Elvira D’Amico

Un dono regale per Santa Rosalia – Il parato borbonico della Cattedrale di Palermo

elviradamico3@gmail.com
DOI: 10.7431/RIV31062025

Nell’ambito delle numerose manifestazioni indette a Palermo nel 2024 per i 400 anni dal rinvenimento delle spoglie di Santa Rosalia e dalla prima processione dell’arca d’argento della Santa, la mostra Rosalia Protectora et Patrona, allestita nei locali del Tesoro della Cattedrale palermitana a cura di M.C. Di Natale, S. Intorre, P.Palazzotto, F. Sarullo, G. Travagliato e M. Vitella, è stata incentrata sulle arti decorative, presentando una ragguardevole serie di suppellettili in argento, avorio, corallo, seta ed altri materiali pregiati, tutte di qualità elevatissima. Tra queste spicca una pianeta con borsa e manipolo (Fig. 1), impeccabilmente ricamata in seta policroma, recante il monogramma FB ricamato in oro, sormontato da corona reale su un fondo in argento disseminato da gigli borbonici (Fig. 2). Essa, parte di un più vasto completo che viene ancora adoperato nelle funzioni solenni, si configura –come specificato nel cartellino esplicativo – come un dono di re Ferdinando II di Borbone e della consorte Maria Cristina di Savoia alla Santa Patrona di Palermo, venendosi dunque ad annoverare tra gli altri doni che i Borbone secondo la tradizione fecero nei secoli alla Santuzza palermitana. Tra questi spicca la gioia in oro e diamanti donata da Carlo III di Borbone in occasione della sua elezione a Re di Sicilia (1735) (Fig. 3), poi incastonata in un preesistente reliquario in argento cesellato e sbalzato con applicazione di rose a fusione 1, esposto nella stessa vetrina del Tesoro della cattedrale. Esso si apparenta all’altro importante dono fatto dallo stesso sovrano alla Santuzza: la veste in lamina d’oro e pietre preziose che riveste la statua seicentesca del Tedeschi che fa bella mostra di sé entro una teca nel santuario di Monte Pellegrino, tutta decorata a rose a sbalzo e cesello 2 (Fig. 4). La manifattura della veste, che durò dal 1740 al 1748, opera dell’argentiere palermitano Nunzio Ruvolo 3, fece talmente scalpore da esserne rimasta traccia persino nelle carte del Tribunale Real Patrimonio di Palermo, come testimonia l’inedito documento del 23 novembre 1747 in cui la Deputazione di Santa Rosalia di Monte Pellegrino effettua un pagamento per “l’indoramento della veste in ferro e oro si sta facendo per coprire il simulacro4.

Le cronache del tempo ci riportano la devozione di Ferdinando II e Maria Cristina a S.Rosalia e i loro pellegrinaggi al Santuario di monte Pellegrino e a quello della Quisquina, effettuati durante la loro visita nel capoluogo siciliano, durante i quali è probabile che donassero pure il parato completo alla Cattedrale. Secondo la cronaca riportata da Harold Acton (1964) in particolare, il 18 giugno del 1835 i Reali partirono da Napoli col bastimento a vapore “Francesco I” ed arrivarono a Palermo il giorno seguente. La prima visita da essi effettuata quasi a sorpresa fu alla Cattedrale palermitana, mentre le strade si andavano riempiendo di fiori e le finestre esponevano drappi di damasco; quindi si spostarono a Palazzo reale ove la folla festante e plaudente alla vista dei reali affacciati al balcone fece commuovere la regina. Quindi la coppia reale si divise e la sovrana, dopo un giro a vari collegi, conservatori e monasteri, volle salire al Santuario di monte Pellegrino per rendere omaggio alla Santa che lì aveva vissuto 18 anni in meditazione. Sul calar della notte poi la regina e le sue dame trovarono il sentiero che scende lungo il fianco del monte rischiarato dalle torce di centinaia di contadini e poco dopo la gente di città si uni al regale corteo con centinaia di lanterne 5.

Ma tornando alla pianeta palermitana (Figg. 56), non vi è dubbio che essa denoti i tratti caratteristici della manifattura reale di San Leucio, fondata nel 1789 da Ferdinando III di Borbone, che Maria Cristina volle incentivare al pari delle sovrane che l’avevano preceduta 6, nei ricami su taffetas bianco a rose e boccioli a punto raso-pittoresco in toni sfumati dal rosso al rosa, eseguiti in fili serici policromi, racchiusi entro volute concatenate e nella colonna centrale con motivi ogivali contenenti rose sovrastate da gigli da cui pendono grappoli d’uva con pampini nei toni dal lilla al vinaccia, mentre all’intorno si snodano esili spighe di grano in oro, ma anche nell’elaborato gallone divisorio ricamato in oro e paillettes, tipico di tali manifatture casertane. In particolare, essa si apparenta alla pianeta donata dalla Reginella santa alla chiesa di San Ferdinando Re, annessa al complesso di San Leucio, ex cappella privata di re Ferdinando III di Borbone.

Nell’opera di S.Leucio, cui è abbinato un velo omerale e un copricalice (Fig. 7), ma anche in altri manufatti elargiti dalla regina ad altre chiese dello stesso complesso,come il paliotto della chiesa della Vaccheria, tutti in taffetas di seta, simili sono i motivi di rose rosse dai toni sfumati contenute entro girali vegetali, la colonna centrale con cornici ogivali che racchiudono grappoli d’uva e coppie di rose con spighe esterne alle cornici, e pressoché identico è il gallone ricamato in oro 7. Non è dubbio che i grappoli d’uva siano simboli eucaristici per eccellenza, ma anche attributo della Vergine (vedi l’iconografia della Madonna dell’uva), al pari delle rose, direttamente riferibili pure all’iconografia di S.Rosalia, il cui nome è composto appunto dai nomi dei due fiori che la rappresentano, rosa-lilium. Tali simboli si ripresentano nella pianeta palermitana strettamente connessi in un modulo figurativo che comprende appunto una rosa da cui pende un grappolo d’uva, sovrastati da un giglio dorato (Fig. 8). Sembra quindi che Maria Cristina, cui si devono verisimilmente le scelte relative ai paramenti sacri fatti eseguire nelle seterie reali per i suoi doni alle chiese del Regno e ricamatrice essa stessa, facesse riutilizzare la medesima iconografia eucaristica e mariana presente nel repertorio delle ricamatrici di San Leucio, con la sola addizione dei gigli in oro, attributo specifico di Rosalia di Palermo, per l’esclusivo dono alla Santuzza palermitana.

Il parato della Cattedrale di Palermo peraltro si viene ad annoverare tra gli altri doni in tessuto e a ricamo elargiti dalla Beata Maria Cristina ad alcuni simulacri conservati in chiese del capoluogo siciliano a cui era particolarmente devota, quale la veste della Madonna Assunta della chiesa di S.Maria della Pace ai cappuccini(Fig. 9), eseguita in rete dorata al tombolo e il manto della statua lignea della Madonna della Soledad, nella cappella omonima, rubato alla metà del secolo XIX e sostituito da un altro in velluto nero donato come risarcimento da Margherita di Savoia alla fine dello stesso secolo 8.

  1. M.C. Di Natale, M. Vitella, Il tesoro della Cattedrale di Palermo, Palermo 2010, Collana “Musei” diretta da M.C. Di Natale, pp. 84-85.[]
  2. M.C. Di Natale, Santa Rosalia nelle arti decorative, Palermo 1991, p.29, n.26; G. Cardella, La scoperta di un inventario manoscritto del 1812 del Tesoro di santa Rosalia del Sacro Monte. Appunti su ori editi e inediti del Tesoro, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al Barocco, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Milano 2001, pp. 730-741.[]
  3. M.C. Di Natale, Oro, argento e corallo tra committenza ecclesiastica e devozione laica, in Splendori di Sicilia…. 2001, pp. 22-69, p.36[]
  4. Archivio di Stato di Palermo, Tribunale Real Patrimonio, Lettere viceregie e dispacci patrimoniali, vol. 2938, f. 91[]
  5. H. Acton, Gli ultimi Borbone di Napoli (1825-61), Milano 1964, p. 108.[]
  6. R. De Lorenzo, Maria Cristina di Savoia regina delle Due Sicilie, in “Dizionario biografico degli italiani” on-line, vol. 70, 2008[]
  7. Parati sacri- Pianeta in taffetas bianco, Ricamatori napoletani sec. XIX, 1830, sanleucioonline 2000[]
  8. E. D’Amico, Devoti e preziosi. I doni delle regine di Casa Borbone e Savoia alle chiese di Palermo, in “Scritti di donne”, 2° Quaderno di Aboutartonline.com, a cura di S. Macioce, 2022[]