Sergio Intorre

Monreale negli sguardi del Grand Tour tra opere, testi e immagini

sergio.intorre@unipa.it
DOI: 10.7431/RIV28112023

 

La mostra “Monreale negli sguardi del Grand Tour – Opere e luoghi tra immagini dei viaggiatori stranieri e committenza degli Arcivescovi”, inaugurata presso il Duomo di Monreale il 7 settembre 2022 e aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2023 presso la Sala San Placido del Museo Diocesano di Monreale, si pone in continuità con i recenti studi sulle testimonianze relative alle Arti Decorative siciliane presenti nei diari dei viaggiatori del Grand Tour 1. L’esposizione è stata organizzata, dal Museo Diocesano di Monreale, dal Duomo di Monreale, dalla Biblioteca Torres di Monreale, dalla Fondazione Sicilia e dalla Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, con il patrocinio del Dipartimento Culture e Società e dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina” dell’Università degli Studi di Palermo e della S.I.S.C.A. – Società Italiana di Storia della Critica d’Arte ed è stata curata da Maria Concetta Di Natale e da chi scrive, con la presidenza del Comitato Scientifico di S.E.R. Mons. Gualtiero Isacchi, il coordinamento generale di Nicola Gaglio e Giuseppe Ruggirello, e l’allestimento di Barbara Rappa, particolarmente efficace nel mettere in relazione e in dialogo tra di loro le narrazioni dei viaggiatori stranieri su Monreale tra XVIII e XIX secolo, le immagini di Monreale a corredo dei loro diari di viaggio e le opere d’arte oggetto dei loro racconti. Il percorso espositivo, che ha compreso idealmente anche le tombe reali e la cappella Roano all’interno del Duomo, ha proposto disegni e incisioni su Monreale a corredo dei diari dei viaggiatori di maggior spicco del Grand Tour e opere direttamente visionate dai viaggiatori stessi. I testi dei viaggiatori stranieri e le immagini tratte dai loro diari, oggetto della mia indagine finalizzata alla mostra , sono diventati così essi stessi elementi portanti dell’esposizione, insieme a opere d’arte decorativa, disegni, incisioni, stampe, dipinti, documenti inediti e, naturalmente, alcuni tra i diari di viaggio più noti nelle loro edizioni originali, gentilmente concessi in prestito dalla Fondazione Sicilia, che li custodisce presso la sua sede di Palazzo Branciforti a Palermo, e dalla Biblioteca Torres di Monreale.  Partendo dalle mie ricerche, il percorso è stato articolato, quindi, su tre linee tematiche fondamentali: la prima ha messo a stretto contatto i testi dei viaggiatori sul paesaggio di Monreale e sullo scenografico cammino che da Palermo porta fino al Duomo normanno e le immagini ad essi relativi, con le vedute della cittadina normanna e le scenografiche fontane che scandiscono la via fino ad essa; la seconda ha intrecciato le opere d’arte decorativa ancora oggi presenti nel Museo Diocesano e nel Duomo con i racconti che ne fanno i viaggiatori stessi; la terza ha ricostruito attraverso opere d’arte, documenti inediti e pubblicazioni del periodo, il contesto storico-culturale del tempo, dalla fine del XVI al XIX secolo. L’elemento che lega questi tre filoni principali è costituito dalle figure degli Arcivescovi di questo periodo, tra tutti Ludovico II Torres, ricordato dai viaggiatori soprattutto come colui che diede finalmente degna sepoltura a Guglielmo II, Giovanni Roano, che volle realizzare all’interno del Duomo la cappella del Crocifisso, ricordata da numerosi viaggiatori come paradigma dell’iperdecorazione barocca e Francesco Testa 2, più volte citato nei diari di viaggio come artefice del percorso scenografico da Palermo a Monreale, costellato di fontane, scenografiche nella loro eleganza e bellezza, ma al tempo stesso espressione di una misericordiosa attenzione al viandante bisognoso di ristoro durante il cammino e come committente del magnifico altare maggiore d’argento del Duomo, opera di Luigi Valadier. Le opere esposte sono frutto della committenza di questi Arcivescovi fino a Domenico Benedetto Balsamo, il cui mandato si concluse nel 1844.

Le testimonianze su Monreale redatte da viaggiatori stranieri in Sicilia coprono un arco di tempo ben più ampio di quello che va dall’ultimo quarto del XVIII secolo alla metà del XIX, epoca d’oro del Grand Tour 3. Se, infatti, in questo periodo arrivarono nell’Isola da tutta l’Europa nobili più o meno giovani, ricchi borghesi, religiosi, intellettuali, militari e giramondo, spinti da suggestioni neoclassiche 4, da spirito d’avventura, o, più semplicemente, dalla curiosità suscitata dai due racconti di viaggio di Riedesel 5 e Brydone 6, che con il loro successo editoriale avevano di fatto dato il via al Grand Tour come fenomeno europeo di massa 7, già a partire dal primo Quattrocento, fino a tutto il XVII secolo, si susseguono preziosi resoconti su Monreale, che costituiscono oggi fonti particolarmente utili per gli studi scientifici sulla cittadina e sulle sue emergenze storico-artistiche ed architettoniche. Tra le prime testimonianze spicca quella di Nompar de Caumont 8, che viaggiò in Sicilia tra il 15 ottobre del 1419 e il 19 febbraio del 1420 9. Come racconta egli stesso, “indignato delle miserie, delle sopraffazioni e dei disordini del mondo” 10, nel 1417 intraprese un pellegrinaggio tra l’Europa e Gerusalemme, da cui fece ritorno due anni più tardi 11. Di ritorno dalla Terrasanta, nel 1419 sbarcò in Sicilia. Il suo racconto, pubblicato nel 1858 a Parigi da Adélaïde Édouard Lelièvre, marchese de la Grange, che aveva sposato nel 1827 Constance Magdeleine Louise Nompar de Caumont 12, discendente dell’autore del Voyage d’oultremer 13, riporta una descrizione particolarmente accurata del Duomo di Monreale, della sua decorazione a mosaico e della preziosità dei materiali impiegati al suo interno 14.  Emergono chiaramente dal testo lo  stupore e l’ammirazione con cui Caumont osserva il Duomo, la cui visione diretta, come riferisce egli stesso, gli conferma la fama di cui l’edificio godeva già presso i suoi contemporanei 15. Particolarmente significativa è per noi oggi la descrizione delle sepolture di Guglielmo I e Guglielmo II all’interno del Duomo:

E là dentro c’è una sepoltura di un re che si chiamava re Guilhem (Guglielmo) che, nel tempo in cui viveva, fu re di quest’isola di Sicilia e di Napoli; la quale sepoltura è molto bella e ricca, vedendo le pietre meravigliose che ci sono. La detta sepoltura è fatta di una pietra molto grande tutta di un pezzo di questa pietra che si chiama porfido; e sopra questa tomba c’è il coperchio tutto di un altro pezzo di questa medesima pietra e colore, e sono sì sottilmente congiunte che a mala pena si può riconoscere. Questa sepoltura è sostenuta in alto sopra terra su colonne di questa pietra e all’intorno ci sono VI colonne rotonde che sono pure tutte del sopradetto porfido violetto, le quali sostengono un tetto (couverture) di porfido bianco che oltrepassa tutta la sepoltura, fatto nobilmente a modo di tetto di cappella 16; e davanti a questa sepoltura, c’è una tomba di pietra dove è seppellito il figlio di questo re, che si chiamava re Guilhem così come suo padre, il quale fece fare questa detta chiesa, la quale tomba non è così bella né fatta così riccamente e quando morì non ne voleva neanche per sé. Perché diceva, secondo quello che dicono, che di queste onoranze e vanaglorie del secolo alla sua morte non faceva caso.

Il racconto di Caumont risulta dissonante rispetto all’ipotesi formulata da Michele Del Giudice, che individuava la prima sepoltura di Guglielmo II nel sarcofago di epoca romana con due leoni ai lati successivamente convertito in fontana 17, attualmente all’ingresso del Museo Diocesano di Monreale 18 (Fig. 1). Un’ulteriore elemento a supporto dell’idea che il sarcofago non fosse stata la prima sepoltura di Guglielmo II potrebbe essere costituita dal racconto di Lello 19, redatto durante il mandato arcivescovile di Ludovico II Torres, che nel 1575 fece edificare la tomba ancora oggi visibile nella navata destra del Duomo (Fig. 2):

Appiè della detta sepoltura [la tomba di Federico II nella Cattedrale di Palermo] giaceva su’l pavimento in un deposito di mattoni il corpo del Re Guiglielmo 2, il Buono, se bene fu sepolto nella Chiesa maggiore di Palermo, ma fu poi, come egli haveva ordinato, transferito à quella di Monreale. Et l’Arcivescovo Don Luigi de Torres li fece fare un sepolcro di marmo, & lo collocò in mezzo della tribuna maggiore, dove si gira da tutte le bande.

Né Caumont né Torres fanno riferimento ai leoni o allo stesso sarcofago,  dato che indurrebbe ad escludere la presenza delle spoglie di Guglielmo II al suo interno. È plausibile, invece, che il sarcofago in questione, datato al III secolo d.C. 20, fosse giunto a Monreale in Età Moderna, come esito del legame diretto di alcuni Arcivescovi di Monreale con la realtà romana, come Giovanni Borgia (1483 – 1503), Pompeo Colonna (1530 – 1532) e Alessandro Farnese (1536 – 1573), o in seguito ai numerosi scambi e acquisizioni tra gli Arcivescovi monrealesi e il mercato antiquario romano 21, al quale si può ricondurre la provenienza del sarcofago, praticamente identico all’esemplare recentemente esposto presso i Musei Capitolini nella mostra sulla collezione Torlonia (Fig. 3), datato tra il 260 e il 270 d.C., e documentato fin dal XVI secolo all’interno di Palazzo Savelli, poi Orsini, residenza nobiliare realizzata nelle rovine del Teatro di Marcello 22. Anche se nell’esemplare Torlonia i leoni azzannano un ariete e non un onagro, come nel sarcofago monrealese, è tuttavia evidente la relazione tra le due opere. Interessante è anche il riferimento nel testo di Caumont alle reliquie di San Luigi, della sacra spina e del velo della Vergine 23, i cui rispettivi reliquiari sono ancora oggi custoditi presso il Museo Diocesano di Monreale:

[…] dall’altro lato è la sepoltura di San Luigi che fu re di Francia, dove fu posto dopo che fosse morto e mi diceva il monaco che mi aveva aperto le porte della chiesa che morì nelle parti di Berberia assediando un re saraceno davanti a Tunisi e là in quel luogo venne ucciso dalla sua malattia e poi fu trasportato il suo corpo in questa chiesa e posto in questa sepoltura; e il re di Francia che c’era allora, mandò a pregare il re Guilhem di Sicilia che gli volesse inviare il corpo e che gli avrebbe mandato una delle spine di Nostro Signore e un cappuccio di Nostra Signora, e il re Guilhem ricevette il dono e gli mandò il corpo di San Luigi tranne le viscere che rimasero come reliquie nella detta tomba.

Il reliquiario delle viscere di San Luigi 24 (Fig. 4), di maestranze dell’Italia settentrionale, è stato recentemente datato alla prima metà del XV secolo 25, quello della sacra spina (Fig. 5), di orafi francesi e siciliani, è datato al XIII secolo con integrazioni del XIV e del XVII secolo 26. La reliquia del velo della Vergine è oggi contenuta insieme ad altre nel reliquiario architettonico di San Gregorio Papa realizzato tra il 1540-41 e il 1588-1609 e attribuito ad Andrea de’ Peri 27. I primi due, esposti in mostra, sono custoditi presso la Sala Normanna del Museo Diocesano di Monreale, il terzo presso la Sala dei Vescovi dello stesso Museo 28.

Pellegrino in Terrasanta è anche Nicolas Bénard 29, del quale non si sa molto, se non le poche notizie che apprendiamo dal racconto di viaggio dello stesso autore, che fu in Sicilia di passaggio, nel 1616 30, da giovane ventenne Cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro 31, “a esempio e imitazione dei numerosi pii e devoti personaggi che sono andati in pellegrinaggio a Gerusalemme e visitato il Santo Sepolcro di nostro Signore Gesù Cristo” 32. A Monreale ammira la grandiosità del Duomo, che definisce un “tempio superbo” 33, dei suoi cicli musivi, delle sepolture reali e della cappella dedicata a San Placido, oggi prima sala del percorso espositivo del Museo Diocesano di Monreale 34, nella cui volta non a caso si ammira oggi lo stemma dell’Arcivescovo Torres. All’interno del Duomo descrive una cappella “molto bella che si trova nella navata della suddetta chiesa: in questa ci fu mostrata una pace fatta di un vetro di cristallo così chiaro e trasparente con diverse figure incise e rappresentate in modo così delicato e laborioso, che non si può vedere niente di meglio, stimata (come ci fu detto) più di ottocento scudi” 35. Si tratta della Pace con Adorazione dei Magi (Fig. 6), esposta in mostra e realizzata nella seconda metà del XVI secolo da Muzio Zagaroli, che Bénard vede nella cappella di San Castrense del Duomo 36. L’opera figura anche in un inventario del 1599: “una pace di argento dorato con li Tri Re di cristallo di Rocca con sua caxetta di legno rosso fodrata di broccato verde” 37. L’opera è esposta oggi nella Sala dei Vescovi del Museo Diocesano di Monreale, la cassetta citata nell’inventario è andata perduta nel tempo.

Alla fine del XVIII secolo Monreale diventa una delle tappe ricorrenti negli itinerari dei viaggiatori stranieri, tanto che al piccolo centro, fino ad allora ascritto nella maggior parte dei casi alla categoria “dintorni di Palermo” viene sempre più spesso dedicato un paragrafo a parte, alla pari di città come Palermo o Catania. Pur continuando ad individuare nel Duomo e nei tesori custoditi al suo interno il punto focale della visita, i viaggiatori del Grand Tour cominciano a sottolinearne la dimensione paesaggistica, che trova un felice riscontro nell’affermazione del Voyage Pittoresque come genere autonomo della letteratura di viaggio 38, così definito già nel 1806 da Aubin-Louis Millin nel suo Dictionnaire de Beaux-Arts 39:

Questa espressione deve essere intesa come qualsiasi viaggio che un artista intraprende in qualsiasi paese, per studiare la natura in tutte le sue produzioni, per raccogliere i siti, le vedute, i paesaggi più adatti a produrre effetti belli, e soprattutto per conoscere i costumi, le abitudini, l’abbigliamento e i monumenti, sia antichi che moderni. Il risultato di un tale viaggio deve essere prima di tutto l’istruzione personale, e in secondo luogo, trasmettere la rappresentazione degli oggetti più curiosi, in descrizioni accompagnate da dipinti o incisioni eseguite secondo disegni scrupolosamente esatti.

Particolarmente fedele alla definizione di Millin risulta il Voyage Pittoresque di Jean Houël 40, uno dei capostipiti di questo particolare genere di letteratura di viaggio, il quale dedica a Monreale passi particolarmente evocativi 41:

Lasciato questo monastero (l’Abbazia benedettina di San Martino delle Scale, NdT), ho preso la strada per Monreale dalla cima delle montagne, girando verso est. Sapevo che questa strada, di per sé molto piacevole, offriva uno spettacolo incantevole; tuttavia, mi ha ancora sorpreso. Una volta percorsa mezza lega, e si è pronti a scendere a Monreale, si scopre una magnifica valle, molto vasta, delimitata da alte montagne che il mare avvolge a nord e a ovest. Da questo luogo si abbraccia con uno sguardo l’intera estensione di questo vasto spazio: il mare, con una dolce transizione, unisce gli oggetti terrestri alle nuvole che delimitano l’orizzonte e si innalzano nel cielo. Tutto l’insieme forma un quadro immenso, vario e mirabile, dotato di ogni caratteristica.

[…]

Le alte montagne di cui Palermo è circondata le forniscono una abbondante quantità di acqua di buona qualità. L’ingegno dei suoi abitanti, naturalmente incline alla decorazione, ha impiegato queste acque per tutti gli usi a cui potevano essere destinate. Dopo aver assegnato loro l’utile scopo di rifornire Palermo, si volle che servissero in viaggio a rifocillare i viandanti e a deliziarli per la loro abbondanza e per la varietà di forme che erano spinte ad assumere. Costruirono, su entrambi i lati della strada, fontane di un’architettura che, se non è sempre regolare, è sempre piacevole e leggera: per renderle più pittoresche, alcune di esse furono collocate tra alberi di specie diverse, e l’acqua fu fatta sgorgare in ogni sorta di forma, a getto, a spruzzo, a lenzuolo, a cascata; in alcune di esse sgorga a forma di ombrellino. Ad ogni passo si trova una nuova forma, un’immagine diversa, uno spettacolo incantevole, e questo piacere si unisce all’utilità, poiché in un clima così caldo si sente costantemente il bisogno di questo elemento.

Nell’opera i brani qui riportati sono corredati da due incisioni dello stesso Houël, che ritraggono due delle fontane sul cammino da Palermo a Monreale, che nell’allestimento della mostra hanno fatto da fondale alle teche in cui sono state esposte le opere (Figg. 78). Alle descrizioni appena citate va aggiunta quella di Michel-Jean Borch 42, nobile polacco di cultura francese, autore di trattati scientifici sulla geologia e sulla mineralogia siciliana 43 e membro di numerose Accademie italiane ed europee 44, in Sicilia tra il 1776 e il 1777 45:

Il sentiero che da Palermo porta a Monreale è un altro elemento che ritengo degno della vostra curiosità: in passato era una specie di viottolo tracciato a caso nella roccia, e il cui uso frequente credo che abbia causato da solo tutti i danni. Si andava a Monreale rischiando spesso di dover retrocedere quando si incontrava un animale un po’ carico, perché due animali in quelle condizioni non potevano passare uno accanto all’altro. Monsignor Testa, arcivescovo di Monreale, uomo molto ricco e buon pastore, ha realizzato a sue spese un superbo sentiero, spesso scavato nella solida roccia; e unendo l’utile al dilettevole, lo ha abbellito con panchine di pietra per i viaggiatori stanchi, una robusta e bella carreggiata per sostenere il terreno, e diverse fontane di nobile e bel disegno; il sentiero è così comodo e ben tracciato sul pendio della montagna che, nonostante la salita, l’ho percorso in mezz’ora al galoppo anche se sono da 5 a 6 miglia italiane, circa due leghe francesi 46.

Particolarmente evocativa è anche la descrizione che fa del cammino verso Monreale il nobile inglese Henry Swinburne 47, corredata da una splendida incisione all’interno dell’opera (Fig. 9), che arrivò in Sicilia nel dicembre del 1777 48:

Un viale di alberi secolari (alcuni dei quali platani) conduce dalle porte di Palermo attraverso la pianura fino ai piedi delle montagne, dove si unisce a una magnifica strada realizzata dal defunto arcivescovo Testa. Quest’opera fa onore al suo gusto e al suo spirito pubblico, poiché non è stato omesso nulla che il denaro o lo zelo per il bene dei suoi concittadini potessero realizzare. La strada si snoda agevolmente, sostenuta da robuste opere di contenimento e di sostegno, e ornata da bordure di arbusti fioriti, urne, fontane e iscrizioni. Le linee scolpite sulla fontana più bassa hanno un sapore molto classico; lasciano intendere che, poiché per completare quest’opera immortale non mancava altro che il nome del generoso fondatore, i magistrati e la comunità di Monreale hanno dedicato questo marmo al loro buon arcivescovo durante la sua assenza. Di fronte ce n’è un altro che respira il genuino spirito dell’antica scientia lapidaria, votato dai monrealesi al felice ritorno del loro prelato da una visita generale della sua diocesi.

Borch e Swinburne sono tra i primi autori a dare rilievo alla figura di Francesco Testa 49, Arcivescovo di Monreale dal 1754 al 1773, artefice del radicale cambiamento urbanistico che interessò il cammino tra Palermo e Monreale registrato dagli autori del Grand Tour, che vide coinvolto lo scultore Ignazio Marabitti 50, autore delle due fontane, quella del Drago e quella del Pescatore 51, realizzate nel 1767 e nel 1769 e che ancora oggi si possono ammirare lungo la salita verso Monreale. Di Marabitti è stato esposto in mostra il disegno nella collezione Sgadari Lo Monaco gentilmente prestato dalla Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, raffigurante il gruppo principale della fontana nota come “del cavallo marino” 52, che lo scultore eseguì per il Principe di Paternò e che dopo varie vicissitudini è oggi visibile in Piazza Santo Spirito a Palermo, selezionato per la sua vicinanza stilistica alle fontane monrealesi. Dello scultore sono stati esposti anche i due bozzetti in terracotta e legno dorato delle statue di San Pietro e San Paolo, custoditi presso il Museo Diocesano di Monreale insieme a quelli delle statue di San Marziano e Santa Lucia, portate a Monreale proprio da Mons. Testa, che aveva commissionato le opere in marmo a Marabitti durante il suo episcopato a Siracusa per la facciata del Duomo della città 53. Nell’ottica di una contestualizzazione del rinnovamento di Testa rispetto al paesaggio precedente, sono stati oggetto di esposizione anche i progetti delle fontane sul corso inferiore della strada di Mezzomonreale precedenti all’intervento di Testa e in parte oggi perdute, realizzate   tra il 1602 e il 1636 dall’architetto del Senato palermitano Mariano Smiriglio 54, anch’essi provenienti da Palazzo Abatellis. Non poteva sfuggire agli occhi degli attenti viaggiatori stranieri una delle manifestazioni più preziose della committenza dell’illustre prelato, l’altare in argento, bronzo dorato ed argento dorato del Duomo (Fig. 10), commissionato dall’Arcivescovo all’orafo romano Luigi Valadier 55, che lo realizzò tra il 1765 e il 1773 56, raffigurante in medaglioni racchiusi in eleganti cornici riccamente decorate episodi della vita di Maria: il paliotto riporta al centro la Natività della Vergine, con ai lati, leggermente arretrati rispetto al piano del paliotto, due ovali con la Pentecoste a sinistra e l’Assunzione a destra. I medaglioni sul gradino raffigurano l’Annunciazione, la Visitazione, la Madonna col Bambino, lo Sposalizio della Vergine, la Fuga in Egitto. Nella parte superiore dell’altare candelieri neoclassici si alternano a sei statue d’argento, che raffigurano Santa Rosalia, San Benedetto, San Paolo, San Pietro, San Castrense e San Luigi, tutti legati, seppur in maniera differente, alle devozioni della Cattedrale 57. Le statue di Santa Rosalia e San Luigi sono state eccezionalmente esposte in mostra, grazie alla spiccata sensibilità di Don Nicola Gaglio, Arciprete della Cattedrale. L’altare viene citato con una certa ammirazione da Dominique Vivant Denon, autore dei testi dell’altro grande Voyage Pittoresque dell’epoca insieme alla già citata opera di Houël, quello di Jean-Claude-Richard de Saint-Non 58. Così descrive l’opera Denon: “L’ultimo vescovo di Monreale fece decorare con grande magnificenza il fronte dell’altare maggiore in argento” 59. Non stupisce l’apprezzamento di Denon, intellettuale di spicco della cultura francese del periodo 60 e figura fondamentale nella costituzione delle collezioni del Louvre 61, caratterizzato da una sensibilità neoclassica coerente con le principali istanze artistiche dell’epoca, ma allo stesso tempo in grado di apprezzare linguaggi artistici diversi, come ad esempio lo stile gotico-normanno osservato in Sicilia 62. L’opera, infatti, si caratterizza per la ricchezza della decorazione e la raffinatezza classicheggiante delle figure dai sontuosi panneggi, disposte armonicamente in scene di composta eleganza. L’ampiezza di vedute di Denon risulta ancora più apprezzabile, se si considera che il gusto neoclassico di molti dei viaggiatori stranieri in Sicilia tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo condizionò spesso pesantemente alcuni giudizi, che oggi appaiono quanto meno bizzarri. Esempi particolarmente efficaci in questo senso sono costituiti da alcuni commenti relativi alla decorazione musiva del Duomo di Monreale: “un esemplare molto sgradevole del gusto gotico” 63, secondo Henry Swinburne, “non valgono lo sforzo di mettere gli occhiali per guardarli” 64, per John Galt, “la cattedrale è quasi incrostata di mosaici […] pesanti e asimmetrici” 65, per William Henry Smyth, solo per citarne alcuni.

Oltre al mandato dell’Arcivescovo Testa, di cui si è detto prima, l’altro dato storico riportato da più di un viaggiatore straniero in Sicilia è il terribile incendio che devastò il Duomo l’11 novembre del 1811. Fu l’Arcivescovo Domenico Benedetto Balsamo, che esercitò il mandato dal 1816 al 1844 66, ad impegnarsi per il ripristino della Cattedrale 67. I lavori cominciarono il 25 novembre del 1816 e si estesero a tutto il complesso monumentale 68. Tra i resoconti dell’incendio nei diari del Grand Tour spiccano quelli di Louis Nicolas Philippe Auguste de Forbin 69 e di Jean Giraudeau de Saint-Gervais 70. L’episodio, particolarmente drammatico, è stato documentato all’interno del percorso espositivo dalle riproduzioni fotografiche sviluppate da inedite lastre di vetro allo ioduro d’argento raffiguranti i lavori di restauro del Duomo successivi all’incendio, realizzate nella seconda metà del XIX secolo (Figg. 11121314151617).

Infine, come si è detto, il percorso espositivo si è esteso idealmente anche alla Cappella Roano, spesso trascurata dai viaggiatori del Grand Tour, verosimilmente per l’avversione tutta neoclassica verso l’esuberanza decorativa caratteristica del barocco siciliano e, in particolare, dei marmi mischi che la ricoprono interamente. Di particolare interesse è la descrizione che fa della cappella e degli armadi della sacrestia Jacques Boucher de Crèvecœur de Perthes 71:

La cappella del Crocifisso fu costruita nel 1690 da un canonico di nome Johanno Rotono (sic), ed è fatta interamente di marmo, mosaici e ornamenti in rilievo: l’insieme è un capolavoro di grazia ed eleganza. Nella sacrestia c’è un mobile intagliato in legno, decorato con figure e incorniciato con marmi preziosi: è, in questo genere, il più bel mobile che io conosca.

La decorazione della cappella (Figg. 1819), uno dei capolavori della tecnica barocca del marmo mischio, venne realizzata tra il 1687 e il 1692 dai marmorari Giovanni Battista Firrera, Baldassarre Pampillonia, Luzio Tudisco, Niccolò Musca, Giovanni Battista Marino e Carlo Rutè 72, che avevano già lavorato all’apparato decorativo della chiesa del Gesù di Casa Professa a Palermo 73. Il trionfo della Fede in Cristo, tema portante del complesso programma iconografico della cappella, si articola attraverso statue, virtuosistiche raffigurazioni di episodi biblici, animali, decorazioni floreali, che trovano la loro espressione più alta nell’episodio di Giona raffigurato sul pavimento 74 (Fig. 20). Per quanto riguarda gli armadi della sacrestia della cappella, non è sicuramente eccessivo l’apprezzamento dell’autore, trattandosi di un capolavoro dell’intaglio ligneo, raffigurante scene e personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento, opera realizzata alla fine del XVII secolo dagli intagliatori trapanesi Antonio Rallo e Alberto di Orlando 75.

La mostra “Monreale negli sguardi del Grand Tour – Opere e luoghi tra immagini dei viaggiatori stranieri e committenza degli Arcivescovi”, accostando nell’allestimento opere, testi ed immagini dei viaggiatori ha offerto l’opportunità di apprezzare in un’unica soluzione come storia dell’arte e letteratura di viaggio possano essere considerati elementi di un unico contesto culturale interdisciplinare, che può essere restituito nei termini di una soluzione espositiva scientificamente rigorosa e visivamente efficace, grazie anche all’articolato apparato didattico, che ha previsto l’inserimento nelle teche dei pannelli con le citazioni dei diari di viaggio riguardanti le opere esposte nella teca stessa, e alle grandi riproduzioni delle incisioni tratte dai diari del Grand Tour che facevano loro da fondale.  Con questa impostazione, la mostra di Monreale può costituire anche un format scientifico replicabile su altre realtà siciliane, Palermo e Catania tra tutte, considerata la mole di citazioni sulle opere di Arte Decorativa presenti in questi centri 76, ma anche su centri della Penisola che presentino la stessa felice coincidenza di opere, testi e immagini.

  1. S. Intorre, Le Arti Decorative della Sicilia occidentale nei diari dei viaggiatori inglesi tra XVIII e XIX secolo, in “Annali di Critica d’Arte”, XIII, 2017, pp. 209-227; Idem, Beauty and Splendour – Le Arti Decorative siciliane nei diari dei viaggiatori inglesi tra XVIII e XIX secolo, Palermo 2018; Idem, La grandeur & la beauté – Le Arti Decorative siciliane nei diari dei viaggiatori francesi tra XVII e XIX secolo, Palermo 2021.[]
  2. Non a caso all’Arcivescovo Testa, in occasione del duecentocinquantesimo anniversario della morte, dal mese di maggio 2023 è stata dedicata la mostra “Francesco Testa 1704 – 1773. Pastore e Signore Benemerito” presso il Museo Diocesano di Monreale, curata da Nicola Gaglio, Giuseppe Ruggirello e Giovanni Vitale e con il coordinamento generale di Maria Concetta Di Natale, Sergio Intorre, Anna Manno e Lisa Sciortino.[]
  3. Tra la ricchissima bibliografia sul Grand Tour si segnalano G. Podestà, I viaggiatori stranieri e l’Italia, Milano 1963; L. Di Mauro, L’Italia e le guide turistiche dall’Unità ad oggi (Dal Grand Tour al Baedeker), in Storia d’Italia, V, Il paesaggio, Torino 1982, pp. 369-91; Viaggiatori del Grand Tour in Italia, a cura di G. E. Viola, Milano 1987; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri in Sicilia nel XVIII secolo, Palermo 1988; D. Astengo, In carrozza verso l’Italia: appunti su viaggi e viaggiatori fra ’700 e ’800, Savona 1992; C. De Seta, L’Italia del Grand Tour: da Montaigne a Goethe, Napoli 1992; A. Brilli, Quando viaggiare era un’arte: il romanzo del Grand Tour, Bologna 1995; J. Ingamells, A dictionary of British and Irish Travellers in Italy, 1701-1800, New Haven – London, 1997; M. Cometa, Il romanzo dell’architettura. La Sicilia e il Grand tour nell’età di Goethe, Bari 1999; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio in Sicilia – Viaggiatori stranieri nell’Isola dagli Arabi ai nostri giorni, 4 voll., Palermo 2008; La Campania e il Grand Tour. Immagini, luoghi e racconti di viaggio tra Settecento e Ottocento, a cura di R. Cioffi, S. Martelli, I. Cecere, G. Brevetti, Roma 2015; A. Brilli, Quando viaggiare era un’arte – Il romanzo del Grand Tour, Bologna 2017.[]
  4. A tal proposito, v. L. Norci Cagiano, Sicilia graeca triumphans? Francesi in Sicilia tra Settecento e Ottocento, in “Quaderno del Dipartimento di Letterature Comparate”, I, Roma 2005, pp. 137-147; R. Cioffi, La ragione dell’arte. Teoria e critica in Johann Joachim Winckelmann e Anton Raphael Mengs, Napoli 1981, p. 149.[]
  5. J.H. von Riedesel, Reise durch Sizilien und Großgriechenland, Zurigo 1771.[]
  6. P. Brydone, A tour through Sicily and Malta. In a series of letters to William Beckford, Esq. of Somerly in Suffolk; from P. Brydone, F.R.S., London 1773.[]
  7. A tal proposito v. H. Tuzet, Viaggiatori stranieri in Sicilia nel XVIII secolo, II ed., Palermo 1988, p. 15.[]
  8. S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, p. 282.[]
  9. Nompar de Caumont, Voyage d’oultremer in Jhérusalem par le seigneur de Caumont l’an MCCCCXVIII Publié pour la premiere fois d’après le manuscript du Musée britannique par le Marquis De La Grange, Paris 1858, pp. 96 sgg.[]
  10. Ibidem.[]
  11. Nompar de Caumont, Voyage d’oultremer…, 1858.[]
  12. Archives de Paris (V3E/M 765).[]
  13. A tal proposito v. S. Intorre, La grandeur & la beauté…, 2021, p. 25.[]
  14. Il brano di Nompar de Caumont su Monreale è stato tradotto e pubblicato nel 1987 da Henri Bresc su “La Fardelliana”. Anche le note al testo sono quelle presenti nell’edizione citata: Nompar de Caumont, Voyage d’oultremer…, Paris 1858, pp. 111-116 (trad. H. Bresc, Una stagione in Sicilia: Nompar de Caumont a Isnello (1420), in “La Fardelliana”, A. VI, 1-2, Gennaio – Agosto 1987, pp. 14-16).[]
  15. Nompar de Caumont, Voyage d’oultremer…, 1858, p. 111.[]
  16. Tetto e colonne sono scomparsi nell’incendio del 1811.[]
  17. M. Del Giudice, Descrizione del Real Tempio, e Monasterio di Santa Maria Nuova di Morreale, Palermo 1702, p. 83.[]
  18. M.C. Di Natale, Criteri di Museologia per il Museo Diocesano di Monreale, in “OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 12 – Dicembre 2015, p. 13.[]
  19. G.L. Lello, Historia della Chiesa di Monreale, Roma 1596, pp. 30-31.[]
  20. V. Tusa, I sarcofagi romani in Sicilia, Roma 1995, p. 44.[]
  21. A tal proposito v. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte – La committenza degli Arcivescovi, Palermo 2011.[]
  22. E. Dodero, 84. Sarcofago strigilato con leoni, in I marmi Torlonia. Collezionare capolavori, catalogo della mostra a cura di S. Settis, C. Gasparri, Milano 2020, pp. 284-285.[]
  23. H. Bresc, Una stagione in Sicilia…, 1987, p. 15.[]
  24. L. Sciortino, Il Museo Diocesano di Monreale, Monreale 2016, p. 27.[]
  25. G. Travagliato, Trecento gotico doloroso e cortese in Sicilia: le opere in mostra, in Chiaromonte – Lusso, politica, guerra e devozione nella Sicilia del Trecento – Un restauro verso il futuro, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, M.R. Nobile, G. Travagliato, Palermo 2020, pp. 265-267.[]
  26. M.C. Di Natale, Dallo scriptorium al tesoro in S. Maria la Nuova, in L’anno di Guglielmo, 1189-1989 – Monreale: percorsi tra arte e cultura, Palermo 1989, p. 198; C. Guastella, Scheda n. 18, in Federico e la Sicilia dalla terra alla corona – Arti figurative e arti suntuarie, catalogo della Mostra a cura di M. Andaloro, Palermo 1989, p. 98.[]
  27. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte – La committenza degli Arcivescovi, Palermo 2011, pp. 28-29.[]
  28. Sul percorso espositivo del Museo v. M.C. Di Natale, Criteri di Museologia per il Museo Diocesano di Monreale, in “OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, a. VI, n. 12 – Dicembre 2015, pp. 13-26.[]
  29. N. Bénard, Le voyage de Hierusalem et autres lieux de la Terre ste, faict par le Sr Bénard parisien Chevalier de l’ordre du S. Sepulchre de N.re Seigneur Iesus Christ; ensemble son Retour par l’Italie, Suisse, Allemagne, Holande et Flandre, en la tres fleurissante et peuplée ville de Paris, Paris 1621.[]
  30. S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, p. 140.[]
  31. Sull’autore v. L. Von Schudt, Italienreisen im 17. und 18…, 1959, pp. 56-57; F. Olschki, Nicolas Bénard, in Gabinetto scientifico letterario G.P. Viesseux, Viaggi in Europa. Secoli XVI-XIX. Catalogo del Fondo Fiammetta Olschki, Firenze 1990, pp. 25-26; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, pp. 140-141.[]
  32. N. Bénard, Le voyage de Hierusalem…, 1621, pp. I-II.[]
  33. N. Bénard, Le voyage de Hierusalem…, 1621, p. 356.[]
  34. M.C. Di Natale, Criteri di Museologia…, 2015.[]
  35. N. Bénard, Le voyage de Hierusalem…, 1621, p. 357.[]
  36. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, pp. 66-68.[]
  37. Archivio Storico di Palermo, Inventarium et repertorium bonorum et jocalium inventorum in cappella Ill.mi et Rev.mi in Xr.o […] d. Ludovici de Torres, Dei et Apostolicae Sedis gratia S.te Montis Regalis Ecc. e Archiepiscopi Abbatis eiusdem […] et status Domini ac regij consiliarij consignatorum de manu eiusdem Ill.mi et Rev.mi D.ni Archiep. ad p. spe.m, et admodum Rev.dom Don Jacobum Gottum S.I.D. visitatorem Generalem, Rev.dis D. Francisco Sala et Don Ludovico Romeo capellanis eiusdem Cappellae presentibus et recipientibus qua sunt infra, 5 settembre 1599; v. anche V. Abbate, “Torres adest”: i segni di un Arcivescovo tra Roma e Monreale, in “Storia dell’Arte”, 116/117 (Nuova Serie 16/17), Roma 2007, p. 41, che trascrive il documento.[]
  38. Sul Voyage Pittoresque v. C. De Seta, L’Italia nello specchio del Grand Tour, in Storia d’Italia – Annali, 5 – Il paesaggio, Torino 1982, pp. 238-244; E. Kanceff, Il compasso e il pennello – Immagini della Sicilia tra Illuminismo e Romanticismo, in La Sicilia dei grandi viaggiatori, a cura di E. Kanceff – R. Rampone, Roma 1988, pp. 81-119; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri…, 1988, pp. 75-76: G.C. Sciolla, Il “viaggio pittorico” in Sicilia dal Medioevo alla fine dell’Ottocento: prospettiva per una ricerca, in Viaggiatori stranieri in Sicilia nell’età moderna, Atti del Seminario di Studi (Siracusa – Palazzo del Senato, 7-9 aprile 1988) a cura di E. Kanceff – R. Rampone, Ginevra-Siracusa 1992, pp. 445-446; L. Mascoli Vallet, Racconto e immagine: Saint-Non e Houël. La fortuna dei “Voyages pittoresques”, in Viaggiatori stranieri…, 1992, pp. 451-464; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, III, 2008, passim; J. Pinto, Speaking Ruins: Piranesi and Desprez at Pompeii, in “Studies in the History of Art”, LXXIX, Symposium Papers LVI: Rediscovering the Ancient World on the Bay of Naples, 1710-1890, 2013, pp. 229-244.[]
  39. A-L. Millin de Grandmaison, Dictionnaire de Beaux-Arts, III, Paris 1806, pp. 822-823.[]
  40. Su Houël e il suo Voyage Pittoresque v. M. Vloberg, Jean Houël, peintre et graveur,1735-1813, Paris 1930; A. Scaturro, Un turista francese della fine del ‘700 a Sciacca, in “Kronion”, a. II, n. 1, Sciacca 1950; R. Herval, Un artiste normande trop oublié: Jean Houël, peintre et graveur (1735-1813), in “Revue des Societés Savantes de Haute Normandie – Histoire de l’Art”, n. 8, 1957; Viaggio pittoresco nella Sicilia di Jean Houël, a cura di V. Tusa, Palermo 1974; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri…, 1988, pp. 86-98; La Sicilia di Jean Houël all’Ermitage, catalogo della mostra a cura di I. Grigorieva – T. Ilatovskaia – A.K. Gukowskaia – M. Korchounova – N. Petrusevic – V. Chevtchenko, Palermo 1989; Houël: Voyage en Sicile, catalogo della mostra a cura di M. Pinault, Paris 1990; S. Russo, “Il viaggiatore curioso”. Lettere di Denon e Houël a Landolina, Siracusa 1995; M. Cometa, Il romanzo dell’architettura – La Sicilia e il Grand Tour nell’età di Goethe, Bari 1999, pp. 69-73; Jean Houël e la Sicilia. Gli Iblei nel voyage pittoresque, 1776-1779, a cura di F. Gringeri Pantano, Palermo 1999; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, II, 2008, pp. 85-94.[]
  41. J-P-L-L. Houël, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari: où l’on traite des antiquités qui s’y trouvent encore, des principaux phénomènes que la nature y offre, du costume des habitans, et de quelques usages, I, Paris 1782-1787, pp. 58-59, 61.[]
  42. Su Borch v. G. Boucher de la Richarderie, Bibliothèque universelle des voyages, ou Notice complète et raisonnée de tous les voyages anciens et modernes dans les différentes parties du monde, III, Paris 1808, pp. 69-70; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri…, 1988, pp. 57-61; P. Villasevaglios, Palermo felicissima. Scritti sulla vita palermitana tra XII e XX secolo, Palermo 1992, pp. 237-241; M. Zgórniak, Il conte Borch dalle 19 Accademie e le sue “Lettres sur la Sicile” (1782), in “Archivio storico siciliano”, s. IV, XX, 1994, pp. 183-196; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, pp. 197-201.[]
  43. M-J. Borch, Litographie sicilienne ou Catalogue raisonné de toutes les pierres de la Sicile propres à embellir le cabinet d’un amateur, Napoli 1777; Idem, Lithologie sicilienne ou Connossaince de la nature des pierres de la Sicile, suivie d’un discours sur le calcare de Palerme, Roma 1778; Idem, Mineralogie sicilienne docimastique et metallurgique ou Connoissance de tous les mineraux que produit la Sicile, avec les détails des mines et des carrières et l’histoire des travaux anciens et actuels de ce Pays, suivie de la minerhydrologie sicilienne ou la description de toutes les eaux minerales de la Sicile, Torino 1780.[]
  44. M. Zgórniak, Il conte Borch dalle 19 Accademie…, 1994, passim.[]
  45. Il Grande Viaggio…, I, 2008, pp. 197-201.[]
  46. M-J. Borch, Lettres sur la Sicile et sur l’île de Malthe, de Monsieur le Comte de Borch de plusieurs academies à M. le C. de N., écrites en 1777 pour servir de supplément au “Voyage en Sicile et à Malthe” de M. Brydonne, II, Torino 1782, p. 100.[]
  47. Su Henry Swinburne v. J. Ingamells, A dictionary of British…, 1997, pp. 916-919; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, III, 2008, pp. 243-249, che riporta la precedente bibliografia.[]
  48. H. Swinburne, Travels in the Two Sicilies, II, London 1785, p. 219.[]
  49. Sulla figura di Francesco Testa e sulla sua committenza artistica v. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, pp. 127-147; A. Crisantino, Magnificenza e decoro: l’Arcivescovo di Monreale Francesco Testa, l’architettura e le arti (1754-1773), «Mediterranea ricerche storiche», collana Studi e ricerche, Palermo 2012.[]
  50. Su Marabitti v. D. Malignaggi, Ignazio Marabitti, in “Storia dell’Arte”, n. 17, gennaio-marzo 1973, pp. 5-61; T. Fittipaldi, Sculture inedite di Ignazio Marabitti, in “Napoli nobilissima”, XV (1976) 2-3, pp. 65-105; L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, III, Palermo 1994, pp. 205-208.[]
  51. D. Malignaggi, Ignazio Marabitti…, 1973, pp. 19, 37; G. Costantino, Le fontane del pescatore e del drago di Ignazio Marabitti lungo lo stradone di Monreale, Palermo 1984.[]
  52. D. Malignaggi, Ignazio Marabitti…, 1973, p. 55.[]
  53. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, p. 128; v. anche G. Agnello, Il prospetto della cattedrale di Siracusa e l’opera dello scultore palermitano Ignazio Marabitti, in “Archivi d’Italia e Rass. internazionale degli archivi”, III (1937), 1-2, pp. 12 sgg.[]
  54. M. Guttilla, Le vie dei dragoni: fontane a Palermo da Mariano Smiriglio a Ignazio Marabitti, Palermo 1984.[]
  55. Su Valadier v. L’oro dei Valadier. Un genio nella Roma del Settecento, catalogo della mostra a cura di A. Gonzáles-Palacios, Roma 1987; T.L.M. Vale, The art of the Valadiers, Torino 2018; A. Gonzáles Palacios, Luigi Valadier, Lewes 2018; Idem, I Valadier, Roma 2019; Valadier – Splendore nella Roma del Settecento, catalogo della mostra a cura di G. Leardi, Roma 2019.[]
  56. Sull’opera v. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, pp. 138-141.[]
  57. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, p. 141.[]
  58. J-C-R. de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile, 5 voll., Paris 1781-1786. Sul Voyage Pittoresque di Saint-Non v. R. Causa – C. De Seta – F. Mancini – G. Vallet, Sul Voyage pittoresque dell’Abate di Saint-Non, Napoli 1981; G. Luciani, Le voyage pittoresque à Naples et en Sicile (1781-86) de l’Abbé de Saint-Non, in “Bulletin de la Section Isère de l’Association des Membres de l’Ordre des Palmes Académiques”, n. 5, Paris 1984, pp. 1-18; A. Griffiths, The Contract between Laborde and Saint-Non for the “Voyage Pittoresque de Naples et de Sicile”, in “Print Quarterly”, V, n. 4, Dicembre 1988, pp. 408-414; P. Lamers, Il viaggio nel Sud dell’Abbé de Saint-Non. Il «Voyage pittoresque à Naples et en Sicile»: la genesi, i disegni preparatori, le incisioni, Napoli 1995; Voyage pittoresque. I. Esplorazioni nell’Italia del Sud sulle tracce della spedizione Saint-Non, a cura di Tommaso Manfredi, Supplemento di ArcHistoR 10/2018, Reggio Calabria 2018.[]
  59. J-C-R. de Saint-Non, Voyage pittoresque…, IV, 1781-1786, p. 153.[]
  60. Su Denon v. G. Chevallier, Les débuts de Vivant Denon, in “Mémoires de la Société d’Histoire et d’Archéologie de Châlon- sur- Marne”, XXXVII, 1962-63, pp. 59-83; G. Vallet, Vivant Denon ou les leçons familierès sur les antiquités siciliennes, in A. Mozzillo – G. Vallet, Settecento siciliano, ed. it. del Voyage en Sicile di Denon, Palermo-Napoli 1979; C. De Seta, La tradizione del Grand Tour ed il Voyage pittoresque, in R. Causa – C. De Seta – F. Mancini – G. Vallet, Sul Voyage pittoresque…, 1981; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri…, 1988, pp. 76-79; G.C. Sciolla, Il “viaggio pittorico” in Sicilia…, 1992, pp. 445-446; P. Lelièvre, Vivant Denon, Paris 1993; G. Bresc-Bautier, Dominique Vivant Denon, premiere directeur du Louvre, in Dominique-Vivant Denon – L’oeil de Napoléon, catalogo della mostra a cura di P. Rosenberg – M-A Dupuy, Paris 1999, pp. 132-169; S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, pp. 378-382, C. Galassi, “Un cours historique de l’art de la peinture”: le requisizioni durante l’Impero e la missione di Dominique-Vivant Denon in Italia, in Umbria napoleonica – Storia, arte e cultura nel dipartimento del Trasimeno (1809-1814), Perugia 2012, pp. 57-104.[]
  61. G. Bresc-Bautier – G. Fonkenell, Histoire du Louvre…, 2016.[]
  62. H. Tuzet, Viaggiatori stranieri…, 1988, passim.[]
  63. H. Swinburne, Travels in the two Sicilies…, 1783-1785, p. 221.[]
  64. J. Galt, Voyages and travels, in the years 1809, 1810, and 1811; containing statistical, commercial, and miscellaneous observations on Gibraltar, Sardinia, Sicily, Malta, Serigo, and Turkey, London 1812, p. 57.[]
  65. W.H. Smyth, Memoir descriptive of Sicily and its islands, interspersed with antiquarian and other notices, London 1824, p. 90.[]
  66. V. Pensato, Vite degli Arcivescovi da Mons. Giovanni Roano a Mons. Benedetto Balsamo, ms. 1896, Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Governo Ordinario, Sez. I, Sr. I, b. 1, fasc. 15, ad vocem.[]
  67. L. Sciortino, Monreale: il Sacro e l’Arte…, 2011, p. 148.[]
  68. Ibidem.[]
  69. L.N.P.A. de Forbin, Souvenirs de la Sicile, Paris 1823, p. 49.[]
  70. J. Giraudeau de Saint-Gervais, L’Italie, la Sicile, Malte, la Grèce, l’Archipel, les îles Ioniennes et la Turquie: souvenirs de voyage historiques et anecdotiques, Paris 1835, p. 160.[]
  71. J. Boucher de Crèvecœur de Perthes, Voyage a Costantinople par l’Italie, la Sicile et la Grèce, I, Paris 1855, p. 521. Sull’autore v. S. Di Matteo, Il Grande Viaggio…, I, 2008, pp. 204-205.[]
  72. L. Sciortino, La cappella Roano nel Duomo di Monreale: un percorso di Arte e Fede, Palermo 2006, p. 36.[]
  73. S. Intorre, Beauty and Splendour…, 2018, p. 53, che riporta la bibliografia precedente.[]
  74. L. Sciortino, La cappella Roano…, 2006, passim.[]
  75. Sull’armadio v. L. Sciortino, La cappella Roano…, 2006, pp. 76 sgg. V. anche G. Millunzi, La Cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale. Contributo alla Storia dell’Arte Siciliana nel Seicento, Palermo 1907, p. 461.[]
  76. S. Intorre, Le Arti Decorative…, 2017, pp. 209-227; Idem, Beauty and Splendour…, 2018; Idem, La grandeur & la beauté…, 2021.[]