che diparte dal piede dello scudo e dove il gioco della luce partecipa all’equilibrio compositivo non senza che, l’espressione delle prosperose muse (per il Gallo «la fama, e la poesia») rivolte verso un “obbiettivo” esterno allo spazio figurale, vi concorra con nascoste allusioni: eternità per il defunto, gloria per il rampollo («Grande chi piange, ed immortal chi more»41) e dove l’enorme pavese esalta la continuità dinastica.

In questo periodo si porrebbe la Pianta di Palermo (Fig. 8) poi incisa dal Petrini, il cui rilievo potrebbe aver legami con la frequentazione del Ventimiglia. Aggiornata topografia42, innovativa imago urbis, impostazione sghemba della “croce di strade” e poi, la vignetta che esalta il Genio di Palermo entro una ghirlanda (Conca d’Oro) affiancato da figure assise in gloria, il serpentinato cartiglio con la scritta Suos devorat nutrit alienos (abbreviazione e chiasma del Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit)43. Una offre un anello gemmato (centro compositivo) l’altra, ai cui piedi una ricolma cornucopia, il caduceo e il cane alludono alla declamata fedeltà alla Corona dalla quale abbondanza e felicità. L’aquila della città regge una pergamena, stendardo su cui corre legenda dei luoghi simbolo offerti al visitatore.

La Rosalia benedettina44, è forse la più conosciuta (Fig. 9). Àuspici i rapporti dello zio don Santo con il cassinese, don Paolo nel ’58 disegna un altare effimero per i monaci di Santo Spirito45; da tali frequentazioni, costanti fino alla morte del congiunto46, questa incisione che trova conferma nell’Anagramma Purum che chiude gli encomi che precedono l’Idea congietturale…47.

«Admodum Reuerendo Domino

DON PETRO ANTONIO TORNAMIRA, ET GOTTO,

Decano Casinensi, Benedittini Ordinis Immortali

Chroniste.

D. SANCTVS GIGANTE CIMINNENSIS,

In suum devoti animi obsequium.

Anagramma Purum

DON PETRVS ANTONIVS TORNAMIRA

CASSINENSIS.

IS, STVDIIS ORNATVS, PERENNANS OMNINO

CHARTAS.

Marmora dura vorat, fattis incisa vetustis

Tempus edax: rodit Gesta decora Virum.

Haud tamen audebit venerandos tangere Libros,

Quos Pater ingenio scripseris ipse novos.

Ornatus Studijs, Chartas Omninò Perennans,

Is legeris, proprijs, arte stupente, notis.

Nomina conueniunt factis: Tua Penna triumphos

Pandit in Orbe suos, & Decus omne tuum.

Ergo Tibi, Venerande Pater, ter fausta Coronis

Vivant æternis, Nomina, Penna, Decus»48. 

Firmata Paulus Amato del. et inc. Pan. 1668 «[…] con una vivace rappresentazione della peste in forma di drago, sormontato dall’aquila palermitana e da Santa Rosalia che sventola lo stendardo di Palermo […]. Sullo sfondo, oltre al Monte Pellegrino e le cime del Cuccio, il Molo Nuovo e la Lanterna costruita sulla sua punta; uno di quei lontananti paesaggi urbani che piacciono al ciminnese e che ritorneranno più e più volte nei suoi apparati.»49; «rame dal forte simbolismo, trova antefatto nel coronamento della smerigliana arca della Santuzza in Cattedrale (1631-37) o, nella vara con Sant’Agatone del ’58»50, nell’antiporta de’ La Rosalia di Pietro Fullone del ’51, attribuibile al nitido bulino del Lentini51. Attenzione al vernacolo52 che l’erudito, raffinato talento traduce in geniale linguaggio con echi che andranno al carro-aquila per il Festino del 1686, al quadrone dell’apparato per l’altar maggiore della cattedrale del 1711. La figura riempie prepotentemente il campo; l’asta dello stendardo, la spada, contrapposte in simmetria, il rovello del bipartito battente, del fiero collo aquilino, dell’attorta coda del dragone, uniti come incudine in solido blocco sostengono l’avvitarsi della Santuzza che li cavalca. L’invenzione dovette avere tale successo che il Tornamira la volle in altri lavori sull’Eremita53, appagare lo stesso don Paolo se ne rielabora il tema nella Fontana dei Vecchioni54 e poi al Garraffo55.

Diversissime le antiporte del ’70; quella de’ Il Pelagio56 (Fig. 10) di Giuseppe Galeano e Sanclemente forse incisa molto tempo prima dell’uscita del poema l’altra, delle Poesie Liriche di Giovan Battista del Giudice, autori che condividono appartenenza all’Accademia dei Riaccesi, reciproca stima, amicizia con don Paolo.

Il frontespizio57 (Fig. 11) testimonia del legame tra architetto e poeta da far risalire ai tempi del Collegio. L’opera, con affettuoso apprezzamento viene lodata nella nota al lettore del Galeano che sottolineandone la schiettezza, ci consegna testimonianza dell’avvertita mutazione del gusto nell’anziano cultore delle patrie lettere. E se il ciminnese lo omaggia paragonandolo al mitico Orfeo, quest’ultimo dimostra amicale stima e «Prega il Sig. D. Paolo Amato à scolpire Bella Dama».

Paolo se vuoi che il Mondo appenda in voto

Chiare glorie al tuo merto, e fregi illustri,

Onde il tuo nome al trapassar de’ lustri

Di Prassitele à par rimanga immoto;

Del bell’Idolo mio, di cui devoto

Adoro ogni hor le porpore, e i ligustri,

L’Imago incidi co’ tuoi ferri industri,

Ond’ei s’adori in ogni clima ignoto.

Leggiadra moverai gara ad Amore,

Chanch’egli la scolpì simile al vero

Con l’aureo strale suo dentro il mio core.

Ma se l’interno simulacro altero

Suol recarmi ad ogni hor pena, e dolore,

Per l’Imagine tua gioire io spero58.

Per finezza di disegno, per la resa quasi coloristica dei toni, dal pieno primo piano allo sfumato lontanante paesaggio montano dove isolato si staglia un turrito fabbricato, tra le sue più belle incisioni. Ugualmente preziosa, l’arme accademica, preceduta da una nota esplicativa delle simbologie e delle motivazioni della sua adozione stesa dal Galeano; ben diversa da quella de’ L’Invigorito de’ Lelvaggio, assume qui una plasticità che ricorda il fare di uno scultore.

Al Giona della Sistina si ispira l’Amato che del fiorentino s’era innamorato59. La composizione giocata attraverso la movimentata orchestrazione in contrapposto, ponendo in evidenza la virile fisicità ne accentua la resa plastica conferendole eroica solennità. Al di là della colta citazione cerca un legame tra la vicenda del profeta e quella dell’amico poeta come metafora al risorgere del suo stile dopo l’ingresso in Accademia cui alludono, nell’impresa, la nave sballottata dall’onde, i mostri marini, la stella polare, l’appellativo prescelto, L’Affidato, il motto, Refulsit, e qui le pianticelle d’acanto ai suoi piedi. Da colto latinista, sembra seguire le quartine dell’ode oraziana citata dal Galeano. Se questo Orfeo sta quasi lanciando alle ortiche la pesante cetra, il bendato Amore, che non ha più frecce all’arco e alla faretra, non fallerà bersaglio nel porgergli l’apollineo serto.

La potenza fisica di questo cantore può richiamare il corpulento Oreto de’ Lelvagio ma il bucolico paesaggio, l’erboso primo piano, rimanda all’arcadico ambiente nel quale si muove il giovinetto Narciso, appare rivolto a quella corrente classicista che in pittura attrarrà l’amico Grano e testimonia di precoci confronti con gli ambienti peninsulari. Emergono gli orientamenti dei Riaccesi, religiosi e professionisti, nobili, prelati ed artisti spesso aderenti ad accademie del continente, attraverso i quali ha occasione di interessarsi a quanto avveniva oltre Faro60. Principe dell’Accademia il fiorentino Simone Rondinelli, tra i riaccesi don Giuseppe Nugnez Montenegro e lo scultore Carlo d’Aprile, autori di componimenti in lode del Pelagio; e se Le Muse Siciliane del Rinfiammato Galeano, sono difesa, celebrazione della lingua e dei poeti isolani61, nell’edizione del ’78 il Del Giudice dedica a nome dell’Accademia ampio elogio in novenari, con una premessa ch’è quasi invito a volerla tra i Riaccesi, ad Elena Lucrezia Corner Piscopia62, omaggia oltre che poeti e letterati locali, Agostino Rubini degli Umoristi romani per la favola d’Europa rapita da Giove, il lucchese Emilio Mansi dei somaschi63, l’agostiniano Angelico Aprosio letterato e noto bibliofilo ligure. Emergono molteplicità di contatti che si innestano all’universo culturale, alla circolazione libraria, presuppongono viaggi, conoscenza, rapporti epistolari64.

Elegante, austèro il ritratto del R. P. F. Hieronymus à S.to Bernardo Panormitano…65 (Fig. 12), firmato Paulus Amato del. et incidit Panor. 1677, anno della scomparsa del religioso presso il convento di San Nicolò da Tolentino cui il cronista dell’Ordine dedica ampia nota biografica66; dopo il trapasso, scrive, «[…], fù fatto intagliare nel rame il ritratto naturale di questo P. Girolamo, in Palermo, e dedicato al Cauallière Simeone Rondinelli […]»67 certo tramite alla committenza. La figura del Grimaldi, che l’Amato avrebbe potuto conoscere68, caratterizzata dalla corruscata, severa espressione che lo sguardo diritto all’osservatore accentua, stabilisce mutualità di dialogo, comunanza di sentimenti, s’impone all’attenzione attraverso la schietta resa del massiccio volume.

Il «[…] libro di feste più sontuoso […] dell’arte tipografica siciliana.»69 la Relatione istorica descritta dal m.r.p. Pietro Maggio, della Congregatione dell’Oratorio di S. Filippo Neri70 che illustra i tornei equestri organizzati a Palermo per festeggiare le nozze dei re di Spagna, la cui elegante veste tipografica suscita l’interesse del Mongitore: «opus æneis imaginibus illustratum», sentito omaggio all’oratoriano ed all’amico don Paolo71. L’aggettivo usato dal Moncada va alla qualità delle incisioni che il Maggio giudicava «eccellentemente scolpiti.». «Per […] il XVII secolo […], mentre le cronache e i ragguagli intorno a celebrazioni monarchiche sono numerosi, è veramente scarso il numero di grafici stampati per tali occasioni […]. La serie di incisioni realizzate per la giostra cavalleresca del 1680 […], costituisce, in tal senso, un’autentica eccezione»; «[…] la crónica de Pietro Maggio […] contiene una de las mejores series de estampas del Barocco siciliano.»72.

Il volume è illustrato da quindici tavole disegnate da don Paolo che lasciò l’onere d’inciderle al cugino don Giovanni Battista Mansella. La ricchezza delle cornici in quelle che ritraggono i torneatori sottolinea la semplicità dell’antiporta (Fig. 13) che mette in mostra il nudo bordo della matrice; rappresenta un alato cavaliere su un impennato corsiero, fusciacca al petto, elmo cui fa da cimiero l’aquila che adunghia un cartiglio con la sigla S.P.Q.P., preceduto da un putto in abiti guerreschi recante una fiaccola; lancia in resta, dà fiato ad una chiarina su cui sventola la drappella recante il sintetico titolo dell’opera “Le Guerre  Festive73. Ed è l’immagine ferina del cavallo, i cui occhi, dai fori della metallica testiera puntano all’osservatore, che attrae. La figura invade il campo e le parallele della lancia e della chiarina lo tagliano diagonalmente, si bilancia per la lunga ala del cavaliere che sale da sinistra, le zampe del destriero imbizzarrito che avanzano verso l’osservatore, per l’invisibile elemento del vento che spinge drappella e gualdrappa… il fumo della torcia. L’anonima resa delle figure dei cavalieri nelle altre tavole si contrappone alla tipizzazione del paffuto cavaliere che indossa mezza armatura, togliendogli marzialità, l’immagine popolaresca del corruscato putto coronato di frasche che lo precede indossando una corazza alla romana. «Ritorna in questa “splendida” tavola quella libertà espressiva dell’Amato, “Nessuna compostezza, nessuna simmetria, nessuna acquiescenza […]”, un linguaggio che non disprezza “[…] un’adesione estetica al vernacolo, alla componente più autentica e popolare della sicilianità.” […].»74.

L’antiporta de’ Le aquile confederate…75 (Fig. 14), che illustra gli apparati per il Festino dell’84, avrebbe dovuto prendere spunto dalla descrizione degli «Ornamenti» della cattedrale, rifacendosi «Alle Iscrittioni su la Porta». Nessuna narratio o intenzione didascalica, scelta accattivante dei soggetti e dell’impostazione nel campo figurale, niente titolo, basta solo un motto sul corazzato pettorale dell’aquila bicipite: «Iunctis Vis Nulla Nocebit»76. Epigrammatico “manifesto” di sconcertante bellezza! La simmetria c’è ma in diagonale, con effetto da sottinsù. La tiara (serpottianamente) corona un putto a cavalcioni tra le teste dell’aquila ad ali spiegate, in direzioni opposte le enormi chiavi petrine, le smisurate infule che ne sviluppano l’incrocio decussato. Gerarchicamente: la Chiesa, i Principi combattenti, il Vinto. Il putto che si autocorona allude al papato, cavalcando l’aquila riafferma il potere di legittimazione dei governanti che hanno l’obbligo di sostenerne l’azione. Trascinata verso incognita meta la mezzaluna legata agli artigli del rapace, allusiva al Turco se non soggiogato indotto a rinunciare all’espansione in Europa dopo la Battaglia di Vienna (11-12 settembre 1683) che aveva viste schierate le Aquile europee unite dalla diplomazia petrina contro l’esercito ottomano77. Al peso – anche compositivo – delle stesse chiavi con la consueta mappa crociata, non si contrappongono, inesistenti le impugnature, invisibile è la corona che avrebbe dovuto ornare le teste dell’aquila. In basso, un gruppo di rocce e arbusti e, come ricorda il Gallo, «[…] i campi […] in bianco per dar loro maggiore effetto.»78. Sovvertendo l’ermeneutica prosa del gesuita, don Paolo «spiega» diversamente «l’Idea, el pensiero dell’apparato», ha più ortodossa visione dei rapporti Papato-Impero riconducendo alle parti gli atti di quella storica vicenda.

Se noti allievi e collaboratori che esercitarono anche l’incisione: il cugino «[…] Dottor D. Gio: Battista Mansella, di lui compagno in quelli, & altri studi della medesima professione […].»79 o, Gaetano Lazara80 e Paolo Corso noti cartografi, non si può non accennare a rami nei quali è evidente quel clima che attorno a se l’Amato aveva saputo creare.

Non individuati i ritratti di S. Pietro d’Arbues, o del P. Marcello di S. Domenico, per quanto a quello di S. Gio. Di Dio Fondatore de’ Padri Fate ben fratelli, la figura, nella carta (Fig. 15) riportata dal Manganante81, nel gesto del tenere il vessillo con la scritta Pater Pavpervm, ricorda il Patriarca di Norcia della tavola con Li benedettini protettori contro la peste de’ La Giuditta palermitana…, L’antiporta (Fig. 16) nella biografia che nel ’66 ne pubblica il riacceso Perdicaro82, prossima all’imagerie amatiana. Coronata di fronde, la chioma infiammata, la Carità munge dal seno l’alimento che nutre il carico melograno dei Fatebenefratelli, cui allude il biblico versetto «ut darem lac filio meo.» L’originale composizione a V tornerà ne’ La Rosalia benedettina del ’68.

Inaspettata l’antiporta de’ l’Arimetica (Fig. 17) del riacceso, matematico ed astronomo Onofrio Pugliesi Sbernia83. Su un’unica diagonale l’angiolone soffia dentro un’impossibile attorta chiarina, prepotentemente riempie il campo; al piede, un lontanante rilievo su cui si stagliano turrite fabbriche. Suggerisce comuni passioni, frequentazioni.

È nelle corde della sua colta fantasia la tavola che apre la Vita del venerabile seruo di Dio f. Bernardo di Corlione…,84 (Fig. 18); sembra prendere spunto da quanto scrive Fra Ludovico da Palermo presentando l’edizione del ’90. Il ritratto entro un ovale di lauro con un nastro dalle fioccate punte bicuspidate su cui corre la scritta «Rapuere cælestia terræ», tenuto dall’aquila palermitana, il leone dell’Animosa Civitas. La croce lasciata «in bianco» con stipes opposto alle direzioni dell’aquila e del leone, all’asse del medaglione, lontananti paesaggi ricordano la Rosalia benedettina o l’Orfeo del Del Giudice che qui figura con un sonetto alludente alla “conversione” di Bernardo/Saulo, unitamente ai riaccesi Vitale, Auria ed Altri. Se ipotizzabili contatti con il Frazzetta85, il Nostro dovette conoscerlo di fama, come conferma durante il soggiorno ciminnese (1641), l’apparizione della Vergine a fra Bernardo, in casa di Catarina Monasteri sua cugina86.

Risale al ’64 la vita del servo Dio F. Vincenzo Ferreri87 che ne scrisse il Pasini nota nell’edizione del 169988 rivista e curata da P. Elezearo da Mirto che «per rendere a’ Lettori le azioni eroiche, e miracoli più sensibili» fece «scolpire in rame molte figure […]» ben diverse dal raffinato ritratto (Fig. 19) del quale non fa cenno. Per la preziosità tecnica, i richiami ad elementi interpretativi d’altri simili lavori, non sembra lontano dal fare amatiano; il disegno della cartella epigrafata, le decorazioni fogliacee lo pongono ad anni precedenti la stampa curata dal terziario, forse già incisa nel ’64. Richiama il ritratto che nel ’62 lo stesso Amato incideva per L’allegrezza richiamata…, del Monforte89 ancora legata ai prodotti dell’editoria veneto-romana.

L’antiporta della Compendiaria notizia della festa di S. Rosalia… fatta in quest’anno 1695…, (Fig. 20) dell’amico e riacceso Michele Del Giudice90, trova affinità con quella de’ Le solennità lugubri e liete o l’altra del Grano per le Noticias funebres… dove, attribuibile al pittore è anche l’arme del duca de Uzeda sorretta da giocosi putti serpottiani; duttile accoglienza di suggerimenti, apprezzamento del giovane amico ai cui modi il pittore e l’architetto sembrano avvicinarsi, ancorché per Amato, in architettura, la “fuga in avanti” è attestata dalla facciata del San Giovanni ciminnese progettata non dopo il 169891.

Sollevano perplessità le note del S.B.N. relative alle antiporte de’ l’Ægidianum propugnaculum, siglata «Amato Inc.», del Narciso al fonte (dubitativamente) autografata «Amato inc. Pan.», che sarebbero state incise da Francesco Amato, mentre per quella de’ Lelvagio, firmata «Amato Incid.» delle due schede una, l’attribuisce a Paolo l’altra, a Francesco.

Al British Museum, fogli (1610-1640) siglati «A.F.», «Franciscus Amatus In.» o, attribuitigli92; alla Casanatese un San Cristoforo (entro 1615)93, San Girolamo che legge nel deserto, San Giuseppe insegna a leggere a Gesù bambino sottoscritti «Franc. Amatus in.». La Biografia degli artisti del De Boni chiudendo la scheda sul napoletano Giovanni Antonio d’Amato, aggiunge: «Vi fu un Francesco Amato nel secolo decimosettimo, intagliatore ad acqua forte, forse della stessa famiglia.»94. Alfredo Petrucci riportando l’opinione di Arthur Mayger Hind (A short history of engraving & etching…, Londra 1908), che reputa Francesco «attivo intorno al 1650» lo lega agli operatori della «cosiddetta acquaforte “pittoresca” genovese»95. Il sito web della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, con bibliografia al 1983, a proposito d’altro esemplare del San Cristoforo dato a Francesco Amato, reputa come sia nato a Napoli intorno al 1590.

È data allo stesso l’antiporta del Catania liberata96 autografata «Amato inc.», edito nella città etnea nel 1669 che, con un vuoto di decenni, ne amplia l’arco di attività; ma bisognerebbe pensare ad un cambio di rotta del “napoletano”, se si osserva la figura della Martire catanese vicina alla coeva produzione pittorica siciliana. All’immane fiume di lava che si riversa su Catania assediata e diformata dal fuoco, può accostarsi la tavola con le Terre e luoghi brugiati dal Fuoco del Breve raguaglio degli’incendi di Mongibello97 che il S.B.N. prendendo atto delle due tavole annota: «Altro front. con incisione sottoscritto: Amato inc.», recante l’arme del dedicatario98.

A parte il tratto del “partenopeo”, c’è diversità tra le firme; ciò non giustifica che laddove la “A” di Amato non sia tracciata in corsivo con l’asta sinistra a breve riccio, le opere vadano espunte dal “catalogo” del ciminnese ed all’altro vadano quelle con la “A” in tondo: il Nostro così firma  l’Impresa dell’Accademia de’ Riaccesi, l’Ægidarium propugnaculum ed il Narciso; non “latinizza” mai il cognome, l’altro sottoscrive sempre «Amatus». A favore si può argomentare che ad oggi non si conosca carta firmata da Francesco che sia datata e con accenno a cittadinanza o luogo d’esecuzione.

Se non sono probanti sito di edizione ed origine dell’autore, e non è dirimente la stampa in Napoli del Ragguaglio del Tedeschi forse voluta dal patrocinatore/dedicatario, semmai (se non si pensa ad un omonimo!), è da chiedersi: quali i tramiti che fanno incontrare l’architetto con i catanesi se non l’Accademia o l’Università? All’Amato, dottore in sacra teologia e giurisprudenza, i titoli laureali dovettero esser conferiti nella città etnea dove il Tedeschi insegnò.

  1. Al rivelo del ’36 la famiglia è a Ciminna, dovette trasferirsi in città prima del ’40 poiché Maria, la più piccola delle tre sorelle, nasce verosimilmente a Palermo intorno a quest’epoca.[]
  2. A. Mongitore, Bibliotheca sicula, Palermo 1714, Appendice I al Tomo II, pp. 30-31. Elogi che ritorneranno nella colta epigrafe sepolcrale che forse gli si deve attribuire.[]
  3. Antiporta, in P. Amato, La nuova prattica di prospettiva, nella quale si spiegano alcune nuove opinioni, e la regola universale di disegnare in qualunque superficie qualsivoglia oggetto, Palermo 1714-1733; foglio, in F.M. Emanuele e Gaetani, Diarii palermitani con note storiche attinenti ad alcune città del regno di Sicilia, dall’anno 1743 sino a 21 gennajo 1802. BCPa, ms. Qq.D.98 f. 230v.[]
  4. «Quanto il nostro D. Paolo fu maturo, ed esemplare nella sua vita; altrettanto si fece conoscere nelle conversazioni ben costumate dolce, ed ameno nel tratto.», G. Di Miceli, Al Lettore in P. Amato, La Nuova Prattica di prospettiva, 1714-1733.[]
  5. V. Giattini, Il martirio di santa Caterina componimento sacro…. Posto in musica dal dottor d. Vincenzo Amato maestro di cappella della chiesa metropolitana di Palermo. Palermo 1669. Sul riacceso librettista v. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, T. II, pp. 284-285.[]
  6. Si accenna agli interessi per l’archeologia, al collezionismo antiquario (Serie di varie medaglie, camei, gemme, anelli antichi…. ch’erano del sig. D. Carlo ventimiglia nobile palermitano…, BCPa ms.Qq.D.32b.). Per ritrovamenti a Palermo, ad esempio alla Martorana verso il 1685, anni in cui l’Amato vi è impegnato per la sistemazione absidale, v. A. Mongitore, Memorie lapidarie…, BCPa mss. Qq.D.24 e Qq.B.9. V. Auria, La Sicilia inventrice…, Palermo 1704. Lo stesso in una nota (successiva alla nomina ad architetto del Senato) riferisce come «Don Paolo Amato […] essendo stato per sopraloco nella montagna nominata di Catalfano dove sono le vestigia della Antica cità di Solanto […]», vi osservò diverse rovine, e come al sito «[…]vi si salisce per la strada dove è la Villa delli pp. della Compagnia di Giesù […]», Idem, Miscellanea istorica di varie cose di Sicilia fatta per ordine alfabetico…, BCPa, ms. Qq. D. 86, f. 350r. che, oltre ad un soggiorno presso l’edificio dei religiosi, induce a pensare che gli stessi avessero richiesto l’ispezione per quegli interessi che si concretizzeranno nel Museo Salnitriano, così come le attenzioni del Del Giudice sembrano precorrere l’istituzione del Museo Martiniano. Lo stesso Auria è interessato al collezionismo, Varia istoria di Palermo appartenente alle cose della città. T. I, BCPa, ms. Qq.C.14, passim ed in particolare f. 332r/v, a proposito di ritrovamenti, nel 1654, durante la costruzione della chiesa dei Fatebenefratelli.[]
  7. A. Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani…, in I manoscritti di Agostino Gallo a cura di Carlo Pastena, vol. 3, BCRS, Palermo 2000. pp. 28-30.[]
  8. D. Malignaggi, Antiporte e frontespizi incisi in Sicilia dal Barocco al Neoclassico, in “teCLa” Rivista di temi di Critica e Letteratura Artistica, 6, 2012, pp.14 – 44.[]
  9. M.C. Ruggieri Tricoli, introduzione a A. Anzelmo, Paolo Amato, siciliano di Ciminna…, Vol II di Estetica e retorica del barocco in Sicilia a cura di Vito Mauro. Ciminna 2017.[]
  10. S. Piazza, Note su Paolo Amato architetto (1634-1714), in Estetica e retorica del Barocco in Sicilia, Ciminna 2017, vol. I. Il ritratto in Francesco Bardi, Bulla Cruciatae Explicata, et illustrata…. Palermo 1656.[]
  11. V. Auria, Miscellanea istorica di varie cose di Sicilia…, cit. f. 2r. et in Idem, Varia istoria di Palermo appartenente alle cose della città. (tomo I) BCPa ms. Qq.C.14., f.4r e f. 15r. Idem, Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel regno di Sicilia., in G. Di Marzo (a cura di), Biblioteca storica e letterara di Sicilia. Diari della città di Palermo. Palermo 1870, vol. V, p. 77.[]
  12. G.M. Fortunio, Le scintille della selce, saggio dell’Accademia de’ Raccesi di Palermo…, Palermo 1658. Figura ancora in P. Emmanuele, Orto di Maria. Sermoni del santissimo rosario…. Palermo 1669, in A. Sansone, Maria Stuarda dramma traggico…, Palermo 1672.[]
  13. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II p.198-200 [199].[]
  14. A. Anzelmo, Paolo Amato, siciliano…, p. 177.[]
  15. C. Filangeri, L’Accademia palermitana del buon gusto e gli accademici del 1718. Estratto da: Atti della Accademia di scienze lettere e arti di Palermo: conferenze 1998-1999.[]
  16. L. Trevisan e G. Zavatta, Incisori itineranti nell’area veneta nel Seicento. Dizionario bio-bibliografico. Università degli Studi di Verona 2013, p. 24. Per essenzialità compositiva le antiporte del Ruschi e del Piccini in testi del Loredan e degli Incogniti, l’accademia veneta della quale fu principe. F. Cocchiara, Alle origini dell’antiporta veneziana, in “Paratesto” 6-2009 Pisa-Roma 2009, pp.69-92. Eadem, Il libro illustrato veneziano del Seicento: con un repertorio dei principali incisori e peintre-graveur. prefazione di Bernard Aikema, Saonara 2010. A. Cipullo, Le Antiporte, un importante fenomeno del barocco veneziano, in F. Buzzi, A. Nesselrath, L. Salviucci Insolera (a cura di), Storia e Storiografia dell’arte dal Rinascimento al Barocco in Europa e nelle Americhe. Metodologia, critica, casi di studio. Milano 2017, pp.155-166.[]
  17. Vedi antiporta in P. Maggio, Relatione delle pompe festiue celebrate in Palermo per la solenne traslatione de’ santi martiri. Antino, Macario…, Palermo 1664. Ritratto del beato Agostino Novello, in V. Auria, Termini esterminata…, BCPa, ms. Qq.D.179, f. 111r.[]
  18. C. D’Arpa, La Madonna di Ravanusa nei Raguagli di padre Ottavio Gaetani: l’incisione di Giovanni Federico Greuter tra istanze civiche e ragioni artistiche, in “OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 8 – dicembre 2013, p. 41, nota 39: «[…] Giuseppe Lentini […]. Incisore ma anche inventore di apparati decorativi tanto effimeri quanto reali». O. Gaetani, Icones aliquot, et origines illusrium aedium Sanctissimae Deiparae Mariae…, Palermo 1657 e 1663. Il Fortunio è autore di una relazione sugli apparati di Porta Felice progettati dal Lentini per l’entrata delle reliquie di S. Mamiliano, in G. Matranga, I trionfi del S. Arcivescovo Mamiliano, palermitano, nel ritorno alla patria. BCPa, ms. 3Qq E27 (1658).[]
  19. Riutilizzata in Panegirici sacri del m.r. padre Diego Filippazzi della Compagnia di Giesu…, Palermo 1675. A testimoniare ulteriore sua attività in Sicilia, l’Agnus Dei, tavola siglata A.Z. f.  – M Greuter exc. in O. Manganante, Sacro teatro palermitano…, BCPa ms. Qq.D.12, f. 78r. Lo ricorda A. Gallo, Notizie…, 2000, p. 30.[]
  20. A. Gallo, Notizie…, 2000, pp. 38-39.[]
  21. L. de Carcamo, Asuntos predicables para algunas festiuidades…, Palermo 1637 frontespizio simile a quello della Breve narratione della vita e ritrovamento di S. Rosalia…, di P. Abriani, Cremona 1633 forse inciso da G.P. Bianchi; antiporta con ritratto e stemma in G. Morsicato Pallavicini, La scherma illustrata., Palermo 1670 et ivi Idem, La Seconda parte della scherma …, 1673 firmati Dominico ferruccio sculp.; R. Bonerba, Viridarium Bonherbae…, Palermo 1671, antiporta siglata D. F. sculp.; G.B. Del Giudice, Poesie sacre, e morali …, Parte seconda. Palermo 1678, lo stesso anno firma, Ferruccio F., un’immagine di S. Chiara in P. Aidoni, La chiarezza rischiarata, Palermo 1678. Incisione, firmata Ferruccio, rappresentante S. Filippo Neri in O. Manganante, BCPa, ms. Qq.D.12, cit. f.25v.[]
  22. A. Gallo, Notizie…, pp. 28-29.[]
  23. G.B. Vallegio, Lelvagio poema bucolico in lingua siciliana. Palermo 1660.[]
  24. Interessante l’incisione di Divinità fluviale di M.A. Bellavia tratta da un soggetto di Annibale Carracci, messa in rete dalla casa d’aste Pandolfini il 15 dic. 2014 nota 7 www.pandolfini.it.[]
  25. Per la Fontana Pretoria in Palermo a parte le note, si vedano le figure allegoriche dei fiumi palermitani in V. Auria, Miscellanea de urbe panormitana…, BCPa, ms.Qq.C.83, ai ff. 84r-105r., ne può ignorasi A. Veneziano, Epigrammata quasi omnia, inscriptiones, fontiumquè descriptiones, et triumphales arcus…, Palermo1646 e, presso la BCPa, i mss. Qq.C.41, Qq.C.42, Qq.C.56.[]
  26. G. Brusoni (?), Le glorie de gli Incogniti…, Venezia 1647.[]
  27. R. Bonerba, Totius naturalis philosophiae disputationes, pars prima. Palermo, 1661 e, pars secunda, Bossio 1661. Il testo è conosciuto come Ægidiarum propugnaculum.[]
  28. I. Falcone, Narciso al fonte, cioè l’Huomo che si specchia nella propria miseria…, parte prima…, Palermo 1664. I contatti con i Teatini di San Giuseppe attraverso il Falcone appaiono testimoniati da questo incarico; qui il siracusano (1623-1699) aveva preso i voti nel ’47 e vi terminerà la vita. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, T. I, pp.289-290.[]
  29. G. Galeano e Sanclemente, Vigiliarum medicinalium nocturnæ elucubrationes…, Palermo 1663.[]
  30. A. Anzelmo, Paolo Amato, siciliano…, 2017 pp.178-184. L’incisione in P. Maggio, Oratione eucaristica per vn famoso miracolo fatto da Santa Rosalia…, Palermo 1664. Roma, Biblioteca Casanatese. Vol. Misc. 1803; il bozzetto presso Galleria di Palazzo Abatellis inv. 5262, pubblicato in Pietro Novelli e il suo ambiente. Palermo 1990, pp. 445-446. Forse tratta da dipinto, la calcografia siglata G.P.S. sculp. in F.M. Emanuele e Gaetani, Diarii palermitani…, BCPa, ms. Qq.D.98, f. 252r.[]
  31. F.P. Campione, La cultura estetica in Sicilia nel Settecento, in “FIERI”, Annali del Dipartimento di Filosofia e Critica dei Saperi. 2, giugno 2005, p.86.[]
  32. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, pp. 70-71.[]
  33. G. Matranga, I trionfi del S. Arcivescovo Mamiliano…, BCP, ms. 3Qq E27 (1658), A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, pp. 185-199 [197-198]. Con riferimento alla vara del Crocifisso in Ciminna progettata da don Santo Gigante nel 1652, che anticipa il disegno di due delle machine realizzate per queste feste. Idem, Un trono per la Miracvlosa Imagine, la vara del SS. Crocifisso in Ciminna. Ciminna 2018.[]
  34. G.B. Pilo, Vite de’ santi, e beati eremiti…, Palermo 1661.[]
  35. A.M. della Resurrettione, Christo amante dell’anima detto il passere solitario…, Palermo 1664.[]
  36. M.C. Ruggieri Tricoli, in A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, p. 9.[]
  37. V. Auria, Diario delle cose occorse nella città di Palermo in G. Di Marzo (a cura di), Biblioteca storica e letteraria di Sicilia. Palermo, L. Pedone Lauriel 1870 vol. III, p10., lo stesso autore lo ricorda accennando al ritratto a borino in rame in Teatro degli uomini letterati …, cit., f. 246r.[]
  38. Indicativamente: J. Greuter, ritratto di G. Bartolomei in L’ America poema eroico, Roma 1650; G. Vallet, di L. Zaccagni in Notabilium medicinæ, Roma 1655, G. Piccini, di Cristina di Svezia, in G. Brusoni, Delle historie memorabili, Venezia 1656, E. Picart, di Alessandro VII, in F. Macedo, Panegyricus Alexandro Septimo, Roma 1657, A. Clouwet, di mons. Alessandro Sperelli, in Paradossi morali, Venezia 1666.[]
  39. G. Matranga, Le solennità lugubri e liete…, Palermo1666. A. Giuffrida, Morto il re viva il re: le esequie di Filippo IV e la cerimonialità funeraria nella Sicilia dell’età moderna., in I.E. Buttitta, S. Mannia (a cura di), La morte e i morti nelle società euromediterranee, Palermo 2015, pp. 83-97. R. Cancila, Palcoscenici del mondo nella Palermo barocca. L’universalismo della Monarchia spagnola. Palermo 2018, Coll. “Frammenti”, n. 12, che si sofferma sul testo del Matranga.[]
  40. M.C. Ruggieri Tricoli, in A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, pp. 15-16.[]
  41. G. Stampa, Esequie reali alla catt. maestà del re D. Filippo IV…, Milano 1665 (?).[]
  42. P. Militello, Ritratti di città…, cit. pp. 60-61, 88 tav. fig. 33. Altra pianta presso la Biblioteca Nazionale di Vienna citata in C. Barbera Azzarello, Raffigurazioni, vedute e piante di Palermo dal sec. 15. al sec. 19. cit. Presso l’Antiquariat Bernd Braun, Gengenbach, Deutschland, esemplare, dato al 1700, altro esemplare presso la Galleria di Palazzo Abatellis in Palermo inv. n. 10104. Il rilievo è stato datato al 1665 in A. Nobili, M.E. Palmisano (a cura di), La battaglia di Palermo 2 giugno 1676: scontro nel golfo di Palermo tra la flotta francese e la coalizione ispano-olandese. Palermo 2009, p. 55 e in V. Manfrè, Memoria del potere e gestione del territorio attraverso l’uso delle carte. La Sicilia in un atlante inedito di Gabriele Merelli del 1677, in “Anuario del Departamento de Historia y Teoría del Arte”, vol. 22, UAM 2010, pp. 161-188.[]
  43. Al piede un drappo con la scritta: «Palermo Città Felice, e Fedelissima, Capo e Regia, della Sicilia per le sue delitie detta, la Conca di Oro. Dedicata all’Illustrissimo Senato Palermitano». Si confronti G. Mandalà, La Conca d’Oro di Palermo. Storia di un toponimo.,. in Medievo romanzo. volume XLI fasc. I, Roma MMXVII, pp. 132-163.[]
  44. P.A. Tornamira e Gotho, Idea congetturale della vita di S. Rosalia vergine Palermitana, monaca, e romita dell’ordine del patriarca S. Benedetto, Palermo 1668.[]
  45. P.A. Tornamira (?), La Giuditta palermitana, altare fatto da’ RR. PP. Benedettini appresso la chiesa dello Spirito Santo…, Palermo 1658. V. Mínguez, P. González Tornel, J. Chiva, I. Rodríguez Moya, La fiesta barroca. Los reinos de Nápoles y Sicilia (1535-1713)., in Triunfos barrocos, volumen tercero, Universitat Jaume I – BCRS 2014, pp.115-116; S. Piazza, Note su Paolo Amato architetto (1634-1714), in Estetica e retorica del Barocco in Sicilia, a cura di Vito. Mauro, contributi di: Giacomo G. Badami et Al. Ciminna 2017, vol. I.[]
  46. Il benedettino ne pubblicherà l’inedita Breve Relatione Della Vita, e Felice Morte Di Svor ElisabettaTrippedi…, in Origine, e progressi delle monache oblate…, Palermo 1664. Sul Gigante A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II p. 209, nonché le mie note in, Paolo Amato siciliano…, cit. pp. 216-218 e in Francesco Gigante. Tra Palermo e Ciminna sulle orme del Monrealese. Palermo 2018.[]
  47. Precedono la composizione gigantiana quelle di Simplicio Paruta, dei riaccesi Orazio Alimena (L’Incognito) che, nella sede dell’Accademia, pronunciò l’elogio funebre per C.M. Ventimiglia, Antonio Romano Colonna (L’Insensato) e G.B. Del Giudice (L’Affidato), del P. Giovanni Del Varco, don Fabiano Colombo, don Giovanni Evangelista da Palermo.[]
  48. P. A. Tornamira e Gotto, Idea congetturale della vita di S. Rosalia…, 1668, p. 53.[]
  49. M.C. Ruggieri Tricoli, in A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, p. 15.[]
  50. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017,  p. 71, nota 33. Eseguita in occasione delle feste per la traslazione della reliquia del capo del santo, per la Congregazione del SS. Nome di Gesù in Santa Zita dov’era presente il P. M. fra Giuseppe Gigante.[]
  51. P. Fullone, La Rosalia poema epico…, Palermo 1651. et in Idem, La Rosalia. La partenza…, Palermo 1655.[]
  52. Vignette su fedi del Governatore Magazenero del Caricatore in V. Auria Fascio delle cose di Palermo. (T. II) BCPa ms. Qq.C.15, f.30r. e f. 501r. Frontespizio in, Idem, Varia istoria di Palermo appartenente alle cose della città. (T. I). BCPa ms. Qq.C.14, e in Vita di S. Rosalia…, Palermo 1669, con vignetta che il Manganante dice eseguita da P. Aquila, Sacro teatro palermitano…, BCPa ms. Qq.D.15, f. 36r. Vedi Officium S. Rosaliae virginis panormitanae…, Roma, Palermo 1667.[]
  53. Ad esempio, La Giuditta palermitana…, Palermo 1671, volume che apre con l’Altare fatto da’ Reveren. padri Benedettini Appresso la loro Chiesa dello Spirito Santo nell’Annual sollennità di S. Rosalia à 15 di Luglio del 1658 cui segue una tavola con Li benedettini protettori contro la peste.[]
  54. Sul Piano della cattedrale. A. Mongitore, Diario palermitano dall’anno 8 ind. 1685., in G. Di Marzo (a cura di), Biblioteca storica e letteraria …, vol. 7, cit. pp. 45-46. N. Basile, Palermo Felicissima, s. III, Antiche strade e piazze di Palermo a cura di S. Cardella, Palermo 1978, p.75.[]
  55. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017, p. 71. P. Gulotta, La fontana del Garraffo un progetto estetico e iconologico di Paolo Amato da restituire alla città., in V. Mauro (a cura di), Estetica e retorica…, 2017, vol. I.[]
  56. G. Galeano e Sanclemente, Il Pelagio, ouero Spagna racquistata poema heroico …. con gli argomenti a ciascun canto di don Giouanni Battista del Giudice. Palermo 1670. Il Galeano aveva pubblicato Spagna racquistata nei Diporti giovanili (Palermo 1661) poi confluita ne’ Il Pelagio. R. Contarino, in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, Volume 51 (1998), sub voce.[]
  57. Poesie liriche di Gio. Battista Del Giudice tra l’Accademia de’ sig. Raccesi detto l’Affidato. Al signor Geronimo Dente. Palermo 1670. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. I, p. 332. La consultazione della Bibliografia delle edizioni palermitane antiche, conferma esemplare presso la BCRS (collocazione 4.42.C.109) con nota di possesso di Don Ioannes Torretti Pictor Civitatis Agrigenti. Le Poesie liriche escono quando il poeta ha passato i trent’anni; dovette aver fama fin da giovane, un canto in terzine dantesche ed altro componimento gli offre Orazio Alimena (L’Incognito) in P. Catania, Teatro oue si rapresentano le miserie humane…, Palermo 1665, stampata a cura del riacceso don Gioacchino Ferreri, L’Occulto.[]
  58. G.B. Del Giudice, Poesie liriche, parte prima. Palermo 1678, p.20 a questa fa cenno A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II, Appendice I, p.31 nell’elogium dell’Amato. Il 5 marzo 1671 il Del Giudice, nella sede dell’Accademia, recitò l’orazione funebre in onore di Orazio Alimena († 11 giugno 1670). Idem, Bibliotheca sicula…, 1714, T. I, p. 294; il padre Cesare, giurista, compositore e poeta, i fratelli Antonino dottore in legge e poeta, Michele e Placido cassinesi, letterati e poeti riaccesi, citati dal Mongitore nella Bibliotheca sicula…, Tra gli ultimi componimenti, un sonetto ne’ Il Pindo sacro di I. Falcone, licenziato il 4 maggio 1680 pubblicato da C. Adamo nel 1691, con tavola di V. Bongiovanni.[]
  59. A parte le indirette mediazioni di Montorsoli o Del Duca, Camilliani o Li Volsi e le letture del Vasari, a Palermo dovevano circolare le incisioni tratte dalla Sistina di A. Scultori, Michael Angelus Bonarotus pinxit Adam Sculptor Mantuanus incidit (1580?).[]
  60. Antiporte in G. Silos, Musa canicularis…, Roma 1650 e Parigi 1652, sottoscritta da François Ragot, facilmente nota al Matranga, e in F.A. Donnoli, Poesie liriche. Venezia 1669, disegno di Valentin Lefrèvre, rame di Antonio Bosio.[]
  61. G. Galeano e Sanclemente, Le Muse siciliane ouero Scelta di tutte le canzoni della Sicilia…, Palermo 1645-1653. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. I, pp. 381-383.[]
  62. G.B. Del Giudice, Poesie liriche, parte prima…, 1678, pp. 320-325, licenziate il 24 giugno, un giorno prima che la Cornero fosse laureata in filosofia a Padova. Le lodi del Del Giudice sono ricordate da M. Dezza, Vita di Helena Lucretia Cornara Piscopia…, Venezia 1686, p. 131. Il lucchese predicò all’Olivella esitando le sue Lodi di Santa Rosalia…, Palermo 1669. Il teatino e riacceso palermitano Filippo Setaiolo (A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II, p. 179), pubblicò un Discorso…, nelle Compositioni degli Academici Ricourati per la morte della nob. d. signora Elena Lucretia Cornaro Piscopia…, Padova 1684.[]
  63. E. Mansi, Delle lodi di S. Rosalia vergine palermitana…, Palermo 1668.[]
  64. A parte quanto è possibile trarre dai due tomi della Bibliotheca sicula del Mongitore, circa le lodi e le citazioni degli scrittori e poeti siciliani, se pure con intento autocelebrativo, interessante quanto l’Auria scrive nel Teatro degli uomini letterati di Palermo. BCPa ms. Qq.D.19.[]
  65. L’incisione in F. M. Emanuele e Gaetani, Diarii palermitani…, BCPa, ms. Qq.D.98, cit. f. 258r.[]
  66. G.B. da S. Claudia, Lustri storiali de Scalzi Agostiniani eremiti della Congregazione d Italia, e Germania…, Milano 1700, pp. 490-497.[]
  67. Al fiorentino, commendatore dei Cavalieri di Malta, è dedicata dall’editore l’Admirandi Archimedis Syracusani Monumenta omnia mathematica…, di Francesco Maurolico, Palermo 1685, che sul frontespizio ne reca l’arme con il motto Hinc nomen et omen.[]
  68. G.B. da S. Claudia, Lustri storiali..,. 1700, p. 494, a far sospettare che l’Amato lo conoscesse almeno di fama, narra come «Essendo venuto al Convento di S. Nicòla di Palermo da Cimmina un P. Domenicano, per notificàre una visione, ch’ebbe certa serua di Dio del medesimo Ordine Domenicano, chiamata Suor Margarita […], (cioè, ch’ella […], haueua veduto il medesimo P. Girolamo crudelmente sferzato dalle furie infernali) […], venne all’incontro il P. Girolamo, e vedendo il P. Domenicano, si pose ginocchiòne, & hauendo bacciàto la terra, gli disse subito (Che vuole da me Suor Margarita? V. P. gli dica, che preghi Dio per me) & alzatosi se ne fuggì altrove.». Difficili ipotesi sul domenicano e la suora, forse terziaria (a Ciminna ne faranno parte congiunte dell’Amato).[]
  69. Gino Moncada Lo Giudice di Monforte, Una biblioteca siciliana. Roma 2001, pp. 415-416, scheda 1326.[]
  70. P. Maggio, Le guerre festiue…, Palermo 1680.[]
  71. A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, Tomo I, p.147. C. de Rosa, Memorie degli scrittori filippini…, Napoli, 1837, p. 161.[]
  72. M.S. Di Fede, La festa barocca a Palermo…, cit. pp. 49-75 [70]. V. Mínguez, P. González Tornel, J.Chiva, I. Rodríguez Moya, 2 El libro y el grabado festivo, in Triunfos barrocos…, 2014.[]
  73. Ben lontana dalla ieratica figura del cavaliere incisa dal Gallella per la Prima parte della congiura…,. di G. B. Romano Colonna. Messina, 1676-1677.[]
  74. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, pp. 201-214, che cita M.C. Ruggieri Tricoli, in A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, p.13 e M.R. Nobile, D. Sutera, Intorno a Paolo Amato: alcune riflessioni (M.R. Nobile, Problemi storiografici.)., in V. Mauro (a cura di), Estetica e retorica del barocco…, 2017, I.[]
  75. G.M. Polizzi, L’aquile confederate contro i nemici della religion Christiana…, Palermo 1684.[]
  76. F. Piccinelli, Mondo simbolico formato d’imprese scelte…, Venezia 1670, Libro XXII cap. XVIII, n.133. Esemplari a Partanna (TP) ediz. 1653, a Siracusa ediz. 1670, facilmente circolava a Palermo.[]
  77. Memorie di Palermo, BCPa, ms. Qq.E.41, f.146r, carta rappresentante Vienna assediata che, da Antonio Vespolo, viene Consegrata al signor don Benedetto Grifeo principe di Partanna duca di Ciminna…, riporta i ritratti di Leopoldo I, Giovanni III di Polonia e Lituania, Carlo V duca di Lorena.[]
  78. A. Gallo, Notizie…, 2000, p. 29.[]
  79. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, 2017 pp. 201-214 che richiama P. Maggio, Le Guerre festive…, 1680. G.B. Mansella (Ciminna 1652-1698, sacerdote, dottore in filosofia, architetto ed incisore) di Onofrio e Francesca sorella di Laura, madre di don Paolo. Incide il ritratto del soggetto in Michele Frazzetta, Vita virtù, e miracoli del venerabile seruo di Dio, don Girolamo di Palermo…, Palermo 1681, l’antiporta in Matteo Scammacca, Specchio parabolico per li figli d’oggidi…, Palermo 1685. Testimonianza di rapporti, l’informata nota biografica e l’annotazione di morte del 1642, di don Girolamo nei diari di don Santo Gigante, Repertorio di cose più notabili successe in diversi tempi. Palermo Biblioteca Francescana, Ms 33, f.54.[]
  80. Oltre ad una pianta di Palermo del 1704 firma alcune tavole della Descrizione del real tempio e monastero di Santa Maria Nuova di Morreale…, Di Giovan Luigi Lello, curata da M. Del Giudice, Palermo 1702.[]
  81. O. Manganante, BCPa, ms. Qq.D.13, f. 176r.[]
  82. I. Perdicaro Notarbartolo, Cronologiche notitie della vita, morte, e miracoli del b. Giovanni di Dio…, Palermo 1666.[]
  83. O. Pugliesi Sbernia, Aritmetica…, Palermo 1670. Sul Pugliesi, A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. I, p. 293.[]
  84. B. Sanbenedetti, Vita del venerabile seruo di Dio f. Bernardo di Corlione siciliano, religioso laico dell’Ordine de’ Cappuccini…, Palermo 1680, 1690 e 1700.[]
  85. M. Frazzetta, Compendio della vita, virtu, et miracoli di Bernardo da Corleone…, Palermo, 1677. Il Frazzetta promosse il processo canonico. A. Mongitore (Bibliotheca sicula…, T. II, pp. 74-75), ricorda come fu allievo del P. Girolamo da Palermo.[]
  86. M. Frazzetta, Compendio…, 1677, pp. 111-112. Caterina Turrito, figlia dello speziale Francesco e Vita, sorella di Laura madre di don Paolo, il 26 giugno 1645 sposò il medico Luca Monasterio. Forse don Paolo, raccontò l’accaduto indicandola con il cognome da coniugata. Evento che, attraverso fra Bernardino e fra Serafino figli di Maria sorella dell’Amato, giunse al P. Antonino Maria da Ciminna che, in vista della beatificazione, commissionò al P. Fedele da San Biagio la tela con l’Apparizione di Gesù a Bernardo di Corleone, oggi presso il Polo Museale ciminnese.[]
  87. «Si diede alle stampe la sua imagine […], con questo elogio: Effigies fratris Vincentii Ferrero a Panormo, tertii ordinis s. Francisci, in saeculo baro Pittinei, aetatis suae 72, religionis vero 36, omnibus virtutibus et praecipue virginitate praeditus. Obiit quintis februarii 1662 […]». V. Auria, Diari…, in G. Di Marzo, Biblioteca…, s.d. pp. 92-93 che, con variante, copia l’epigrafe sottesa al ritratto che ne riporta O. Manganante, BCPa, ms. Qq.D.13, cit. f. 136r. Sull’erudito Ferreri (1591-1662), A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II, pp. 283-284.[]
  88. D.M. Pasini, Vita, e virtù del venerabile servo di Dio p. f. Gioan Vincenzo Ferreri…, Palermo 1699. Dell’edizione del ’64, ignota al Mongitore, ne fa cenno il Di Marzo in nota all’Auria cit. supra. lasciando il sospetto che possa ritrovarsi presso la BCPa tra il patrimonio non censito.[]
  89. F.A. Monforte, Lallegrezza richiamata: orazione per i funerali di fra Vincenzo Ferreri…, Palermo 1662.[]
  90. M. Del Giudice, Compendiaria notizia della festa di s. Rosalia…, Palermo 1695.[]
  91. A. Anzelmo, Paolo Amato siciliano…, pp. 180-181. La soluzione angolare, paraste sovrapposte con capitello ionico, con variante al fusto, ritornerà nell’arco effimero della Nazione milanese progettato da Andrea Palma, per la coronazione di Vittorio Amedeo d’Aosta nel 1714, nelle architetture della ricostruita Val di Noto.[]
  92. Secondo il catalogo online (acc. 29.12.2017) a F. Amato vanno ascritte: San Giuseppe che insegna a leggere a Gesù Bambino, San Girolamo nel deserto, Sacra famiglia con S. Giovannino, Madonna con Bambino, Riposo durante la fuga in Egitto, San Cristoforo. E. Benezit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs. Paris 1999. Le attuali collocazioni, se non dirimenti, lasciano pensare ad attività lontana dall’ambiente siciliano.[]
  93. Altro esemplare del San Cristoforo presso la Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano datato 1600/1624. lombardiabeniculturali.it/stampe/schede-complete/H0110-04827/ (aggiornata al 28/05/2019).[]
  94. F. De Boni, Biografia degli artisti. Venezia 1840, pp.20-21; si veda anche J.B. Ladvocat, Dizionario storico…, Bassano del Grappa 1773, Tomo I, p. 57 sub voce, Amato (Giannantonio d’).[]
  95. Dizionario Biografico degli Italiani, II, Roma 1960.[]
  96. F. Morabito, Catania liberata…, Catania 1669. Nelle note generali il S.B.N. annota «Antip. con stemma del dedicatario, Pietro Moncada, incisa da Francesco Amato». Sul Morabito poeta, librettista e drammaturgo, A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. I, p.230.[]
  97. T. Tedeschi, Breue raguaglio degl’incendi di Mongibello auuenuti in quest’anno 1669…, Napoli 1669, dedicato a don Carlo Gaetani dell’Aquila portolano di Catania. F. Ferrara, Storia di Catania…, Catania 1829, p. 196, dice il dedicatario secreto di Catania. Sul Tedeschi, A. Mongitore, Bibliotheca sicula…, 1714, T. II, p. 264.[]
  98. A fine 2023 riporta: «Frontespizio con incisione e altro frontespizio».[]