Valentina Filamingo

Una stilista artigiana di nome Maria Monaci Gallenga

valentina.filamingo@cultura.gov.it
DOI: 10.7431/RIV26082022

«Tra le donne…genialmente operose nel campo della moda» [era] «una signora che a Roma appartiene per nascita e per rango alla migliore società, ha squisita coltura, un giorno s’è divertita al tentativo di dipingere su stoffa in maniera inalterabile, è riuscita, ci si è appassionata, ora le esposizioni di vestiti che ella minia d’oro e d’argento riscuotono anche fuori d’Italia vivissime simpatie»
(Sibilla Aleramo, Arte anonima, in “Resto del Carlino”, 25 novembre 1919)

Una veste soprabito in velluto color carta da zucchero con motivi stampati in color oro e argento e fodera in chiffon degli inizi del XX secolo (Fig. 1) è la più recente acquisizione di moda 1 del Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti Decorative il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX. Sul fianco destro dell’abito, al di sotto della manica, si legge una firma: «Maria Monaci Gallenga» (Fig. 2). Il capo d’abbigliamento rappresenta un’occasione unica per apprezzare l’arte e l’ingegno creativo della donna designer, imprenditrice e promotrice 2 del Made in Italy in Europa e negli Stati Uniti tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo, andando ad arricchire il già nutrito nucleo di opere di arti applicate del Museo Boncompagni Ludovisi relativo alla realtà artistica e culturale romana dei primi decenni del Novecento 3. Maria Monaci Gallenga (Roma, 1880-Passignano sul Trasimeno, 1944) ha infatti svolto una pioneristica attività di imprenditoria femminile 4. Nelle sue stoffe decorate e nei suoi prodotti dell’arte tessile si è manifestata quella che Umberto Nebbia nel 1925 sulla rivista “Emporium” definì «la gentile e geniale attività di Maria Gallenga» 5.

Gentile per l’eleganza, geniale potremmo dire perché inventò un’originale tecnica di stampa su tessuto. Tutto nacque quasi per diletto giovanile. Dai primi esperimenti di pittura con i succhi d’erba 6 – tecnica a pigmenti naturali diluiti con allume e succo di limone molto in uso nel XVII secolo a imitazione delle tappezzerie – Maria Monaci approda negli anni Dieci alla brevettazione di una tecnica di stampa 7 su tessuto prezioso mediante l’uso di matrici in legno e di pigmenti metallici (oro zecchino e argento 800/00 8).

Presso il villino Gallenga 9 sito in via Morgagni n. 35 nel quartiere Nomentano di Roma, abitazione e studio artistico, la stilista artigiana utilizzava matrici di legno sulle superfici tessili, già tagliate nei modelli scelti di volta in volta 10. Le matrici impregnate di una sostanza collante imprimevano un disegno sul tessuto sul quale veniva poi distribuita una polvere di pigmenti metallici in oro e argento. I colori venivano sfumati a pennello uno nell’altro ottenendo un effetto che faceva sembrare il tessuto dipinto, anziché stampato 11. Ciò le consentiva di creare prodotti unici.

I disegni impressi sui tessuti mediante la tecnica delle matrici in legno erano ispirati a modelli medioevali e rinascimentali da lei reinterpretati in chiave moderna. Le stoffe lucchesi del Trecento 12 furono un motivo fondamentale di ispirazione. Nella produzione della città toscana era ricorrente un elemento floreale, l’arabesco, che ritorna nelle decorazione delle stoffe di Maria Monaci così come le figurazioni di animali strettamente incluse in una variegata ornamentazione vegetale 13. Nella veste soprabito recentemente acquisita dal Museo Boncompagni Ludovisi è possibile trovare un esempio di questa decorazione (Fig. 3). Un’altra fonte di ispirazione per gli abiti furono i disegni realizzati per lei da noti artisti dell’epoca (Galileo Chini, Gino Carlo Sensani, Romano Romanelli e altri) 14.

«Farò delle stoffe decorate anche più belle!» esclamò Maria Monaci Gallenga dopo aver visto i tessuti dell’artista catalano Mariano Fortuny Madrazo 15. Si potrebbero aggiungere due aggettivi: “uniche” e “artigianali”. Mentre il poliedrico artista che rivoluzionò la cultura a Venezia utilizzava macchinari nella stampa di tessuti, Maria ricorreva esclusivamente al metodo artigianale segreto da lei brevettato per una produzione di alta sartoria artistica che garantiva ai capi morbidezza e leggerezza.

Davanti alla sensuale veste soprabito del Museo Boncompagni Ludovisi, calzano a pennello le parole scritte da Marc Hélys, pseudonimo della giornalista e scrittrice francese Marie Léra, su “Le Correspondant” in occasione dell’Exposition Internationale des Arts Decoratifs et Industriels Modernes al Grand Palais di Parigi (1925) a cui Maria Monaci Gallenga aveva partecipato con uno stand:

«un velluto incredibilmente morbido, ricoperto da un disegno dorato stampato nel tessuto che conserva tutta la sua morbida morbidezza. e questo oro non ha niente di luccicante, niente di aggressivo nella sua ricchezza: è semplicemente un riflesso luminoso sulla profondità o sul calore del fondo, sulla trasparenza del crêpe o della mussola» 16.

Se la moda ricalca lo spirito del tempo (Zeitgeist) 17, in Maria Monaci Gallenga siamo davanti a qualcosa di differente. Maria Monaci è stata definita una secessionista rispetto al fare moda del suo tempo. L’avvento della società dei consumi stava imponendo infatti la scomparsa di abiti confezionati da sarti con stoffe accuratamente scelte 18. Il capo di abbigliamento nella società di massa iniziava a essere soggetto alla standardizzazione e alla rapida obsolescenza. L’impresa di Maria Monaci rappresentò invece negli anni Venti del Novecento un esempio pregiato ed eccezionale di lavorazione a mano, isolato da ogni discorso di serialità 19. Una piccola industria artigiana d’alta classe dove si realizzava un connubio perfetto tra Arte e Moda. Maria Monaci diede così origine a oggetti d’arredamento, ma soprattutto abiti e accessori – abiti da casa, mantelli, abiti da thè, cappe, abiti da sera, giacche da signora, kimono, scialli, borse, finanche giacche da uomo – che le valsero grande apprezzamento e notorietà a Roma, in Italia e all’estero.

I modelli prendevano forma su tessuti preziosi come sete, chiffon, crêpe de chine, velluti e crespi di seta nelle tonalità del rosso lacca, del nero, o della carta da zucchero come la veste soprabito nella collezione del Museo Boncompagni Ludovisi (Figg. 45). Le sete provenivano inizialmente da ditte francesi come la Becker Fills di Parigi 20 e, successivamente, nel periodo dell’autarchia economica imposta dal Fascismo da ditte italiane (es. Setificio Fiorentino, Opifici Serici di Napoli) 21.

Le creazioni Gallenga erano vendute nella boutique romana aperta dopo la fine della prima guerra mondiale al civico n.6 di via Veneto, l’aristocratica via che guidava «il passeggero verso gli edifici dei grandi alberghi dell’urbe, attraverso una teoria gioconda di aiuole fiorite» come la recensì Carlo Montani nel 1928 su “La Casa bella” 22. L’elegante locale intercettava una clientela alto borghese e nobile – in primis romana, ma anche europea e americana – nonché dive teatrali e cinematografiche del tempo.

«Non vi è dama forestiera ormai che avendone sentito decantare la bellezza, non si lasci sedurre dal fascino malizioso di quei riflessi, di quei colori, che in armoniche forme di disegni si sprigionano dalle mantiglie, dagli abiti confezionati nei laboratori Gallenga 23».

Basti ricordare alcuni nomi di clienti della boutique Gallenga: Eleonora Duse, Gladys Cooper, donna Franca Florio, le principesse Borghese Ercolani e Borghese Lavazza, Marga Sevilla, Lillian Gish, Lina Cavalieri, Francesca Bertini 24.

La stilista artigiana diede a poco a poco vita ad una rete di boutique in Italia e all’estero secondo un sistema che alcuni studiosi hanno definito di “franchising25 ante litteram: una diffusione capillare di punti vendita e distributori da Roma a Firenze, da Parigi 26 ad Amsterdam 27, da New York a Chicago 28, grazie anche alla partecipazione a Mostre ed Esposizioni Internazionali di artigianato e arti applicate.

Si ritirò dall’attività nel 1938, lasciando al figlio Mario Gallenga la conduzione del negozio che fu trasferito dopo la seconda guerra Mondiale da via Veneto a via Ludovisi 29. Negli anni Settanta, gran parte degli abiti, il brevetto e 7000 stampi in legno 30 furono ceduti dal figlio alla sartoria teatrale e cinematografica Tirelli 31. Creazioni Gallenga comparvero così anche in celebri film come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) per la regia di Elio Petri. L’attrice protagonista Florinda Bolkan indossa un modello Gallenga 32 in alcune celebri scene con Gian Maria Volontè. Capi firmati Gallenga sono stati donati nel corso degli anni Ottanta dalla Tirelli Costumi alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti 33, tra questi un abito realizzato per Donna Franca Florio in velluto chiffon di seta con motivi di ispirazione orientale (1927-1928). Altri appartengono ancora oggi a collezioni private 34.

  1. La sopraveste è stata acquistata nel 2021 dal Ministero della Cultura ai sensi dell’art. 70 (Acquisto Coattivo) del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) per destinarla alle collezioni del Museo Boncompagni Ludovisi.[]
  2. Cfr. A.M. Di Stefano, Maria Monaci Gallenga, un’ambasciatrice italiana nel mondo tra arte e moda, https://www.golcondarte.it/maestri-del-passato/maria-monaci-gallenga-unambasciatrice-italiana-nel-mondo-tra-arte-e-moda.[]
  3. Cfr. Relazione storico-tecnica allegata al Decreto di acquisizione coattiva del MiC conservato presso gli archivi del Museo Boncompagni Ludovisi.[]
  4. Cfr. S. Cittadini-R. Masiola, Il fenomeno Maria Monaci Gallenga e le dinamiche trans-culturali della moda italiana, in “Gentes”, a. VI, n. 6, dicembre 2019, p. 208.[]
  5. Cfr. U. Nebbia, L’Italia all’Esposizione di Parigi di arti decorative ed industriali moderne, in “Emporium”, LXII, 1925, n. 367, p. 32.[]
  6. Cfr. G. Raimondi, Un’italiana a Parigi. L’avventura di Maria Monaci Gallenga, in Forme Moderne, 2009, n. 3, p. 16.[]
  7. Cfr. R. Orsi Landini, Maria Monaci Gallenga, in Dizionario della Moda, a cura di G. Vergani,  Milano, 1999, p. 298.[]
  8. Cfr. G. Raimondi, Un’italiana a Parigi. L’avventura di Maria Monaci Gallenga …, p. 16.[]
  9. Cfr. I. De Guttry, Il villino a Roma. Il quartiere Nomentano, Roma, 2009, pp. 46-47.[]
  10. Cfr. G. Raimondi, Maria Monaci Gallenga, un’artista imprenditrice romana degli anni Venti e Trenta, in “Studi Romani”, XLIV, 1996, n. 3-4, p. 298.[]
  11. https://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?percorsi=maria-monaci-gallenga-1880-1944[]
  12. Cfr. R. Orsi Landini,   Maria Monaci Gallenga …, 1999, p. 298.[]
  13. Cfr. D. Devoti, Stoffe lucchesi del Trecento, in “Critica d’arte”, XIII, 1966, n. 81, p. 32.[]
  14. Cfr. https://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?percorsi=maria-monaci-gallenga-1880-1944[]
  15. Cfr. I. de Guttry, M. P. Maino, Armoniosi arabeschi, in Maria Monaci Gallenga. Arte e moda tra le due guerre. catalogo della mostra a cura di I. De Guttry-M.P. Maino, Roma 2018, p. 10.[]
  16. Cfr. G. Raimondi, Un’italiana a Parigi. L’avventura di Maria Monaci Gallenga…, 2009, p. 26.[]
  17. Cfr. N. Squicciarino, Il vestito parla. Considerazioni psicosociologiche sull’abbigliamento, Roma, 2002, p. 145.[]
  18. N. Squicciarino, Il vestito parla…, 2002 p. 147.[]
  19. Cfr. R. Bossaglia, Il «Déco» italiano. Fisionomia dello stile 1925 in Italia, Milano, 1975, p. 20.[]
  20. Cfr. G. Raimondi,  Un’italiana a Parigi. L’avventura di Maria Monaci Gallenga …, 1996, p. 16.[]
  21. Cfr. G. Raimondi, Maria Monaci Gallenga, un’artista imprenditrice romana degli anni Venti e Trenta…, 2009, p. 305.[]
  22. Cfr. C. Montani,  La “Boutique Italienne” in “La Casa bella”, febbraio 1928, p. 22.[]
  23. Ibidem.[]
  24. Cfr. S. Cittadini-R. Masiola, Il fenomeno Maria Monaci Gallenga e le dinamiche …, 2019, p. 220; G. Raimondi, Un’italiana a Parigi. L’avventura di Maria Monaci Gallenga…, 1996, p. 24.[]
  25. Cfr. S. Cittadini-R. Masiola, Il fenomeno Maria Monaci Gallenga e le dinamiche …, 2019, p. 228.[]
  26. La Boutique Italienne aperta nel 1926  in rue de Mironesmil, 17. R. Papini sulla rivista “Emporium” sottolineò la capacità di affermazione del Made in Italy all’estero affinché «gli italiani vedessero che non si esporta a Parigi soltanto la solita paccottiglia d’antichità falsa o di modernità stravagante». Cfr. R. Papini, La «Bottega d’Italia», in “Emporium”, LXVII, 1928, n. 398, p. 125.[]
  27. La Casa Metz. Cfr. G. Raimondi, Una donna del Novecento. Maria Monaci Gallenga tra moda, arte e impresa…, p. 22.[]
  28. Cfr. S. Cittadini-R. Masiola, Il fenomeno Maria Monaci Gallenga e le dinamiche italiana…, 2019, p. 222.[]
  29. Cfr. G. Raimondi, Maria Monaci Gallenga, un’artista imprenditrice romana degli anni Venti e Trenta…, 2009, p. 307.[]
  30. Cfr. R. Orsi Landini, Maria Monaci Gallenga …, 1999, p. 298.[]
  31. Cfr. S. Cittadini-R. Masiola, Il fenomeno Maria Monaci Gallenga e le dinamiche italiana…, 2019, p. 215.[]
  32. Cfr. https://tirellicostumi.com/it/abito_oscar/indagine_su_un_cittadino_al_di_sopra_di_ogni_sospetto_11[]
  33. Cfr. https://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?protagonisti=monaci-gallenga-maria[]
  34. Cfr. Maria Monaci Gallenga. Arte e moda tra le due guerre …, 2018, pp. 47-55.[]