Arturo Anzelmo

Don Santo Gigante – Nostalgia e nuovi linguaggi al tramonto della miniatura

arturoanzelmo@gmail.com
DOI: 10.7431/RIV28042023

 

Nella ricorrenza dei 350 anni dalla scomparsa vale la pena ricordare un umile sacerdote di provincia (Fig. 1) nato a Ciminna il 2 novembre 1601 e morto il 22 dello stesso mese nel 1673, ai più appena noto per la sua Historia della Miraculosa Imagine del SS. Crocifisso…, che annota gli eventi che porteranno alla venerazione di una piccola immagine divenuta centro della devozione e della religiosità popolare.

Sulla sua figura comincio con il riproporre quanto annotava il Mongitore:

«SANCTUS GIGAS Ciminnensis Sacerdos, Vicarius Foraneus in oppido Ciminna. Doctrina or­natus vixit: amoeniores literas coluit, ac morum integritate conspicuus, animarum salutem procura­vit, easque ad salutis semitas sancte direxit. Claruit anno 1674. Scripsit Italicè Relazione della vita  e felice Morte di suor Elisabetta Trippedí di Ciminna Monaca Oblata di S. Benedetto. Ex ea vitam ас mortem eisdem elicuit, ac edidit Petrus Antonius Tornamira […]» 1.

Ricorderà il Nostro anche il dottor Vito Graziano: «[…]. Fu dottore in sacra Teologia e vicario foraneo, e rifulse tanto per la sua dottrina e per l’amore alle belle lettere, che meritò di essere elogiato nella […] Bibliotheca Sicula del Mongitore. Lasciò inedite in lingua italiana la “Relazione della vita, e felice morte di suor Elisabetta Trippedi di Ciminna monaca oblata di S. Benedetto”, da cui trasse e pubblicò, nel 1675, la vita e la morte della suddetta monaca Pietro Antonio Tormamira alcamese, e la “Historia della miraculosa imagine del SS. Crocifisso di Ciminna”. Ma egli si distinse maggiormente nell’arte del disegno, di cui esiste un libro di Cantofermo […]. A queste doti della mente aggiunse la bontà dei costumi e lo zelo del suo ministero […]. Nella sagrestia della detta chiesa (Matrice) esiste un ritratto colla seguente iscrizione: “R. Sacerdos D. Sanctus Gigante”.» 2.

A metterne in luce la figura il Meli, che nel 1950 cura l’edizione della Historia della Miraculosa Imagine…, e, in coda, aggiunge una valutazione critica delle opere d’arte di Ciminna, vera “promozione” dell’interessante patrimonio artistico. Fa di più; venuto in possesso di due inediti manoscritti di don Santo, in calce al saggio sui corali, pubblica il Repertorio delle cose più notabili successe in diversi tempi, che evidenzia e non poco lo spessore dell’uomo Gigante 3.

La Daneu Lattanzi, che pure se ne occupa, non dovette vedere i corali, limitandosi alla consultazione del testo illustrato del Meli 4.

Ad arricchire la bibliografia gigantiana, Diego Ciccarelli, con il breve articolo (ma denso saggio) uscito nel ’79 su HO Theologos 5 che arricchisce con notevoli indicazioni l’inedita produzione miniaturistica del Nostro.

Per altri dati biografici mi servo dei suoi scritti:

«[…]. Nell’anno 1618 cominciai a tenere schola di Grammatica […]. A 7 di Marzzo 1626 sabbato, quattro tempi dele ceneri In Cefalù dall’Illustrissimo Arcivescovo fra Don Stefano Muniera fui ordinato sacerdote Indegnissimo. […].  A 26 di Marzzo 1636 Da Monsignor Illustrissimo Don Giannettino Doria Cardinale Arcivescovo di Palermo fui eletto Assessore dela Corte spirituale di questa Terra di Ciminna, essendo Vicario foraneo Don Paulo blanca» 6.

«Io Don Santo Gigante fui eletto Vicario foraneo di questa Terra dall’eminentissimo Monsignor Cardinal Doria, e suo Vicario Generale l’Abate Don Gioanne Antonio Geloso a 29 d’Aprile 1639» 7.

e di chi chiuse quelle pagine:

«A 22 novembre xij.a Indizione 1673. Il Reverendo Sacerdote Don Santo Gigante Vicario Foraneo, il quale scrisse questo Libro passò all’altra vita e successe nell’officio di Vicario il suo fratello Dottor Don Francesco Gigante. Morì d’anni (circa) 72 e giorni diecinove: poichè nacque A’ 3.  novembre 1601» 8.

Il Mongitore, il P. Francesco Maria Felice a metà Settecento, né nessuno degli atti pubblici da me consultati lo appellano dottore in sacra teologia. Solo nel Novecento faranno eccezione prima il Graziano e poi il Meli, suggestionati dalla sua figura.

Nel 1612 si era trasferito in casa dello zio materno don Santo Di Bartolomeo, che ne curò l’istruzione avviandolo alla carriera ecclesiastica e non risulta che sia entrato in Seminario o allo Studium gesuitico palermitano, presso il quale avviò i fratelli Vincenzo e Francesco, il primo laureatosi medico a Salerno 9, il secondo dottoratosi in sacra teologia a Catania 10.

Prima di qualche notazione sull’artista, una sui suoi scritti:

1) Ragioni contro il Sozzo. Il documento che attribuivo al Gigante, databile all’estate del 1630, è allegato al contratto tra la Matrice e Girolamo De Leo alias lo Soczo, figliastro del pittore Giuseppe Albina, relativo alla doratura, poi eseguita da Giovanni Pietro Senzali, degli stucchi livolsiani dell’abside maggiore 11. È interessante non tanto perché don Santo, in quei tempi impegnato nella realizzazione del Graduale, acquistando foglia d’oro a Palermo, presso il battiloro napoletano Bartolomeo Bayno che forniva il De Leo, riuscì a scoprire la frode operata dal Sozzo, che, unitamente alla sua imperizia, portò alla rescissione del contratto, quanto perché se aveva conosciuto i Li Volsi, che poi lavoreranno per la cappella di patronato dello zio, in quell’occasione dovette incontrare Mariano Smeriglio e l’Abate don Vincenzo Sitaiolo convocati, forse su sua iniziativa, per valutare i danni provocati dal Di Leo.

2) Cronica de la Primaria Fvndatione del Monasterio di S. Benedetto de la Terra di Ciminna 12.

3) Diario e Repertorio di cose piv’ notabili successe in diversi tempi. Riunito in unico volume, di contenuto non omogeneo nelle prime carte, verosimilmente con parti iniziate in diversi tempi. A metà Settecento il P. Francesco Maria Felice O.M.C. del Convento di Ciminna volendo ricordare il confratello fra’ Giuseppe Riccardi dell’Arcara, che fu amico del Nostro, trascrive quanto ne annotava e ricorda come «Vi fu un tempo un R.do Prete chiamato d. Santo Gigante, quale fu Vicario foraneo di Ciminna, questo bon Prete scrisse un libro nel quale notava alcuni fatti e successi sortiti per ogni anno mentre visse […].» 13. Del manoscritto poi si perdono le tracce; pervenne nel secondo dopoguerra a mons. Filippo Meli che ne curò la parziale pubblicazione 14.

Scritto di particolare interesse non solo per le notizie di carattere locale (tra le quali interessanti quelle sulle sommosse popolari del 1647 e 1672 a Ciminna che coinvolsero Napoli e Palermo) 15, ma anche per gli accenni a fatti accaduti in tutta la Sicilia e perfino nel continente. È il caso della notizia data per il 20 di Giugno <1649> quando «si publicò in Ciminna Scommunica Papale con sono di Campane a mortorio, contra l’interfettori, e complici dela bona memoria di Monsignor Christoforo <Giarda>, Vescovo di Castro» ucciso, si dice, da Ranuccio Farnese durante le guerre sul possesso di Castro tra i Farnese ed il Papato.

4) Assento Seu Repertorio delle Rendite mie, Don Santo Gigante 16. Come il precedente pervenuto al Meli. Dovette essere iniziato alla morte dello zio don Santo Di Bartolomeo nel 1632.

5) Historia della Miraculosa Imagine del SS. Crocifisso di Ciminna. Noto alla memoria popolare, ne fece cenno il dottor Vito Graziano e fu pubblicato dal Meli 17. Il Ms. per anni presso l’archivio della chiesa di S. Giovanni B. si conserva nell’Archivio della Matrice.

6) «A 25 di maggio 1664 si celebrò in Ciminna l’entrata della Santa Reliquia della Gloriosa Maria Madalena Titulare della Matrice […]. Ne ho descritto il Compendio Istorico a futura memoria.» 18. Di questo non si ha più memoria.

7) Breve relatione della vita, e felice morte di Svor Elisabetta Trippedi della Terra di Ciminna, Mo­naca Oblata dell’Ordine del Patriarcha S. Benedetto. Il ms. risulta disperso (anche se una tra­scrizione, forse dovuta al Tornamira, si conserva presso il convento Olivetano che pubblicava la rivista L’Ulivo). Il titolo è quello risultante dalla pubblicazione curatane dal cassinese 19.

8) «A 5 di febraro 1668 si recitò in Ciminna, nella Chiesa di S. Domenico la Tragedia di S. Barbara. Una delle mie fatighe piu ardue riuscita però con applauso Universale a gloria del Signore.» 20. Anche di quest’opera non si ha più notizia.

Avendo fatto cenno al Tornamira non può non ricordarsi l’Anagramma Purum che chiude gli encomi che precedono il testo de’ l’Idea congietturale… uscita nel 1668:

 «Admodum Reuerendo Domino

DON PETRO ANTONIO TORNAMIRA, ET GOTTO,

Decano Casinensi, Benedittini Ordinis Immortali

Chroniste.

  1. SANCTVS GIGANTE CIMINNENSIS,

In suum devoti animi obsequium.

Anagramma Purum

DON PETRVS ANTONIVS TORNAMIRA

CASSINENSIS.

IS, STVDIIS ORNATVS, PERENNANS OMNINO

CHARTAS.

Marmora dura vorat, fattis incisa vetustis

Tempus edax: rodit Gesta decora Virum.

Haud tamen audebit venerandos tangere Libros,

Quos Pater ingenio scripseris ipse novos.

Ornatus Studijs, Chartas Omninò Perennans,

Is legeris, proprijs, arte stupente, notis.

Nomina conueniunt factis: Tua Penna triumphos

Pandit in Orbe suos, & Decus omne tuum.

Ergo Tibi, Venerande Pater, ter fausta Coronis

Vivant æternis, Nomina, Penna, Decus» 21.

Non si può neanche dimenticare che il volume del benedettino si apre con una delle più note ed originali antiporte 22 di Paolo Amato, nipote in linea materna del Gigante.

Nel 1627, chiusa l’antica abbazia benedettina, se ne cominciò la ricostruzione, ma le cose andavano a rilento; nel 1645 don Santo viene scelto qual confessore dalla pia Margherita Corradino che, il 15 giugno 1654, prende l’abito delle oblate benedettine ed a lei seguono altre. Per contrasti con l’arciprete Pisano e con il subentrante, don Santo aveva rinunciato alla carica di vicario foraneo, accettata dall’arcivescovo il 20 luglio 1655, data in cui annota: «Giorno felice della mia desiata liberta.» e poco dopo «Disgravato da questo peso mi diedi tutto ad introdurre in questa Terra l’habito del glorioso Patriarca San Benedetto, del quale s’era abolita la memoria, con la presa licenza delli Reverendissimi Abbati […]» 23. Dunque, la conoscenza tra il Nostro ed il cassinese è datata. È don Santo ad indirizzare la Corradino ed altre a vestire l’abito delle oblate e a spingere alla fondazione del Ritiro della Carità, che aprirà il 1 gennaio del ’55; è ovvio che i due si siano vicendevolmente apprezzati e siano rimasti in ottimi rapporti anche dopo la breve vita dell’istituto, che si estinguerà il 13 giugno 1666. A parte questa testimonianza, è autore d’altri componimenti poetici?

Don Santo non è un timido, ma è persona schiva, delle sue attività artistiche in tante carte vergate si trovano solo due accenni: «31 di Marzo 1637. Successe la Cascata d’un Trono nella mia Casa [..]. Io mi trovai per divina Providenza uscito di Casa per lo spatio meno di mezo quarto, in una casa vicina, dove stava facendo una imagine di Christo Crocifisso.» 24 «In quest’anno (1666) si celebrò L’Annuale funerale della felice memoria dell’eccellentissimo Padrone (Domenico Graffeo), nella Matrice, con Mausoleo Grandioso insino al tetto freggiato di Statue, Imprese, et emblemi, ottimamente disposti, da me, e da mio fratello Don francesco.» 25. Presero spunto dalla Quadrifrontis Machina del catafalco disegnato nel ’65 da Paolo Amato per le esequie di Filippo IV 26?

Nel 1644 progetta la decorazione a stucco della cappella della Madonna dell’Itria in San Francesco d’Assisi 27, opera della quale nulla resta, né altro conosciamo; qui si misurava con gli stucchi della cappella dell’Immacolata, patronato degli eredi di Giulio Di Girolamo, bisnonno di Paolo Amato, disegnati da Gaspare Guercio nel 1639 e modellati da Andrea Lo Coco 28. Dopo aver eseguito nel 1650 il disegno per la nuova croce del Crocifisso della chiesa di San Giovanni Battista, verosimilmente intervenendo nelle parti pittoriche, nel ’52 ne progetta la vara 29 (Figg. 2345), che nel disegno anticipa alcune di quelle «[…] varie macchine portatili […], che nella solenne processione allor si portarono da conventi, confraternite, congregazioni, com’era costume» 30 per l’entrata in Palermo della reliquia del capo di San Mamiliano nel 1658 31. A parte i corali miniati, è l’unica opera della quale, seppure pervenutaci profondamente modificata, è possibile abbozzare una lettura stilistica ed iconografica, grazie ad una incisione ed una rovinata foto tardo ottocentesca.

Nel 1600 si montava il nuovo organo eseguito da Raffaele La Valle e il 13 marzo 1608 moriva il vicario foraneo don Filippo Bonnunzio, che aveva istituito un legato in favore della Matrice per acquisto di libri liturgici. Nel 1619 si montavano gli stalli del coro 32 e, proprio al centro delle due ali, vengono inumate le sue spoglie, ricordate dalla istoriata lastra tombale 33; quello stesso anno, per iniziativa di don Andrea Manfre (congiunto del noto Francesco Baronio Manfredi) viene aperta una schola di musica et canto fermo diretta dall’isnellese don Pietro Neglia, assunto con l’onere d’ingaggiare cantanti, frequentata anche da don Santo Di Bartolomeo, zio del Nostro, che alla sua morte lascia al nipote un monocordio deorato.

Se si esclude che giovanissimo si dilettò del ricamo di parati liturgici, come risulta dal testamento dello zio, inducendo a pensare che sia l’autore degli ornati, pur pensandolo naturalmente dotato ed incline al disegno, dove apprende le minuziose tecniche ed impara a comporre? La sua attività di miniatore copre un brevissimo arco temporale, posto che il disperso Messaletto per i defunti 34 datato 1627 è il primo e gli altri si datano entro il ’31, e non abbiamo notizia di precedente o successiva attività, a meno che non gli si attribuiscano anche alcune delle vignette sui frontespizi dei volumi della Pia Unione delle Anime Purganti cui fu aggregato 35. Dunque è agli ambienti palermitani che bisogna guardare: l’abito, i buoni uffici dello zio e del fratello di questi, il conventuale fra Bonaventura, gli ottimi rapporti con i religiosi ciminnesi, tramiti per le case palermitane (presso i domenicani di Santa Zita entrò il cugino Vincenzo Gigante con il nome di fra Giuseppe 36, il fratello Vincenzo «[…]Hebbe li principij dela logica, qui in Ciminna in S. Domenico dal Padre lettore fra Bonaventura Mannelli […]») e l’amicizia con i fratelli don Francesco e don Giovanni Antonio Geloso (per molti anni vicario generale) con i tanti illustri personaggi della cultura palermitana, che se pure emergono dalle sue carte in anni più tardi non è difficile pensare anche precoci, come ad esempio la conoscenza del gesuita don Pietro Salerno docente presso lo Studium 37 o del principe Lancillotto Castelli cui don Santo «[…] professava molta Servitù.», per tre volte menzionato tra le sue carte.

È possibile che a Palermo operasse qualche maestro dedito a quell’antica e nobile arte; il Bramé era scomparso agli inizi del Seicento 38 e sul finire del ’500 è attivo il miniatore catanese Vincenzo Maria Lo Campo, che condivide casa con il figurarius, pictor e tipografo Erasmo De Simeone oriundo napoletano, che nel 1629 è stampatore camerale del cardinal Doria 39. In ogni caso, non volendo escluderne l’esecuzione anche fuori sede, l’attività è documentata dai libri liturgici miniati anche di tarda datazione presso le chiese e le case religiose palermitane, poi in parte passati alle collezioni delle biblioteche cittadine.

Traspare un Gigante autodidatta, uno che non è stato a bottega. Solo ipotesi sulle vie che lo portano ad acquisire padronanza delle tecniche, dell’uso dei materiali e, in breve, anche di quelle capacità che dall’imitazione di linguaggi “datati” lo indirizzano all’elaborazione di quel lessico “protobarocco” che emerge dal corale del ’31, da cui traspare quella vena attenta alla tradizione iconologica, la non indifferente preparazione culturale, la conoscenza della storia locale, la capacità di dar senso alle invenzioni decorative sempre attente alla interpretazione del testo liturgico di fatto commentato per immagini, la verve di colui che osserva con non comune carica di leggero humour, con carità anche, la vita che gli gira intorno.

Se l’arte della miniatura avesse avuto un futuro, don Santo ne sarebbe stato protagonista.

Della sua produzione miniaturistica rimangono o si hanno notizie dei seguenti titoli:

MISSAE / IN AGENDA DEFUNCTORUM / TANTUM DESERVIENTES / EX MISSALI ROMANO RECOGNITO DESUMPTAE firmato e datato 1627 pergamenaceo. Copertina in cuoio mancante del piatto anteriore, dimensioni mm 320 × 220, ff. 12 (pp. 24). Disperso/trafugato fin dagli anni Ottanta del Novecento.

Vesperale o Antifonario dei Vespri della chiesa di Sant’Antonio Abate. Cartaceo, dimensioni mm. 380 × 260 mancante del piatto anteriore della coperta in pergamena; assente l’indicazione della consistenza (ff. o pp.)  in coloro che se ne sono occupati 40. Nonostante non sottoscritto, il Meli, che lo aveva recuperato da quella chiesa già in abbandono, non ebbe dubbi nell’attribuirlo al Gigante, ponendone l’esecuzione «poco dopo quella del “Messaletto”» (1627/28). Il manoscritto che ho potuto vedere durante l’arcipretura di don Gino Lo Galbo 41 conteneva quattro testi liturgici e il Meli ne illustra due: Messa in onore di S. Antonio Abate, chiusa alla fine del testo dalla figura di un maialino, Messa in onore di S. Calogero, chiusa a fine testo dalla figura di una cerva. Vi erano anche i testi della Messa dei Santi Ippolito e Cassiano 42, chiusa da un cavallo, e della Messa in onore di S. Barbara, chiusa da una torre merlata, illustrato quasi del tutto con disegni a penna seppiata e disperso o trafugato agli inizi degli anni Duemila.

MISSAE / QUAE PER HEBDOMATAS / IN MATRICE ET CIMINNENSI ECCLESIA / PERPETUO CONCININTUR (Corale Bonnunzio), pergamenaceo in folio, dimensioni mm. 490 × 340, pagine 48. Il frontespizio che ne reca l’arme porta la scritta «Ex legato D. Philippi Bonnuntii» ed in calce «Don Sanctus Gigante scribebat 1628» (Fig. 6). A proposito di questo corale, ma vale anche per gli altri, è da confutare l’idea che don Santo «In realtà […] non esercitava l’attività artistica per professione o per lucro […].» 43; nell’esito della XII indizione 1629, dato dal tesoriere della Matrice, si legge: «Item unzi sei pagati, cioè unzi 3.5.10 per lo libro dello coro et unc. 2.24.10 a don Santo Giganti per havere copiato il suddetto libro come per mandato alli 26 di augusto XIa Ind. 1628» 44. Il testo liturgico si apre con la messa in onore di S. Maria Maddalena, titolare della Matrice. Per quanto riguarda il capolettera dell’introito (Me expectaverunt…,) al di là dei suoi valori estetici, è necessaria una precisazione. La Descritioni delle Cappelle altari e sepulture della chiesa Maggiori, ci informa come «La maggior chiesa fu fondata nel anno 1350 […].» 45. La Matrice antica verosimilmente fu distrutta nel 1326 durante un’incursione angioina (evento che don Santo conosce); Matteo Sclafani, allora signore feudale, con testamento del 1348 tra l’altre «[…] voluit, et mandavit quod in Terra Chiminne fiat una Mater Ecclesia in loco, in quo idem testator disposuit ipsam fiendam […]» 46. È evidente come, quale profondo conoscitore della storia locale, omaggi il fondatore; la M è formata da due gru che attorcendo il collo immergono i loro becchi entro un vasetto: chiara l’allusione all’arme dello Sclafani ed alla Mirofora (Fig. 7).

Credibilmente al corale del ’31 si riferisce la notazione dell’elenco dei sacerdoti ciminnesi («D. Santo gigante v.f. p.o ben.le di S.ta Maria di libera inferno morì a’ 22 di 9mbre xii Ind. 1673»), cui fu aggiunto da posteriore mano «autore del libro di canto fermo in pergamena eseguito a mano pregio d’arte.» 47. Firma e data sono apposte all’ultima pagina dove, nel corpo delle lettere della parola Finis, corre la scritta: «Don Sanctus Gigante sacerdos Ciminnensis. Anno Domini 1631». Titolo del corale, come riportato dal Meli, è: «Graduale de Festivitatibus Sanctorum», corrente sulla prima pagina nell’introito IN VIGILIA S. ANDREÆ APOSTOLI (Fig. 8). Si deve a Diego Ciccarelli 48 l’individuazione del frontespizio originale, staccato e posto in altro corale più tardo; reca il titolo: «GRADVALE PROPRIVM COMMVNE SANCTORVM AD VSVM MAIORIS ECCLESIÆ CIMINNENSIS» e, in basso, entro una cartella: «ANNO DOMINI CIƆ IƆ CXXXI» (Fig. 9). Lungo sarebbe descriverne le interessantissime iniziali nelle quali don Santo dà magistrale sfoggio delle sue capacità inventive, dove ogni immagine non è decorazione quanto commento, esegesi del testo che illustra (Figg. 10111213). Interessante anche come documento è l’iniziale della messa in dedicazione della chiesa dove la T del Terribilis est lucus iste… (Fig. 14), poggia sulla cimasa del fronte della Matrice di Ciminna, così come si presentava ai suoi tempi 49 (Fig. 15), riprodotta con qualche piccola licenza ma con estrema rispondenza 50. Nessun elemento decorativo, quali foglie, animali, etc. disturba la visione del monumento. Come in molte parti, è divertente inserto l’immagine di un sacerdote seduto sulla soglia dell’accesso laterale intento alla lettura.

A proposito dei due corali (quello del 1628 e l’altro del 1631), è necessaria qualche precisazione in ordine agli stemmi sui frontespizi. Nel primo (che ho ribattezzato “Corale Bonnunzio”), a parte l’anforetta allusiva alla Maddalena che corona l’arme centrale, ricorrono ai fianchi lo stemma petrino o pontificio a sinistra e, sul fianco opposto, quello antico di Ciminna; nel secondo, l’arme pontificia corona al centro l’apparato architettonico e sui fianchi stanno, a sinistra, uno scudo recante l’anforetta e, sempre a destra, entro un ovale, lo stemma ciminnese. Quest’ultimo potrebbe esser così descritto: partito al capo di rosso, al secondo d’oro una mammella femminile al naturale attaccata alla partizione. Gli smalti sono quelli dei Ventimiglia: perché don Santo usa l’arme del casato madonita quando dal 1619 erano subentrati i Grifeo? Qualche risposta ho cercato di darla in un mio lavoretto 51. La ricorrenza dello stemma petrino e dell’anforetta potrebbe avere qualche attinenza con il fatto che essi sono rappresentati sul portale cinquecentesco della Matrice e le figure di Pietro e Maddalena ricorrano nel polittico marmoreo del Sacramento attribuito 52 a Vincenzo Gagini?

  1. Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula sive de scriptoribus siculis…, Tomus secundus, Panormi ex typographia Angeli Felicella MDCC XIV, p.209. Il Tornamira pubblicò, con qualche adattamento linguistico, il ms. in appendice al suo Vita e morte del venerabile padre d. Girolamo Arminio di Napoli…, Con una brevissima relazione dell’esemplare Vita, e morte d’Una Fanciulla chiamata Suor Elisabetta Trippedi di Ciminna Monaca Oblata del medesimo Ordine…, Palermo, Carlo Adamo 1674. La vita fu ripubblicata ancora ne’ Gli esercitii spirituali delle monache oblate…, presso lo stesso editore nel 1675.[]
  2. Vito Graziano, Ciminna memorie e documenti, Palermo Lao 1911, p.122-123, 108-109,149. A parte il richiamo al Mongitore, con riferimento al «libro di Cantofermo» intende citare il Corale del 1631.[]
  3. Don Santo Gigante, Historia della Miraculosa Imagine del SS.mo Crocifisso di Ciminna, a cura di F. Meli, con valu­tazione critica delle opere d’arte di Ciminna, Palermo 1950; Idem, Un singolare miniaturista d’occasione, Don Santo Gigante, Palermo 1950.[]
  4. A. Daneu Lattanzi, Lineamenti di storia della miniatura in Sicilia. Firenze. Leo S. Olschki, 1968, Eadem, I manoscritti ed incunaboli miniati dela Sicilia. Palermo, Accademia di scienze lettere e arti, 1984.[]
  5. D. Ciccarelli, “Miniature inedite di Santo Gigante”, in HO Theologos. Cultura cristiana di Sicilia, VI (1979), 22.[]
  6. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33, Don Santo Gigante, scritti diaristici, cc. 26-26v.[]
  7. Ibidem, sez. titolata: Repertorio di cose piv’ notabili svccesse in diuersi tempi, c.52v.[]
  8. Ibidem, c. 73, annotazione postuma.[]
  9. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33, sez. dei mss. diaristici titolata: Repertorio di cose piv’ notabili svccesse in diuersi tempi, c. 7v.; Archivio di Stato Salerno, Collegio Medico Salernitano, Acta doctoratus Anno 1637, Volume 18, Fascicolo 8, p. 316. Inventario a c. della d.ssa Paola Margarita.[]
  10. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33, scritti diaristici, c. 10. Francesco fu a servizio del vicario generale d. G.A. Geloso, ritornò a Ciminna intorno al 1650. Nella distrutta chiesa di S. Nicolò alla Kalsa eseguì dipinti raffiguranti i fondatori di ordini religiosi, lasciò lavori a Mezzojuso e Ciminna. G. Tavolacci, Opere inedite di Francesco Gigante nella chiesa di Santa Venera a Mezzojuso,in “Agorà”. Periodico di cultura siciliana, n.75 (1/2021), Gennaio Marzo 2021, pp. 13-19. A. Anzelmo, Francesco Gigante : tra Palermo e Ciminna sulle orme del Monrealese. Palermo 2018.[]
  11. Ciminna, Archivio della Matrice, Scritture della Maggior Chiesa a Mazzo, Libro Quinto della Matrice chiesa, carta non numerata allegata alla c. 648. A. Anzelmo, Ciminna materiali di storia tra XVI e XVII secolo, Ciminna 1990, p. 95, e p.243 doc. XXXV.[]
  12. Ciminna, Archivio della Matrice. Libro di Conti Del Ven. Monasterio Di S.Benedetto Sotto Titvlo De Monte Christi Di Qvesta Terra Di Cimina Formato da Me Don Santo Gigante eletto Detentore di Libri Nelli Atti della Curia spirituale di Ciminna a’ 3 di Gennaro 1637, ms. cartaceo, mm. 235 × 337, fogli n.181 numerati per pagina ff. 3/6 r./v, Cfr. Don Santo Gigante: Cronica …, (ms. XVII sec) a c. di A. Anzelmo. Ciminna 2000.[]
  13. ASP. Corporazioni Religiose Soppresse, Ciminna, S. Francesco, b. 13, Libro de’ Notamenti raccolti dal P.re Francesco Felice figlio di questo Convento principiando dell’anno 1756 sino al’anno 1775 nel quale mori in q.° Con.to. cc. tra la rubrica e la c.1.[]
  14. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33. F. Meli, Un singolare miniaturista…, 1950.[]
  15. Ne facevo tesoro in Ciminna (1647-1672).Sussurri e motioni di popoli da un diario del Seicento.TreS Studi Storici Siciliani. Trimestrale di Storia della Sicilia moderna e contemporanea. C.I.R.C.E. Anni I, N. 4 Dicembre 2021 pp. 31-38.[]
  16. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 32.[]
  17. Don Santo Gigante, Historia…, 1950; Riedito con ulteriori notazioni a cura di A. Anzelmo, Don Santo Gigante, Historia della miraculosa imagine del SS.mo Crocifisso di Ciminna,  Ciminna, 2013 et Idem, Un trono per la Miracvlosa Imagine, la vara del SS. Crocifisso in Ciminna.  Ciminna, 2018.[]
  18. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 32, Repertorio di cose piv’ notabili svccesse in diuersi tempi, c. 65. La reliquia era stata ottenuta dal medico don Francesco Catania, padre dell’arciprete don Gabriele, al quale fu concesso l’altare del Crocifisso nella cappella dei Santi Simone e Giuda Taddeo e che nel 1671 fece eseguire la tela con La Maddalena e l’arcangelo tutt’ora in situ. A. Anzelmo, Francesco Gigante: tra Palermo e Ciminna…,. Su F. Catania, A Mongitore, Bibliotheca Sicula…, tomo I, p. 251; A. Anzelmo, Paolo Amato, siciliano di Ciminna architetto del Senato di Palermo con una nota introduttiva di Maria Clara Ruggieri Tricoli. Vol II di Estetica e retorica del barocco in Sicilia a c. di Vito Mauro. Circolo culturale “Paolo Amato” Ciminna, 2017.[]
  19. P. A. Tornamira, Vita e morte del venerabile Padre D. Girolamo Arminio di Napoli…,  Con una brevissima relazione dell’esemplare Vita, e morte d’Una Fanciulla chiamata Suor Elisabetta Trippedi di Ciminna Monaca Oblata del medesimo Ordine. In Palermo, per Carlo Adamo. 1674. Riedita dallo stesso Autore in Gli esercitii spirituali delle monache oblate dell’ordine del patriarca San Benedetto… Palermo, Carlo Adamo 1675.[]
  20. Opera non pervenutaci. Contravvenendo alla solita modestia, nel giudicarla una delle sue fatighe piu ardue e nel riferirne il consenso ottenuto, spinge a crederla qualcosa di veramente impegnativo, se si pensa che la messinscena dovette essere curata dall’A. e dal fratello e vide coinvolte le scelte maestranze locali.[]
  21. Pietro Antonio Tornamira, Idea congetturale della vita di S. Rosalia vergine Palermitana, monaca, e romita dell’ordine del patriarca S. Benedetto. Palermo, Bua e Camagna 1668. Precedono la composizione gigantiana quelle di Simplicio Paruta, dei riaccesi Orazio Alimena, Antonio Romano Colonna, G. B. Del Giudice, del P. Giovanni Del Varco, don Fabiano Colombo, don Giovanni Evangelista da Palermo.[]
  22. Il rame sarà riutilizzato dal Tornamira in La Giuditta palermitana, ouero la vergine santa Rosalia monaca, e romita dell’ordine benedettino, trionfante d’oloferne, cioe della peste … in Palermo per P. Camagna, 1671.[]
  23. Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33, scritti diaristici, c. 1.[]
  24. Ibidem, sez. titolata: Repertorio di cose piv’ notabili svccesse in diuersi tempi, c. 51v.[]
  25. Ibidem, c. 66.[]
  26. G. Matranga, Le solennità lugubri e liete..,. Palermo, A. Colicchi 1666. Vale la pena di appuntare come quelle solennità furono «indirizzate dall’ill. D. Lancellotto Castelli principe di Castel Ferrato» personaggio di spicco della nobiltà cittadina e del Parlamento Siciliano, senatore e pretore di Palermo, Vicario generale del Regno oltre che Cavaliere di San Giacomo e governatore dei Bianchi, cui don Santo «professava molta Servitù».[]
  27. G. Cusmano, La vara del SS.mo Crocifisso. Fede, culto e tradizione, Ciminna 2015, p.11.[]
  28. ASP. Sez. T. Im. ND, Ciminna, La Vignera F. vol. 5452 cc. 116, 247. A. Anzelmo, La Chiesa e il Convento di San Francesco d’Assisi alla scarpa in Ciminna. P. M. Vincenzo Li Vaccari la ricostruzione e l’ampliamento. Ciminna, 1997.[]
  29. Idem, Un trono per la Miracvlosa Imagine …, Ciminna 2018 et Idem,  Appunti per un primo consuntivo sulla bottega dei Reina, intagliatori del Seicento siciliano. in  OADI Rivista dell’osservatorio per le arti decorative in Italia, n.26 dicembre 2022.[]
  30. Bullettino della Biblioteca Comunale di Palermo n.5 gennaio-agosto 1875, pag. 11.[]
  31. G. Matranga, I trionfi del S. Arcivescovo Mamiliano, palermitano, nel ritorno alla patria (1658). Biblioteca Comunale, Palermo, Ms. ai segni 3Qq E27.[]
  32. A. Anzelmo, Giuseppe Dattolino, Faber lignarius opere dulcis civis Panhormi. Appunti e documenti (1614-1624) in, Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino. Vol. IX Atti della nona edizione e altre ricerche Cefalù, 23 dicembre 2019 a c. Di Gabriele Marino Rosario Termotto. Cefalù ottobre 2021, pp. 57-80.[]
  33. La tomba davanti all’altar maggiore citata dal Meli è quella di don Guglielmo d’Urso che fu pure vicario foraneo, conserva ancora la lapide con, in bassorilievo, il ritratto a figura intera.[]
  34. Annota il Meli: «Il Messaletto fu eseguito per uso personale, ci perviene attraverso gli eredi […].». Un singolare miniaturista d’occasione…, 1950, p. 14. Il Meli, donò alla Biblioteca Francescana di Palermo i due manoscritti gigantiani (nn.32 e 33) e diversi suoi quaderni di ricerche, non risulta che facesse parte dell’omaggio.[]
  35. Estintosi il sodalizio ed aggregate le sue rendite all’Ospedale di Santo Spirito, l’archivio dell’Unione, passò a quest’ultimo istituto, è conservato presso l’Archivio Storico Comunale di Ciminna.[]
  36. ASP. C.S., Ciminna, S. Domenico, b. 69, c.1: il P. M.ro fra Giuseppe Gigante olim anche figlio di q.sta Casa e poi di S. Zita di Pal.o fu Provinciale di Sicilia, e Visitatore Gen.le nella Puglia, Qualificatore del S.to Officio, Deputato della Citta di Palermo, in sostanza fu un uomo di singolar dottrina, e virtu, mori in detto Con.to di S. Zita con molta edificazione e sentimento di tutti quei buoni Religiosi. Il Meli, traendo dagli Annali del Real Convento di San Domenico di Palermo, di Fr. L. M. Oliveri, per gli anni 1666/67 e dal P. Matteo A. Coniglione, La Provincia Domenicana di Sicilia, Catania 1937, pp. 443-445, annota come il Gigante fu priore e maestro a S. Zita dal 1649, come definitore partecipò al Capitolo romano del 1657, fu revisore delle pubblicazioni dell’Ordine, nel 1657 fu vicario reggente dello Studio di S. Domenico in Palermo, tra il 1668-72 provinciale per il Val di Mazara, visitatore della Provincia pugliese tra il 1671-72, riformatore dei monasteri, consultore e qualificatore del sant’Uffizio, etc. Mori in fama di santità nel convento di S. Zita in Palermo il 15 gennaio 1689 di anni 73. Frutto della sua vasta erudizione, dieci voll. mss. su diritto canonico e casi di coscienza. Quale revisore delle pubblicazioni è possibile vedere una sua approbatio, in Josephi De Vita, Tractatum de proprio et per se principio unde…, Panormi, apud Andream Colicchia. M.DC.LXV, data Panormi, Conventu Sancti Dominici, et solemnija Sancti Thome die 7. martij 1657.[]
  37. Sul P. Salerno (1598-1666), A. Mongitore, Bibliotheca sicula…,.T. II, pp. 157-158, e G. A. Patrignano, Menologio di pie memorie d’alcuni religiosi della Compagnia di Gesù….,.Venezia, N. Pezzana 1730, Tomo II, p. 87-88. «A 29 d’Aprile (1664) venuta del Padre Petro Salerno della Compagnia Di Gesu, in Ciminna […]», Palermo, Biblioteca Francescana, Ms. 33, Don Santo Gigante, Repertorio di cose piv’ notabili…, c. 65.[]
  38. A. Ragona, in Dizionario Biografico degli Italiani – Treccani, volume 13 (1971), sub voce. L. Sarullo Dizionario degli artisti siciliani, vol. II, Pittura. Palermo 1993, sub voce, scheda di T. Viscuso.[]
  39. ASP. ND. Palermo, Magliolo T. vol.11475, c. 302. Ciminna, Archivio Parrocchiale, Corte Spirituale, Liber Actorum Civilium et Criminalium Curiae Spiritualis Terrae Ciminnae Anni xij Inditionis 1628 et 1629.[]
  40. F. Meli, Un singolare miniaturista…, 1950; A. Daneu Lattanzi, I Manoscritti ed incunaboli della Sicilia. Palermo : Accademia di scienze lettere e arti, 1984; D. Ciccarelli, “Miniature inedite di Santo Gigante”, in HO Theologos. Cultura cristiana di Sicilia, VI (1979), 22.[]
  41. Durante la sua arcipretura con il concorso di un gruppo di giovani, si recuperarono molte opere in deposito nella c.d. sacrestia vecchia, poi crollata, tra cui l’archivio della Matrice, diversi Corali, etc.[]
  42. I santi martiri erano rappresentati ai piedi della Vergine, nella trafugata grande tela posta sull’altare maggiore.[]
  43. D. Ciccarelli, “Miniature inedite ...; stessa opinione aveva avuto il Meli.[]
  44. ASP. T. Im. N.D. Ciminna, La Vignera F. Vol. 5444, c.593. Se pure qualche incarico redditizio, morto il padre nel 1623, era responsabilizzato del mantenimento della famiglia.[]
  45. Ciminna, Archivio della Matrice, Assento vol. I. c. 155.[]
  46. M.A. Russo, “I testamenti di Matteo Sclafani”, Mediterranea ricerche storiche n. 5, Palermo 2005.[]
  47. Ciminna, Archivio della Matrice, Assento vol. I, c.160.[]
  48. D. Ciccarelli, “Miniature inedite…,” 1979, 22. L’A. (pp. 38-43) individua, in altri corali, conservati in Matrice, altre possibili miniature del Gigante: bellissima la A dell’Asperges, etc.[]
  49. A seguito del “Terremoto di Noto” del 1693 venne ridotto nell’attuale stato.[]
  50. L’aula è raccorciata di due campate e la datazione apposta sulla torre campanaria, di fatti sulla contigua facciata qui non visibile, è riportata in numeri arabi “1519” sintetizzando l’epigrafe «AN.O D.NI 8a IND. MDX9».[]
  51. A. Anzelmo – D. Passantino, “Pro aris et focis”. Kyminna – Ciminna, osservazioni storico-iconografiche et etimo-filologiche. Ciminna 2019.[]
  52. A. Anzelmo, Percorsi d’arte, in Ciminna, Palermu lu nicu. Identità culturali di un paese della provincia palermitana, a cura di M. Rotolo – A. Anzelmo, Palermo 2014.[]