Roberta Cruciata

Gli anni maltesi dell’incisore in pietre dure e preziose Michele Laudicina senior (1762-1832)

roberta.cruciata@unipa.it
DOI: 10.7431/RIV28102023

 

La scelta di indagare l’esperienza maltese di Michele Laudicina senior 1 in maniera propedeutica ad approfondimenti futuri, parte di una ricerca più ampia 2, si è rivelata un’occasione per tentare di puntualizzare alcuni elementi del suo profilo biografico e artistico e anche di presentare elementi di riflessione che riguardano anzitutto le sue opere. L’impressione che se ne ricava è quella di un artista apprezzato dai contemporanei e oggi parzialmente misconosciuto, che seppe imporsi in un’epoca felice per la glittica quale quella del Grand Tour, dalla metà del XVIII secolo all’età napoleonica sino agli anni della Restaurazione. Il capitolo maltese sembra assumere, pertanto, le sembianze di un trampolino di lancio per una carriera in cui Laudicina viaggiò molto dimorando in diverse città al servizio di sovrani, aristocratici e borghesi del Vecchio Continente e per una produzione nel segno della ricercatezza che si colloca ben oltre la mera soddisfazione di un gusto per la memoria dell’antico, divenendo anche veicolo di prestigio e potere. Le tappe della sua vicenda personale e lavorativa, dopo la formazione e gli inizi della carriera tra Sicilia e Malta e prima di fare definitivo ritorno nella sua terra natia, furono costantemente culle della classicità, vivaci centri culturali e collezionistici, mercati antiquari fiorenti, circoli incisori e sedi di prestigiose scuole, in poche parole luoghi rilevanti da un punto di vista storico-artistico, economico e sociale per la produzione di gemme incise e cammei. Non pare un caso, pertanto, che, allo stato dell’arte delle ricerche, non sia possibile attribuirgli con certezza manufatti presenti in collezioni siciliane. Viceversa, quelli che costituiscono il suo catalogo, perché firmati o documentati, e a oggi poco noti si trovano fuori dalla Sicilia e sono transitati dalla collezione originaria ad altre ugualmente private o in importanti musei europei.

La sua vicenda permette di porre l’accento ancora una volta sul fatto che in età moderna esponenti di illustri famiglie siciliane 3 con un ruolo di primo piano per originalità, tecnica e materiali impiegati e impatto sociale delle proprie opere nella storia delle arti decorative dell’Isola abbiano scelto, volontariamente e non, di trasferirsi nella Malta dei Cavalieri Ospitalieri. Casi emblematici tra i tanti che si potrebbero citare, rispettivamente di XVI, XVII e XVIII secolo, sono quelli di Ursulo Gili, Leonardo Montalbano e proprio Michele Laudicina senior. Il primo 4 trascorse a Malta almeno trentacinque anni, dal 1582 al 1617, esercitando la professione di orafo e argentiere e riuscendo a imporsi nel panorama locale. Leonardo Montalbano, come di recente assunto 5, si trovò suo malgrado e per una vicenda rocambolesca a soggiornare a Malta per quasi dieci anni, dopo aver lasciato la Sicilia nel 1629 per un viaggio di lavoro nel Mediterraneo orientale. Fu catturato a Candia nel corso di una scorreria di corsari barbareschi di Tripoli e trasferito dopo tre mesi a Malta, dove esercitò l’attività di orafo nella “strada santa Lucia”, per tentare di pagare i suoi debiti con i mercanti francesi e moreschi che lo avevano liberato; fu rilasciato soltanto in seguito all’intervento della maestranza degli orefici e argentieri di Palermo che pagò la cifra richiesta 6.

Per quanto riguarda Michele Laudicina senior (1762-1832) 7, alla fine degli anni Ottanta del XIX secolo il maestro trapanese, figlio di Maria Scaduto e del corallaio Gaspare Laudicina (post 1742-?), si trovava sull’isola di Malta, dove viveva con la moglie e i due figlioletti a La Valletta (Fig. 1) e vi rimase almeno fino al 1795. I documenti consultati restituiscono l’immagine di un giovane artisticamente dotato e intraprendente, alle prese con problemi economici e debiti legati principalmente al suo lavoro e alla necessità di realizzarsi, che cercò di fronteggiare con il pieno appoggio della consorte. Michele era dal 1786 sposato con Maria, maltese di La Valletta, figlia di Margherita e Filippo Paris; ella il 15 dicembre 1789 ipotecava tutti i suoi averi, ricevuti con la dote, con il concittadino Salvatore Agius in cambio di cento scudi maltesi (Fig. 2) 8 in monete d’argento che avrebbe restituito con gli interessi entro due anni da quella data. Michele, nell’occasione, dichiarava che ciò si verificava «per urgenti sue, e della di lei», riferito alla moglie, «famiglia necessità» 9; Maria dal canto suo rassicurava «d’esser vero tutto quanto tal che non è né sedotta, ne forzata dal marito à far l’obligatione, ma che volontariamente vuol devenire à quella per esser come sopra costretta dalla propria necessità in cui ritrovasi» 10. Viene da chiedersi per quale motivo Laudicina avesse deciso, poco più che ventenne, di lasciare la sua isola natale per un’altra, seppur “vicina” per innumerevoli ragioni, governata allora dal Gran Maestro francese Emmanuel de Rohan-Polduc (in carica dal 1775 al 1797). Una risposta potrebbe darla il fatto che si trovasse a Malta anche il fratello maggiore Alberto, ugualmente incisore di pietre dure e preziose, che lì si era recato, sfruttando la presenza o le relazioni di alcuni corregionali 11, per risollevare le condizioni economiche della sua famiglia e garantire un futuro più roseo ai figli, che sarebbero divenuti tutti affermati incisori (si tratta di Gaspare, Giuseppe, Michele e Raffaele) 12; tra essi Gaspare soltanto seguirà le orme del padre e dello zio sull’isola di Malta, facendosi largamente apprezzare 13. All’epoca a Malta «le strade erano affollate di gente ben vestita, il cui aspetto denotava salute e agiatezza» 14. Anche il Nostro provò così a migliorare la propria posizione e a imporsi nell’intercettare le committenze di intagli e cammei, piccoli e maneggevoli souvenir oltre che un buon investimento, da parte dei numerosi viaggiatori stranieri 15. Egli si era già fatto notare per «l’arte di scolpir pietra di basso rilievo, e ridurle in camei, ed altre opere» 16 con una matrice stilistica chiaramente legata alla maniera neoclassica. Anche a Malta, dalla fine del XVIII e poi nel XIX secolo, era diffuso 17 un particolare apprezzamento per gioielli in corallo, micro mosaico, lava del Vesuvio e per i cammei in conchiglia o pietre dure 18, che la presenza di Laudicina credo poté contribuire ad affermarsi. Ciò, dunque, sembrerebbe aprire nuove prospettive di ricerca in quanto si è ritenuto finora, in considerazione della forte influenza della cultura napoletana e romana anche nel campo dell’oreficeria locale 19, che meramente «micro mosaics and cameos were imported from Rome, and the lava and coral for use in jewellery came from Naples» 20.

Si apprende contestualmente dai documenti che all’atto del matrimonio tra i due coniugi Laudicina, «apportò costei in dote un mezzanino d’annua rendita di scudi trentacinque l’anno in denaro scudi quattrocento, e sei cento robba, giogali d’oro, e d’argento» 21. Tale proprietà si trovava nella zona di Marsamxett (Marsamuscetto), il più a nord dei due porti di La Valletta. Il lavoro e gli affari, pertanto, non dovevano andare proprio bene. Si era verificato sfortunatamente al momento della loro vendita, un problema, magari connesso alla Rivoluzione in corso, con un gruppo di opere dal valore di trecento scudi che egli aveva spedito nel regno di Francia 22 e ciò aveva posto Michele in una situazione di difficoltà economica, per cui gli conveniva «aver detti scudi cento per riparare alle famigliari necessità, e di due figli ancora nell’infanzia». Ed è proprio questo il motivo che sta alla base del gesto della moglie Maria, evidentemente di buona estrazione sociale ma soprattutto parte integrante delle logiche gestionali riguardanti l’attività del marito. Non è un mistero che già da secoli in Sicilia molte donne ricoprissero un ruolo attivo nell’organizzazione e crescita delle botteghe familiari a supporto del lavoro manuale svolto, nella maggior parte dei casi, dagli uomini 23. D’altra parte nella Malta del XVIII secolo «marriages between parties of different social positions were discouraged» 24, per cui la posizione di Michele al suo arrivo sull’Isola non doveva essere da meno. Da sottolineare come sia la prima volta che emergano in relazione a Michele Laudicina senior rapporti lavorativi con i territori d’Oltralpe, e ciò non fa che confermare il respiro “europeo” della sua arte, già chiaro ai contemporanei 25.

I due coniugi già il 1 agosto 1789 avevano ricevuto in prestito dal notaio Emanuele Cachia di La Valletta 300 scudi maltesi in moneta d’argento, obbligandosi a restituirli dopo quattro anni; dovevano consegnarli a Michelangelo Vassallo per riscattare il mezzanino che il di lei padre aveva ipotecato per tale somma, prima che lei lo ricevesse in dote dalla madre rimasta vedova 26. Michele e Maria, in realtà, il 28 aprile 1789 avevano ricevuto in prestito altri 300 scudi dal Cappellano Conventuale fra’ Giovanni Luigi Riddi 27. Il 30 settembre 1792 la donna «per estinguere diversi debiti […] con suo marito contrattati», probabilmente da collegare nuovamente all’attività di quest’ultimo, decise definitivamente di «alienare un suo mezzanino dotale […] e rogare l’opportuno contratto con l’interessamento d’altra persona in vece di suo marito che ritrovasi assente» 28. Ne deduciamo che Michele in questi anni fosse solito allontanarsi per seguire i suoi affari e poi ritornare a Malta dalla sua famiglia, prima di abbandonare l’Isola definitivamente. Egli almeno dal 1790 aveva intrapreso il commercio con la Sicilia raggiungendo per mare Mazara o Marsala, «col quale va sostenendo la dì lui famiglia» 29: non è specificato di cosa si trattasse nel dettaglio nei documenti, ma ritengo che commerciasse gemme e cammei. Spesso egli si ritrovava così anche a dover recuperare il denaro necessario per assicurare i carichi prima della partenza 30. Noto in questi anni per i suoi commerci di preziose opere in Sicilia, soprattutto a Palermo, e a Malta era anche il concittadino orafo Giuseppe Costadura junior, per quanto riguardava «gioje, antiche monete, pietre dure, e preziose, e così per diamanti, brillanti, smeraldi, zaffiri, berilli, agate, ametisti, balagi, carbuncoli, crisaliti, corniole, granati, giacinti, diaspri, rubini, perle, sardonici, topazii, e simili» 31.

Michele Laudicina aveva iniziato la formazione nella sua Trapani che, in linea con quella di molti colleghi incisori del tempo, pur provenendo egli da una famiglia di artisti, avvenne presso una figura familiare quale lo scultore Francesco Nolfo (1741-1809) 32. Sono state tramandate la frequentazione a Roma dello studio di Giovanni Antonio Pichler (1734-1791) 33, l’incisore più noto della seconda metà del XVIII secolo, che appare verosimile soltanto se si ipotizza sia avvenuta nel corso di uno o più brevi viaggi compiuti prima che Laudicina lasciasse definitivamente Malta nel 1795, dal momento che Pichler morì quattro anni prima di questa data 34; e la familiarità con altre figure, tra le quali possiamo forse riconoscere incisori quali il veneziano Lorenzo Masini (1713-?) e Giovanni Antonio Santarelli (1758 (o 1759 o 1761)-1826), quest’ultimo poi protagonista della scena glittica fiorentina 35. Notizie da leggere come rivelatrici della sua volontà di aggiornarsi dal vivo sui modelli classici, così come numerosi altri artisti stranieri fecero in quegli anni. Caratteristica peculiare della sua vicenda di intagliatore di pietre dure e preziose appare, dopo la parentesi maltese, il peregrinare oltre i confini geografici del regno di Sicilia e degli stati italiani: dopo Roma fu a Firenze, Vienna, Milano, Genova, Venezia e Napoli, potendo contare su autorevoli commissioni e sfruttando sia le relazioni tra gli stessi regnanti che il fatto che le opere che egli realizzava fossero perlopiù memorabila, oggetti da collezione e doni “diplomatici”. Ma questo suo spostarsi, come suggerito già dal contemporaneo barone di Imbrici Giuseppe Maria Fogalli (1770-1848) 36, pare da collegare anche alle grandi trasformazioni politiche e sociali di quegli anni, correlate all’ascesa e poi alla caduta di Napoleone Bonaparte, il quale avviò la conquista della Penisola proprio tra il 1796 e il 1797.

Il repertorio iconografico di Laudicina doveva comprendere soggetti mitologici, allegorici 37 e storici, soprattutto busti di profilo di personaggi illustri, uomini e donne, del passato e contemporanei realizzati per l’elite siciliana, italiana ed europea, nonché riproduzioni di opere d’arte antiche per i viaggiatori del Grand Tour. Va da sé che i modelli utilizzati potevano essere calchi di monete, medaglie e gemme, o ancora disegni, incisioni e busti. Si deve ad Agostino Gallo il parere, poi ripreso da più parti, secondo cui Michele Laudicina «nell’incisione de’ cammei se non avea la correzione ed eleganza del disegno degli antichi e se per questa parte non si avvicinava al celebre moderno Pickler ne avea al certo la diligenza» 38, ovvero egli riteneva che il suo rigore tecnico nel taglio, incisione (incisione a rilievo nei cammei) e lucidatura superasse l’invenzione. Si tratta di un giudizio difficile da vagliare dal momento che rimane molto poco di quello che dovette produrre. A causa di tale dispersione, non sono note sue opere con temi mitologici, anche perché recentemente sulla base di una revisione inventariale è stata riconsiderata l’ipotesi attributiva relativa ai sei cammei (Giove e Ganimede, Giove trasformato in aquila, due Baccanti, Psiche, testa di Ercole) in conchiglia esposti al Museo Regionale “Agostino Pepoli” di Trapani tradizionalmente a lui riferiti e ora restituiti convincentemente al catalogo del nipote Giuseppe Laudicina (1800-?) 39. Allo stato sono conosciute soltanto opere celebrative di personaggi storici. Possedere o esibire pietre rare, preziose anche per qualità che spesso travalicavano la mera apparenza estetica, intagliate e incise oppure lavorate a rilievo; indossarle facendo sfoggio della propria posizione sociale o solo collezionarle erano condizioni che andavano di pari passo con l’esercizio del potere e l’amore per il lusso. Ed eccole allora proliferare in gioielli, tabacchiere, portagioie, cofanetti, etc. Tra i suoi committenti più celebri dopo gli anni maltesi, dove fu anche al servizio dell’Ordine e dell’aristocrazia locale, si possono annoverare l’imperatore d’Austria Francesco II d’Asburgo-Lorena (1768-1835) e la consorte imperatrice Maria Ludovica d’Austria-Este (1787-1816), che gli affidarono almeno un cammeo in calcedonio con le effigi di entrambi; Ferdinando I delle Due Sicilie (1751-1825) con la moglie morganatica Lucia Maria Migliaccio (1770-1826), duchessa di Floridia, per i quali è documentata la realizzazione di diversi cammei, molti raffiguranti il sovrano a mezzo busto, a figura intera o a cavallo; e, infine, la coppia reale formata da Francesco I delle Due Sicile (1777-1830) e la seconda moglie Maria Isabella di Spagna (1789-1848), di cui realizzò i ritratti in un cammeo in calcedonio 40 poi divenuto di proprietà della figlia Maria Amalia (1818-1857), moglie dell’infante di Spagna Sebastiano di Borbone (1811-1875).

Uno dei pochi cammei riferiti con certezza alla sua mano, siglato con le iniziali «ML», è in agata montato su un anello in oro e fa parte della collezione Carafa Jacobini (Fig. 3), esposto per la prima volta qualche anno fa 41. L’incisione a rilievo dell’agata, pietra stratificata di durezza non eccessiva, riproduce il busto di profilo della regina consorte di Napoli, in carica dal 1806 al 1808, Marie Julie Clary (1771-1845), moglie di Giuseppe Bonaparte (1768-1844). L’opera denota una delicata resa naturalistica, soprattutto della capigliatura raccolta in uno chignon alto e arricchita da una tiara, in linea con la sua ritrattistica ufficiale. Essa ha in aggiunta una evidente importanza storica, in quanto testimonianza dell’occupazione francese del regno di Napoli e potrebbe risalire proprio al 1808: nell’aprile di tale anno la regina, che stava per ascendere al trono di Spagna, fece il suo arrivo a Napoli per supportare il marito nel sedare alcune rivolte e anche per tenere la reggenza del regno in attesa dell’arrivo dei nuovi sovrani Gioacchino Murat (1767-1815) e la cognata Carolina Bonaparte (1782-1839).

Significante appare soprattutto il soggiorno viennese di Michele Laudicina, nei primissimi anni del secondo decennio del XIX secolo. Fu molto stimato a corte e tenuto in grande considerazione. Ciò risulta anche dal carteggio del 1811 fra Franz de Paula Neumann (1744-1816) 42, direttore del gabinetto di antichità e delle medaglie imperiali, e il consigliere di stato russo Heinrich Karl Ernst Köhler (1765-1838), in relazione a una prestigiosa commissione che Laudicina ricevette in questi anni a favore delle collezioni dello zar Alessandro I (1777-1825). Si tratta di quattro cammei in corniola rossa (Figg. 4567) con cornice in oro, che ne recano posteriormente un’altra in argento, raffiguranti altrettanti imperatori del Sacro Romano Impero -Francesco I di Lorena (1708-1765), Giuseppe II d’Asburgo-Lorena (1741-1790), Leopoldo II d’Asburgo Lorena (1747-1792) e Francesco II- oggi parte della collezione di arti applicate europee del museo statale Ermitage a San Pietroburgo 43. Essi, terminati nel novembre 1811, andarono a completare la serie di 198 cammei (“Kaiser-Suiten”), che era giunta al museo alla metà dell’ultimo decennio del XVIII secolo, con i ritratti di antichi imperatori romani e del Sacro Romano Impero, da Gaio Giulio Cesare (100 a.C.-44 d.c.) a Francesco II, e alcuni orientali, che è stata attribuita dubitativamente all’incisore e medaglista tedesco Johann Christoph Schaupp (1685-1757) 44. I quattro cammei di Laudicina, pur nella resa naturalistica, rivelano una descrizione sommaria e non fisiognomica dei ritrattati che sembra corrispondere evidentemente più a uno status symbol che a un carattere, non rivelando nulla della loro interiorità. Egli doveva essere a conoscenza della tecnica di Pichler di disegnare i profili dal vivo e poi cercare tra i modelli antichi l’ispirazione che fungesse da modello guida per la resa finale 45. Raffigurano elegantemente i sovrani in età matura, tutti con la corona dall’oro sull’augusto capo e in una dimensione pubblica come suggerisce anche l’abbigliamento. Dovette trattarsi di una delle commissioni più prestigiose per Laudicina, una tipologia, quella dei cosiddetti “cammei di Stato” 46, con la quali si confrontò più volte nella sua carriera, soprattutto per gli Asburgo-Lorena e i Borbone di Napoli, opere programmatiche e funzionali a legittimare l’esercizio del potere dei sovrani rifacendosi al passato imperiale romano e all’investitura divina.

Firmando il suo necrologio, così scrisse Agostino Gallo: «Michele Laudicina da Trapani, professor di Gliptica pria nella R. Università di Palermo, e poscia nel patrio Liceo, cessò di vivere in questa capitale a 16 novembre 1832 di anni 60 circa. Egli erasi acquistato buon nome in Sicilia, e in Roma, ove lungo tempo soggiornò, e appreso avea l’incisione in pietre dure da Santerelli, e Mastini ottimi artisti. E veramente nel meccanismo dell’arte valea moltissimo; imperocchè con una invincibile pazienza sapea domar la duressa de’ diaspri delle agate orientali, e degli onici e di altre simili pietre, e farvi emergere, o profondarvi delle figure. Però non poteasigli da’ conoscitori menar buona la pretensione di far passare le sue incisioni per antiche. Poteano tentar ciò talvolta il celebre Pickler, o il Rega che tanto studiato aveano sull’antico; ma non già il Laudicina, che avea più presto tolto il disegno, e i concetti da’ moderni artisti. Ciò non pertanto ei merita lode per li suoi lavori, alcuni dei quali sono di tutto finimento; siccome quelli che trovansi di lui presso S.E. il Principe di Trabia 47 che volle aggiungerli alla sua ricchissima collezione di antiche, e moderne pietre incise. Egli merita lode altresì per aver diffuso quest’arte in Sicilia col communicarne l’insegnamento a’ suoi compatrioti, che da natura sembran destinati a riuscire egregiamente in quest’arte difficile, e meravigliosa» 48. Michele Laudicina senior all’indomani della sua morte viene ricordato, dunque, sia in qualità di artista ma anche di accademico. L’ultimo aspetto che vorrei sottolineare è, allora, quello del suo impegno nella didattica e valorizzazione della glittica per i suoi contemporanei ma anche per le generazioni future. Laudicina occupò la cattedra di Glittica presso l’Università di Palermo per 200 onze 49 l’anno dal 1814 al 1818 e successivamente dal dicembre 1827, con uno stipendio annuo di 240 ducati, insegnò nella Pubblica Scuola di Pittura e Belle Arti di Trapani. Tra gli aspetti importanti da approfondire relativi al suo soggiorno maltese vi è proprio la vicenda relativa alla scuola per l’insegnamento dell’incisione su conchiglia che egli avrebbe fondato «per lo spazio di anni otto con molto suo lustro, e suo lucro» 50. Non sono fino a questo momento emerse evidenze sull’argomento. Ci si augura, contestualmente, di riuscire a indagare anche il ruolo avuto in tale contesto dal fratello e dai nipoti e, dunque, la presenza di eventuali altri collaboratori e allievi che portarono avanti il suo operato dopo che egli lasciò Malta.

  1. Desidero ringraziare Noel D’Anastas per il supporto alle mie ricerche. Ringrazio anche il prof. Mikhail Piotrovsky ed Erika Popova.[]
  2. I documenti d’archivio maltesi citati nel presente articolo sono tutti inediti e frutto del lavoro di ricerca, ancora in corso, svolto per il progetto CORI-2021-C3-D02-163217 (Responsabile: R. Cruciata) per lo sviluppo di collaborazioni internazionali dell’Università degli Studi di Palermo nell’ottica della creazione di una rete di ricerca avente come tema “La cultura artistica siciliana nelle sue relazioni con le isole maltesi in epoca moderna”.[]
  3. Vedi Arti Decorative in Sicilia. Dizionario biografico, a cura di M.C. Di Natale, II voll., Palermo 2014, I, Gili ad voces, pp. 289-290; M.C. Di Natale, Montalbano ad vocem, in Arti Decorative …, 2014, II, pp. 440-441; Arti Decorative…, 2014, II Laudicina ad voces, pp. 350-351.[]
  4. Cfr. R. Cruciata, Intrecci preziosi. Arti Decorative Siciliane a Malta 1565-1798, Palermo 2016, passim e in part. 29-36.[]
  5. R. Cruciata, Sicilian silver in Malta: an eighteenth century ciborium in Mdina, in “The Burlington Magazine”, January 2023, vol. 165, no. 1438, pp. 42-49, in part. 42.[]
  6. Devo questa notizia al compianto padre Giorgio Aquilina OFM.[]
  7. Per l’artista si rimanda a C. Ritchie, Shell Carving: History and Tecniques, London1974, p. 193  e a M.C. Di Natale,  Maestri corallari trapanesi dal XVI al XX secolo, in Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 2003, pp. 23-26, in part. 48-49. Si veda pure R. Vadalà, Laudicina Michele sr. ad vocem, in Arti Decorative…, 2014, II, pp. 350-351, con la bibliografia locale completa.[]
  8. Lo scudo maltese si suddivideva in 12 tarì, a loro volta divisi in 20 grani, che si dividevano in 6 piccioli.[]
  9. Magna Curiae Castellaniae (MCC) , Acta Originalia, vol 1374, a. 1796, f. 3r.[]
  10. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …., 1796, f.3v.[]
  11. Cfr. R. Cruciata, Intrecci preziosi…, 2016, pp. 58-59.[]
  12. B. da Santa Caterina, Trapani nello stato presente profana e sacra opera divisa in due parti, Parte I, Trapani profana, ms. del 1810 custodito presso la Biblioteca Fardelliana di Trapani ai segni ms. 199, p. 337; G.M. Fogalli, Memorie biografiche degli illustri trapanesi per santità, dignità, nobiltà, dottrina e arte, ms. del 1840 custodito presso la Biblioteca del Museo Regionale Pepoli di Trapani ai segni 14 C 8, p. 669.[]
  13. G.M. Fogalli, Memorie biografiche …, 1840, p. 669.[]
  14. P. Brydone, Viaggio in Sicilia e Malta, 1770, a cura di V. Frosini, Milano 1968, p. 143.[]
  15. Per i rapporti tra Sicilia, arti decorative e Grand Tour si rimanda ai numerosi studi di Sergio Intorre sull’argomento.[]
  16. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …., 1796, f. 3v.[]
  17. Cfr. T. Freller, Malta and the Grand Tour, Malta 2009.[]
  18. F. Balzan, Aspects of nineteenth-century jewellery in Malta, in International Perspectives on the Decorative Arts Nineteenth-century Malta, ed. M. Sagona, Malta 2021, pp. 36-47.[]
  19. Vedi R. Cruciata, Influenze e relazioni tra l’oreficeria di corte dei Borbone di Napoli e Sicilia e i gioielli a Malta nel XVIII secolo, in Cultura di corte nel secolo XVIII spagnolo e italiano: diplomazia, musica, letteratura e arte. I. Politica e diplomazia, atti del Secondo congresso internazionale della Società Italiana di Studi sul Secolo XVIII e della Sociedad Española de Estudios del Siglo XVIII a cura di N. Guasti, A.M. Rao, Napoli 2023, pp. 157-172.[]
  20. F. Balzan, Aspects of nineteenth-century jewellery… 2021, p. 40.[]
  21. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta…, 1796, f. 3v.[]
  22. Ibidem.[]
  23. Si rimanda a R. Cruciata, L’apporto delle donne al panorama siciliano delle arti decorative nei secoli XVI-XVIII, in cds.[]
  24. R. Attard, R. Azzopardi, Daily life in eighteenth-century Malta, Malta 2011, p. 103.[]
  25. Cfr. G.M. Calvino, Memoria sul dritto che ha la città di Trapani ad esser capoluogo per la magistratura a preferenza di qualunque altra città del Val di Mazzara, Palermo 1815, pp. 13-14.[]
  26. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …, 1796, ff. 6-9.[]
  27. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta Originalia, vol. 1363, a. 1795, ff. 2-3.[]
  28. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …, 1795, ff. 11-12.[]
  29. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …, 1795, f. 15v.[]
  30. Magna Curiae Castellaniae (MCC), Acta …, 1795, ff. 14r-15v.[]
  31. G.M. Fogalli, Memorie biografiche …, 1840, p. 665. Cfr. pure M.C. Di Natale, Gli studi sulle arti decorative a Trapani dal XVII al XX secolo, in “OADI Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 6, dicembre 2012, pp. 131-148, in part. 135.[]
  32. Si veda G.M. Di Ferro, Biografia degli Uomini Illustri Trapanesi dall’epoca normanna sino al correte secolo, Trapani 1830, t. II, pp. 169-173.[]
  33. Per tale artista G. Tassinari, Giovanni Pichler. Raccolta di impronte  di intagli e di cammei del Gabinetto Numismatico e Medagliere  delle Raccolte Antiche del Castello Sforzesco di Milano, Milano 2012.[]
  34. A. Gallo, Lavoro di Agostino Gallo sopra l’arte dell’incisione delle monete in Sicilia dall’epoca araba sino alla castigliana (Ms. XV.H.15., cc. 1r-45v) Notizie de’ figularj degli scultori e fonditori e cisellatori siciliani ed esteri che son fioriti in Sicilia da più antichi tempi fino al 1846 raccolte con diligenza da Agostino Gallo da Palermo (Ms. XV.H.16., cc. 1r-25r; Ms. XV.H.15., cc. 62r-884r, trascrizione e note di A. Anselmo, M.C. Zimmardi, Caltanissetta 2004, a p. 255 non ne fa cenno.[]
  35. Per Masini si veda G. Tassinari, Collezionisti, committenti e incisori di pietre dure a Venezia nel Settecento, in Collezionisti e collezioni di antichità e di numismatica a Venezia nel Settecento, atti del convegno a cura di A. Gariboldi, Trieste 2022, pp. 99-211, in part. 146-164; per Santarelli Eadem, Un ignoto incisore di gemme: lo scultore e ceroplasta Francesco Pozzi, in “MDCCC 1800”, vol. 9, luglio 2020, pp. 5-46, part. 14. G.M. Fogalli, Memorie biografiche …, 1840, p. 665 cita anche «Filippo Sanchi».[]
  36. G.M. Fogalli, Memorie biografiche…, 1840, p. 669.[]
  37. S.M. Briguccia, Il cammeo conchigliare di Trapani, in “Trapani”, n. 11, 1957, pp. 23-26, in part. 26  gli riferisce alcuni manufatti in conchiglia presenti allora nella collezione trapanese del notaio Bartolo Barresi, tra cui una tabacchiera con ritratto del chirurgo palermitano Calcedonio Marini (1763-1819), un Esculapio e due Baccanti; cita, inoltre, una composizione con tre figure sovrapposte di profilo raffiguranti Saggezza, Forza e Bellezza.[]
  38. A. Gallo, Lavoro di Agostino …, 2004, p. 256. Si veda anche Idem, Sull’arte dell’intaglio in pietre dure o tenere in Italia, in “Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti”, t. CLXXXI, n.s. XXXVI, gennaio-febbraio 1863, Roma 1864, pp. 50-85, in part. 67-69.[]
  39. D. Scandariato, Postille a margine di una revisione inventariale, in Museo Pepoli Cento anni di storia, Trapani 2018, pp.115-120, in part. 117, che ricostruisce l’intera vicenda e con bibliografia precedente.[]
  40. A. Gallo, Lavoro di Agostino …, 2004, p. 256.[]
  41. M. Carafa Jacobini, S. Marra, scheda 51, in Dall’Aspromonte a Porta Pia. I Borbone, Pio IX e Garibaldi. Memorabilia dalle collezioni Carafa Jacobini, Ruffo di Calabria ed altre raccolte, catalogo della mostra a cura di M. Carafa Jacobini, S. Marra, F. Petrucci, Roma 2010, p. 47.[]
  42. A. Bernhard-Walcher, Geschnittene Steine des 18. und 19. Jahrhunderts in der Antikensammlung des Kunsthistorischen Museums Wien, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte” 59. Bd., H. 2, 1996, pp. 162-182, in part. 170 gli attribuisce un cammeo con tre volti parte delle collezioni imperiali viennesi, ancora non identificato, che in precedenza era stato riferito a Giuseppe Cerbara (1770-1856), incisore e medaglista romano.[]
  43. S. Kokareva, Cameo series with portraits of emperors in the Hermitage collection, in “Report of the State Hermitage Museum”, 66, Saint Petersburg 2008, p. 101.[]
  44. Cfr. S. Kokareva, Cameo series … 2008, pp. 99-104. Cfr. A. Bernhard-Walcher, Geschnittene Steine …, 1996, pp. 162-182.[]
  45. Si veda Milano raffigurata. Avvenimenti, personaggi ed istituzioni cittadine, fasc. II, Ducato di Milano. Giuseppe II d’Asburgo-Lorena (1765-\790). Giovanni Pichler: ritratti della famiglia imperiale e della nobiltà lombarda nelle impronte di intagli e di cammei, a cura di G. Tassinari, Milano 2000, p. 6.[]
  46. Cfr. G. Seidmann, Portrait Cameos: Aspects of their History and Function, in Cameos in Context. The Benjamin Zucker Lectures, 1990, Oxford/Houlton 1993, pp. 84-102.[]
  47. Si tratta di Giuseppe Lanza Branciforte (1780-1855), mecenate, archeologo e politico palermitano.[]
  48. A. Gallo, Necrologia, in “Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia”, t. V, a. II, Palermo 1833 (gennaio), pp. 104-105.[]
  49. Raccolta de’ bills, e decreti de’ Parlamenti di Sicilia 1813, 1814, e 1815, Palermo 1815, decreto n. 9, Palermo 26 Aprile 1815, pp. 45-46.[]
  50. G. M. Fogalli, Memorie biografiche…, 1840, p. 669.[]