Luisa Chifari

Dalla chiesa di San Cristoforo a quella di San Giovanni dei Napoletani in Palermo: opere restaurate

luisa.chifari@regione.sicilia.it
DOI: 10.7431/RIV26032022

Nel 2022 ricorre il trecentesimo anniversario dell’apparizione della Vergine Santissima, in sogno ad una veggente, perché avesse inizio il culto, per Sua volontà, della Madonna del Lume. Per questo motivo, e non solo, si vuol qui richiamare la storia di questa devozione e anche dar notizia del trasferimento delle opere d’arte appartenenti alla chiesa di San Cristoforo, dove il dipinto forse più importante relativo a questa iconografia mariana si trovava, in quella di San Giovanni dei Napoletani a Palermo. Alla fine del 2018, infatti, a causa da un lato dell’incuria e dall’altro dei pochi mezzi a disposizione destinati alla salvaguardia dei beni culturali locali, crollava parzialmente, e non per la prima volta, il tetto della chiesa di San Cristoforo nell’omonima via (traversa di via Roma), divenendo così inagibile. Il rettore, don Giacomo Ribaudo, rettore anche della chiesa di San Giovanni dei Napoletani sita in piazza Marina, fece trasferire tutti i beni dall’una all’altra, allo scopo di trarli in salvo nell’eventualità che il tetto crollasse definitivamente. Il trasloco delle opere in San Giovanni fu effettuato il 30 marzo del 2019 da alcuni volontari che si occuparono anche di appendere i dipinti dando loro una collocazione, sia pure un po’ improvvisata. Si tratta di quattro dipinti ed una statua che rappresenta San Cristoforo con il Bambino Gesù (Fig. 1).

I dipinti raffigurano Sant’Antonio da Padova (Fig. 2), che fu situato sulla controfacciata per le sue notevoli dimensioni, la Sacra Famiglia (Fig. 3), collocato nella navata di destra, accanto alla cappella di San Giovanni, e nella navata di sinistra Maria con San Gaetano (Vicenza, ottobre 1480 – Napoli, 7 agosto 1547) e Sant’Andrea Avellino (Castronuovo di Sant’Andrea, 1520 – Napoli, 10 novembre 1608, Fig. 4), questi ultimi riconoscibili entrambi con un ramo di gigli e con lo stesso abito talare nero poiché appartenenti alla stessa congregazione di Chierici regolari Teatini; infine, il quadro più significativo dal punto di vista storico e devozionale in quanto legato, appunto, proprio al culto della Madonna del Lume, che in esso è raffigurata (Fig. 5).

Oltre ad indicare la nuova collocazione delle opere citate, un altro scopo del presente scritto è quello di segnalare i restauri conservativi di cui furono oggetto queste opere, effettuati negli anni tra il 2002 ed il 2005, ed eseguiti dal restauratore Claudio Mastropaolo 1.

L’azione di recupero di questi preziosi ed antichi beni viene documentata qui attraverso le fotografie dei restauri del dipinto raffigurante Sant’Antonio (Figg. 678), della tela della Sacra Famiglia (Figg. 910), di quella con Maria, San Gaetano e Sant’Andrea Avellino (Fig. 11), ed infine di quella della Madonna del Lume (Figg. 1213) e della gigantesca statua lignea di San Cristoforo, prima e durante i lavori, alla quale è stato riservato un intervento scientifico come per tutte le altre opere d’arte (Figg. 141516171819); su queste due ultime opere si focalizzerà l’attenzione.

La statua, dopo essere stata conservata per molto tempo al Museo Diocesano di Palermo per il suo pessimo stato di conservazione, nel 2000 venne restituita dietro sua insistente richiesta, al Rettore della chiesa di San Cristoforo 2. Fu ricongiunta la gamba destra che era stata fortemente degradata dall’azione degli insetti xilofagi (Fig. 20), ricostruito il piede sinistro (Fig. 21), come pure una parte mancante del retro dell’opera, proprio dove era presente un grande foro, sulla spalla (Fig.  22), tenendo conto del valore devozionale oltre che artistico dell’opera.

In un antico testo di Maini che narra la vita del Santo e la tradizione relativa al suo martirio, si legge: «Credettesi già un tempo che quegli che avesse veduto la imagine di san Cristoforo, fosse salvo per quel giorno da mala morte. Di qui, secondo alcuni, l’uso di porre la statua colossale di lui all’ingresso delle chiese, affinchè per ragione sì della grandezza sua come del luogo assegnatole, potesse più facilmente cadere sotto gli occhi di ognuno [···]» 3. Ed ancora Maini, riportando ciò che scrissero gli agiografi relativamente a San Cristoforo, riferisce che: «[···] il nome ed il culto di questo Santo sono celebri, gli atti però del suo martirio variano assai. Gli Orientali hanno sempre avuto per lui somma venerazione e ne celebrano la festa ai 9 di maggio; ma la Chiesa di occidente ai 25 di luglio, in cui è notata negli antichi martirologi [···]. Ma qualunque sia la diversità del suo martirio, non è però men certo che i nostri antichi avevano per lui una divozione particolare. Siccome sant’Ignazio di Antiochia si era dato il soprannome di Teoforo per esprimere più chiaramente il suo amore per Gesù Cristo; della stessa maniera si crede che il soprannome di Cristoforo fosse stato preso per lo stesso motivo dal santo Martire di cui parliamo. Era dipinto in persona da gigante, portante il fanciullo Gesù sulle spalle e traversante il mare [···] delle tribolazioni, pel quale debbono passare tutti i fedeli per giungere al cielo [···]» 4.

È da rilevare che i dipinti, sia quello della Madonna del Lume, sia quelli che rappresentano i Santi, nonchè la grande statua di San Cristoforo, opere oggi tutte nella chiesa di San Giovanni dei Napoletani, sono state sempre insieme nella chiesa di San Cristoforo, probabilmente da quando vi furono trasferite dalla più antica chiesa dedicata allo stesso Santo, in via del Celso, come si dirà più avanti.

Da quanto scritto nel Palermo d’oggigiorno, infatti, si apprende che nella chiesa «si vede il quadro della Madonna del Lume nel primario altare, ed altri quadri di vari Santi sono ne’ secondarii. E la statua di S. Cristoforo, ch’è ora il titolare della chiesa, sta nella sagrestia.» 5, quindi nell’attuale chiesa intitolata al Santo. Inoltre, si legge che questa è la statua del Santo, la cui festa ricorre il 25 luglio, e che «si conduce nelle processioni ordinarie della città» 6.

Da qui l’altro elemento che si deduce riguarda proprio il fatto che il grande dipinto, settecentesco, della Madonna del Lume, è lo stesso che provenne dapprima dall’antica chiesetta di San Cristoforo di via del Celso nell’attuale edificio ecclesiastico quasi cadente ed in rovina, al Santo dedicato. Si ritiene che si tratti di una delle copie più antiche.

Le copie ad oggi esistenti di questa Madonna, di pittori siciliani degli inizi del XVIII secolo, sono molteplici, grazie al fatto che il culto si diffuse ben presto e come ha scritto la Di Natale nel 1993, in occasione della mostra sulle confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo da lei curata, «ancora un dipinto, la cui immagine con frequenza ricorre in numerose confraternite della Diocesi, è quello della Madonna del Lume, alla quale molte congregazioni sono intitolate. Due tele si trovano nell’omonima confraternita, che ha sede nella chiesa del Noviziato dei Gesuiti, un’altra nella chiesa di S. Maria del Lume a Porticello e un’altra ancora a Misilmeri (nella confraternita dei Miseremini), a Trabia (nella Chiesa Madre), a Caccamo (nella Chiesa Madre), a Marineo (nella chiesa di S. Anna), a Salemi (nel collegio di Maria) e nel Museo Diocesano di Palermo (forse quello in questione che come la statua lì giaceva prima dell’ultimo restauro). Il tema è ripreso ancora nell’Ottocento da Luigi Lo Jacono, come nota Laura Bica a proposito della tela della confraternita di Maria SS. Addolorata ai Cassari. A Misilmeri s’incontra poi una variante iconografica della Madonna del Lume appartenente alla confraternita di Gesù e Maria del Lume, ora sita nella sede parrocchiale costruita al posto della chiesa. La tela riunisce l’iconografia di Gesù e Maria e quella della Madonna del Lume» 7. Sono state in seguito individuate altre copie 8.

Inoltre, è da ritenere che il dipinto, oggi portato in San Giovanni, sia quello appartenuto da sempre alla Confraternita della Madonna del Lume, come può dedursi da un’attenta analisi delle fonti storiche.

Il culto della Madonna del Lume fu strettamente legato a S. Cristoforo, come  ribadisce Santi Gnoffo, il quale scrive che proprio in via San Cristoforo «c’era la chiesa, fondata nel 1743, intitolata alla Madonna del Lume 9, così come, a fine Ottocento, già riferiva il Di Marzo nel Il Palermo d’oggigiorno: «Questa chiesa odierna di s. Cristoforo, posta in città e in una strada della contrada del Giardinazzo, nel quartiere della Kalsa, fu per l’avanti chiesa della Madonna del Lume, stata fondata sul 1743 dal sacerdote Benedetto Felice, palermitano, istituendovi una congregazione sacra alla Vergine, composta di onesta devota gente» 10.

In realtà la confraternita della Madonna del Lume non risulterebbe nata nel 1743, ma Laura Bica riporta quanto riferiva nel 1958 Romano, ovvero che il quadro della Madonna del Lume della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio di Misilmeri è di Ninuzzo Rao, del 1720, quindi risulta essere una delle più antiche copie 11. La Bica inoltre nota che: «la devozione al culto antico della Madonna di Libera Inferni […] nel Settecento palermitano, prende la moderna denominazione di Madonna del Lume» 12.

Il Mongitore, a proposito della Madonna Libera Inferni nella Cattedrale di Palermo, racconta l’antica storia: «Nel destro fianco della Cattedrale, […], v’ha la cappella dedicata a Maria Vergine, in cui si venera un simulacro nobilissimo della SS. Vergine. È la statua di ordinaria corporatura, e di candido marmo […]. Stringe al petto col braccio sinistro il suo Celeste Bambino, cui con la destra porge l’abbondante mammella: e il dolcissimo Infante è in atto di riguardar la Sua amatissima Madre, stendendo al verginal seno le braccia in tal modo, che col vezzoso atteggiamento è valevole a svegliare tenerissimi affetti […] Statua di tal pregio […] l’artefice che la scolpì fu Francesco Laurano Veneziano (Francesco Laurana), abitator di Palermo […], s’obbligò scolpire una statua marmorea di Maria Vergine, simile […] al simulacro […] che si venera nella Chiesa dell’Annunciazione fuori le mura di Trapani, per lo prezzo di oncie venticinque […] per lo contratto rogato in Palermo da Notar Antonio di Messina, nell’anno 1469» 13.

In realtà la statua era destinata alla Chiesa di Erice, ma i Palermitani si rifiutarono di darla perché, una volta scolpita, la ritennero tra le statue più belle di Sicilia, e la collocarono nella loro Chiesa Madre. Per Erice ne fu realizzata un’altra. Fu detta Madonna Libera Inferni perché “rispondendo all’affetto palermitano, mostrò la materna pietà, con operare per mezzo di questo Suo simulacro molti miracoli” 14. Nell’antico zoccolo della statua, rifatto nel 1684 si legge “Santa Maria Maiury 1469”, detta quindi anche Santa Maria Maggiore fin quando in questa cappella della cattedrale fu sostituita con il quadro della Presentazione di Maria Vergine, durante i lavori nel 1508 del famoso scultore Antonio Gagini. Da allora cominciò a celebrarsi ogni anno la sontuosa festa della Solennità della Presentazione di Maria Vergine, il 21 novembre. Si chiamò definitivamente Madonna Libera Inferni, ovvero liberatrice dal Purgatorio, quando fu dato un Breve nell’anno 1576 da Gregorio XIII e concessa l’Indulgenza della liberazione d’un anima del Purgatorio, per ogni messa detta nell’altare di questa Vergine con qualunque sacerdote celebrante. La Madonna Libera Inferni concesse il suo potentissimo patrocinio alla città di Palermo quando la liberò dalla peste del 1575 il 13 di novembre, giorno in cui si svolse l’unica processione in cui la statua venne portata per tutta la città. Non è solo a Palermo che vive la devozione a questa Madonna, «ma si è anche estesa per molte città e Terre di Sicilia. In Palermo vi furono due chiese sotto lo stesso nome di S. Maria Libera Inferni […]» 15.

Ritornando alla festa della Presentazione di Maria Vergine, un anonimo sacerdote, nel 1786, così scrisse: «Per la festa della Presentazione della Vergine al Tempio, la Chiesa ricorre al Protovangelo di Giacomo (risalente al III secolo) che ne parla così: “Tutte le fanciulle della città prendono le fiaccole ed un lungo corteo luminoso accompagna la Bambina nel tempio del Signore. Qui il sacerdote l’accoglie dicendo: Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni; in te, nell’ultimo dei giorni, Egli manifesterà la sua redenzione ai figli di Israele…”. E ancora: “Maria stava nel tempio del Signore come una colomba allevata, e riceveva il cibo per mano di un angelo”. Questa antica memoria liturgica, caratterizzata dalla luce, è celebrata il 21 novembre sia dalla Chiesa cattolica che dalla Chiesa ortodossa. Il 21 novembre 1722, festa di luce, la Madonna apparve a Palermo nella chiesa di S. Stanislao Kostka. La Madonna disse alla veggente: “Voglio essere dipinta su una tela come tu mi vedi ora, e voglio essere invocata col nome di Madre SS.ma del Lume”. Questa espressione è stata ripetuta dalla Madonna per ben tre volte. Ella inoltre promise che chiunque l’avesse invocata con quel nuovo Titolo sarebbe stato colmato di ogni grazia e benedizione. Poiché il quadro che venne realizzato non corrispondeva in tutto alla visione, la Vergine invitò la veggente a chiedere al pittore di dipingerne un altro; Lei stessa sarebbe stata presente: “Solo tu mi vedrai, e mentre tu suggerirai al pittore quello che dovrà fare, io guiderò invisibilmente il pennello in modo tale che tutti capiranno che a guidare il pittore è stata una mano superiore”. Il secondo dipinto, bellissimo, ebbe l’approvazione della Vergine che, decretandolo miracoloso, lo benedisse ripetendo la precisa richiesta di essere venerata in esso con lo specifico nome di “Maria Madre Santissima del Lume”. Quindi affidò la sua nuova immagine alla custodia di quattro Serafini, spiegò in che modo desiderava essere venerata, fissò il giorno della sua Festa, chiese di essere fatta conoscere e di divulgare la devozione alla sua nuova Immagine e al suo nuovo Titolo. Non si conosce il nome della veggente e il pittore non ha firmato l’opera» 16.

Nelle numerose altre fonti 17, come ad esempio i documenti conservati negli archivi parrocchiali, e nelle tradizioni orali relative al culto di Maria SS. Del Lume, l’origine del quadro miracoloso è connessa al missionario gesuita padre Antonino Genovesi; egli, «morto di colera nel 1743, […]  aveva portato con sè dai suoi viaggi un dipinto su tela della Madonna. […]. il missionario affidò ad una pia donna il compito di interrogare la Madonna su come volesse essere raffigurata. Un giorno, durante le preghiere, la veggente fu rapita in estasi da una apparizione della Madonna […]» 18, che le rispose. Il sacerdote Genovesi della Compagnia di Gesù, originario di Palazzo Adriano 19, fece dipingere il quadro che si ritenne miracoloso, da un pittore rimasto ignoto.

Il quadro preso qui in esame, settecentesco, potrebbe dunque essere quello originario voluto dal promotore del culto della Madonna del Lume, padre Genovese, se non fosse che nel suo testamento disponeva che il dipinto originale di tale Madonna rimanesse nella Chiesa di Casa Professa dove venne conservato e successivamente, con i bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, andò perduto 20. Ma se fosse veritiera l’ipotesi suddetta per cui furono due i quadri voluti da Maria Santissima stessa, potrebbe essere questo il secondo mentre a Casa Professa sarebbe andato il primo?

È possibile affermare che il dipinto della Madonna del Lume di cui qui si sta analizzando la possibile provenienza, anche se non dovesse essere il primo in assoluto, è sicuramente una tra le prime copie, considerando che il culto si fa risalire al 1722 e che sicuramente quello che è sempre stato in San Cristoforo, lì venne portato nel 1736 come seconda collocazione, come si evince ripercorrendo brevemente la storia che segue.

San Cristoforo, come si è detto, ebbe la sua prima sede, molto tempo prima, in una chiesa a lui intitolata nella strada del Celso. Nel Palermo d’oggiorno, si legge: «Coll’occasione di aver dovuto servire alli Gesuiti l’antica chiesa della confraternita di s. Cristoforo, che ab antiquo stava al Celso, nel quartiere del Capo, per addizione alle fabbriche del lor convitto di nobili, da essi loro istituito nel 1729, allor si fu che li detti Gesuiti, dovendo ristorare la confraternita della occupatavi lor prisca chiesa, si comprarono questa chiesa della Madonna del Lume colla casa del cappellano insieme, […] circa l’anno 1763, per lo capitale di once 400, trasferendovi in essa l’antica confraternita, che consta dell’unione delli algozirii e ufficiali di giustizia [···]» 21. In sostanza, i Gesuiti avevano necessità della chiesa di S. Cristoforo di via del Celso per l’ampliamento del loro convitto e comprarono l’attuale San Cristoforo dove trasferirono quella confraternita.

Scrive in proposito Francesco Lo Piccolo: «i padri Gesuiti, allo scopo di ampliare il convitto dei nobili, nel 1763 acquistarono la chiesa e concessero alla Confraternita quella della Madonna del Lume nella contrada del Giardinaggio» 22.

Il quadro della Madonna del Lume molto probabilmente era già esistente quando la maestranza dei venditori di olio, detti cafisari, dalla misura di capacità che adoperavano (dall’arabo Cafiz, misura araba di volume per l’olio), volendo formare la relativa Confraternita nata nel 1729 in una struttura propria, nel 1731 iniziarono la costruzione della chiesa di Sant’Oliva nel quartiere del Giardinaggio, ma rimase incompiuta per mancanza di fondi. La concessero quindi alla Congregazione della Madonna del Lume della maestranza dei Mezzani (ovvero venditori) della chiesa di S. Cristoforo (ancora in via del Celso), che la portò a termine, e che possedeva già, il quadro della Madonna del Lume della stessa confraternita, dato che nel giorno dell’inaugurazione della chiesa, il 17 giugno del 1736, questo dipinto venne traslato nella nuova chiesa con solenne processione e con la partecipazione dei Mezzani (venditori ambulanti) e dei padri Carmelitani dei conventi della città, secondo un percorso descritto dallo stesso Lo Piccolo: «Uscì la processione dalla chiesa di S. Francesco dei PP. Conventuali, e dei padri Carmelitani, portandosi alla nuova chiesa il quadro di S. Maria del Lume, andò al Cassaro, solo sino alle 4 Cantonere e torcendo il cammino entrò nella strada della Ferraria (l’attuale via Calderai) e si portò alla chiesa al Giardinazzo» 23. Qualche tempo dopo venne trasferita nella nuova chiesa anche l’antica statua in legno dorato di S. Cristoforo dove c’era già nell’altare il dipinto della Madonna del Lume 24. Il dipinto della Madonna del Lume in questione, quindi, è sempre stato in San Cristoforo, insieme alla statua.

La presenza dei padri Carmelitani alla processione del 17 giugno 1736 è motivata dal Mongitore che nota come l’antica chiesa di S. Cristoforo fosse in uso prima dei monaci Basiliani e poi dei Carmelitani, ed infine venisse distrutta per ampliare il convitto dei Gesuiti, come si è già detto 25.

Nel 1736, secondo il Di Franco 26, un gruppo di operai di diverse arti e mestieri fonda la congregazione dedicata a Maria SS. del Lume, nella omonima chiesa in via del Lume, adiacente al Noviziato dei Gesuiti, e, distrutto il tempio, i confrati si stabilirono sin dal lontano XVIII secolo nei locali della chiesa di San Stanislao. Questa denominazione della confraternita di Maria SS. del Lume, sin da quell’anno, era stata attribuita solo per la presenza della rispettiva chiesa in via Lume? In ogni caso fu proprio in San Stanislao, cappella del noviziato gesuitico, che secondo la tradizione, il 21 novembre del 1722, la Vergine Santissima era apparsa alla veggente.

Il 6 febbraio 1738, con breve atto apostolico, Papa Clemente XII autorizzò il Culto della Madonna del Lume, stabilì la data della festa nella seconda domenica di settembre e concesse l’indulgenza plenaria ai devoti che in quel giorno partecipano alla S. Messa. La nuova devozione era stata approvata e diffusa nel mondo anche dai Pontefici Benedetto XIV e Clemente XIII, che concessero varie Indulgenze 27.

L’auspicio di oggi è che queste opere d’arte possano divenire oggetto di una maggiore attenzione per la loro salvaguardia e conservazione, così da poter essere tramandate ancora alle future generazioni, come gli edifici architettonici ed ecclesiastici della città di Palermo ed i beni storico-artistici mobili in essi contenuti.

Purtroppo è tristemente da segnalare che anche nella chiesa di San Giovanni dei Napoletani è presente un notevole degrado che riguarda pure gli stucchi attribuiti a Procopio Serpotta, che versano attualmente in uno stato di conservazione tutt’altro che buono, a causa principalmente dell’umidità da risalita dal terreno su cui poggia la chiesa, tale da farne temere gravi danni.

  1. Ringrazio Claudio Mastropaolo, monrealese, a cui si devono importanti restauri nel mondo, come quello, per esempio, delle colonne della chiesa della Natività a Betlemme, restauratore dei quattro dipinti e della statua di San Cristoforo, per avermi fornito tutte le fotografie dei lavori svolti, qui pubblicate, autorizzati dalla Soprintendenza di Palermo e dalla Curia, finanziati dalla comunità di laici afferente a San Cristoforo, e dai parrocchiani della chiesa della SS. Trinità detta La Magione dove a quel tempo don. Giacomo Ribaudo era parroco.[]
  2. La notizia della restituzione nell’anno 2000 della statua di San Cristoforo a Don Ribaudo da parte del Museo Diocesano si rileva da testimonianza orale.[]
  3. L. Maini, Legenda di San Cristoforo edita secondo la lezione di un codice antico ad illustrazione di una vecchia pittura testè scoperta nella cattedrale di Modena, Modena 1854, p. 5.[]
  4. L. Maini, Legenda di San Cristoforo…, 1854, p. 8.[]
  5. F.M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Il Palermo d’oggigiorno. Opere storiche inedite sulla città di Palermo ed altre città siciliane, pubblicate su’ manoscritti della Biblioteca Comunale, a cura di G. Di Marzo in Biblioteca Storica e Letteraria di Sicilia, s. II, t. III, vol. XIII, Palermo 1873, p. 358.[]
  6. Ibidem.[]
  7. M.C. Di Natale, Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo. Committenza, arte e devozione, in Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo, storia e arte, catalogo della mostra a cura di M. C. Di Natale, Palermo 1993, p. 59-60. Si veda pure: L. Bica, Scheda II, 17 in Le Confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, p. 155-156.[]
  8. Ad esempio una tela con il soggetto di questa Madonna riguarda un ritrovamento, relativamente recente, in Sicilia: sul sito web madonna del lume – genesi di un restauro (bronteinsieme.it) Monsignor L. Longhitano, rettore della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Bronte, riferisce che nel corso dei lavori di alcuni restauri architettonici della chiesa, dietro una paratia nella cantoria era stata rinvenuta nel 2010 una tela della Madonna del Lume; inoltre, scrive (09.04.16) che le origini della devozione alla Madonna del Lume sono state ritrovate a Palermo nella Biblioteca nazionale 1° volume (scheda 4/16/A/1- 2) ed a Roma nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele, 2° volume scritto e pubblicato nel 1733 dal Gesuita Padre Antonio Genovese, in forma anonima, promotore del culto della Madonna del Lume.[]
  9. S. Gnoffo, A spasso nel tempo. Dizionario storico e toponomastico di Palermo, s.l. 2016, pp. 113, 114.[]
  10. F.M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Il Palermo d’oggigiorno…, in Biblioteca Storica…, 1873, p. 358. Il Giardinazzo, non esistendo ancora la via Roma, comprendeva la zona dell’attuale via S. Cristoforo, fino alla Kalsa. Si veda C. Piola, Dizionario delle strade di Palermo, Palermo 1870, p. 121: «via Giardinaccio: Mand(amento) Trib(unali) – Via Maqueda. Nei tempi antichissimi era qui un giardino, che si estendeva sino alla porta di Termini, oggi Garibaldi, dove si formavano delle paludi, le quali rendevano l’aria malsana, e cagionavano gravi malattie. Per la qual cosa il popolo cominciò per strapazzo a denominarlo Giardinaccio». Il Giardinazzo comprendeva vicoli e vicoletti.[]
  11. L. Bica, Scheda II,17 in Le Confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, p. 156. F. Romano, Chiesa Anime Sante, Palermo 1958, p. 24.[]
  12. L. Bica, Scheda II,17 in Le Confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, p. 156. V. Vadalà, Palermo sacro e laborioso, Palermo 1987, p. 323.[]
  13. A. Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine, e Maria Vergine protettrice di Palermo, t. I, vol. 1, cap. X: La Madonna di Liberi inferni nella Cattedrale, Palermo 1719, p. 318.[]
  14. Ibidem.[]
  15. A. Mongitore, Palermo divoto…, 1719, p. 329: «una de’ quali era nella contrata del Capo, che nel 1476, era Gangia de’ Padri Cisterciensi, che abitavano allora il Monastero di S. Maria delle Grazie (oggi de’ Frati Osservanti di S. Francesco) […], in piedi nel 1590, presso il Monastero dell’Immacolata Concezione […], benché poi andò in rovina. Altra n’avea presso la porta di Vicari de’ Calzettieri […] che passò sotto il nome di S. Maria della Raccomandata». Ciò spiegherebbe probabilmente la presenza dei Frati di S. Francesco quando nel 1736 con una processione il quadro della Madonna del Lume fu portato nella sua chiesa di appartenenza: v. infra.[]
  16. Breve notizia della Sacra Immagine della Madre SS. del Lume e del suo glorioso Titolo, Bologna 1786, http://www.madonnadellumedimelara.it.. La madre santissima del lume da Palermo al mondo, atti del primo convegno Internazionale a cura di G. Tesè, https://perlasicilia.blogspot.com› 2020/04 › giovanni-tesè: vi si legge che forse la veggente fu la marchesa Ugo delle Favàre. (Consultazione  novembre 2022).[]
  17. U. Russo, La Madonna del Lume La storia il culto, il restauro dell’Immagine, Palermo, 2002. G. Lanzafame, La Madre Santissima del Lume – Una devozione siciliana per il mondo, Catania 2010. G. Tesè, La Madre Santissima del Lume – Tra fede, storia, arte e leggende, “Collana Imago mundi”, 2ª ed., Chieti 2013. M. Orioli, La Madonna del Lume di Melara – Una terra, una storia, un quadro, un mistero, s. l., 2013. La Devozione a Maria Madre Santissima del Lume. Versione riveduta dell’opera di p. Giovanni Antonio Genovese (1733), a cura di M. Orioli-G. Tesè-N. Agnello, s. l., 2017. R. Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Milano 2020, p. 410.[]
  18. O. Sorgi, La pesca e i suoi numi tutelari. Il culto di Maria Santissima del Lume a Porticello in Santi a mare. Ritualità e devozione nelle comunità costiere siciliane, a cura di I. Buttitta-M. E. Palmisano, Palermo 2009, p. 53-65, in part. p. 54. Si veda anche Chavez don Gabino, Devocionario de la Madre Santisima de la Luz, IV Ed., Mexico 1940.[]
  19. B. De Marco Spata, Nascita di una Chiesa. “Maria Madre SS. del Lume”. Parrocchia Latina di Palazzo Adriano, Palermo 1984.[]
  20. Il sito web: madonna del lume – genesi di un restauro (bronteinsieme.it) è la fonte della notizia secondo la quale nel suo testamento, Padre A. Genovese disponeva che il dipinto originale rimanesse a Casa Professa; viene anche detto che una copia che si trova in Messico nella Cattedrale di Leòn, di cui la Madonna del Lume è protettrice, vi fu  portato dal fratello di padre A. Genovese e porta sul retro la scritta: “benedetto dalla Vergine SS. a Palermo”.[]
  21. F.M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Il Palermo d’oggigiorno…, in Biblioteca Storica…, 1873, p. 358.[]
  22. F. Lo Piccolo, Le confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo, il tempo passato, la città, scheda VII. 52, in Le confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, pp. 291-329, a p. 302.[]
  23. F. Lo Piccolo, Le confraternite …, scheda VII. 202, in Le confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, pp. 324-325. Cfr. anche: V. Vadalà, Palermo sacro…, 1987.[]
  24. F. Lo Piccolo, Le confraternite …, scheda VII. 52, in Le confraternite dell’Arcidiocesi…, 1993, pp. p. 302.[]
  25. F. M. Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Il Palermo d’oggigiorno. Opere storiche …, in Biblioteca Storica…, 1873, p. 359, n. 2; si veda pure Biblioteca Comunale di Palermo, A. Mongitore, Le confraternite, le chiese di nazioni, di artisti e di professioni, le unioni, le congregazioni e le chiese particolari, ms Qq E9.[]
  26. C. Di Franco, Panormus, profilo storico del settecento in https://www.palermoweb.com/panormus/associazione/periodostorico.htm). (data della consultazione del sito novembre 2022).[]
  27. http://www.madonnadellumedimelara.it/il-nuovo-altare-e-l-indulgenza-papale.html  La Madonna del lume di Molara, a cura di M. Orioli-F. Soffiatti. (Data della consultazione del sito settembre 2022).[]